Mattarella fermi il disonore e dia all’Italia un Governo di credibilità

sabato 21 novembre 2020


“Quando moriremo non saremo giudicati per essere stati credenti, ma credibili”. Io vorrei che lo Stato e il Capo dello Stato in queste ore assumessero l’epitaffio del giudice Rosario Livatino come profilo legalitario e sotto questa egida garantissero, in piena emergenza economico-sanitaria, la credibilità delle istituzioni e del Governo. Questo attendiamo e vogliamo, non un generico “andate d’accordo” svuotato di possibilità, che se va bene porta a inciuci e alla compravendita di deputati. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, deve garantire che il Governo alla guida del Paese sia in grado di gestire l’emergenza e assicurare la costituzionalità e la giustizia. Perché andare d’accordo e unirsi a chi sbaglia rende complici e ingigantisce il male. E sono certa che questo Mattarella non lo consentirà, per i suoi legami e la sua storia. Io credo che lo sfregio fatto alla memoria del giudice Rosario Livatino per un uomo come lui sia insostenibile. Uno, Livatino, il magistrato “giudice ragazzino”, freddato dalle cosche impietosamente quel settembre 1990; l’altro, Mattarella, fratello di Piersanti, assassinato da Cosa Nostra nel gennaio 1980 nell’esercizio di presidente della Regione Sicilia. Come può un uomo, un fratello, un Capo dello Stato, del Consiglio superiore della magistratura e delle forze armate, accettare che la famiglia di uno degli esecutori di Livatino, condannato a sette ergastoli, percepisca contro la legge il reddito di cittadinanza. E come può farlo senza agire di conseguenza con immediati provvedimenti quando Giovanni Paolo II elevò il sacrificio del magistrato a “martire della giustizia”. Stato, Chiesa, Giustizia. La notizia non è un’indiscrezione, o fango, o fake news. È la procura di Agrigento che ha intercettato otto casi (tra cui la famiglia dei killer di Livatino) di condannati per associazione di tipo mafioso, omicidio, traffico di sostanze stupefacenti che percepivano direttamente, e indirettamente, il sostegno fiore all’occhiello del Movimento 5 Stelle adottato come misura contro la povertà. Ciò è accaduto benché la legge stabilisca che “il reddito non è percepibile da soggetti con misure cautelari personali e condanne per reati gravi”.

Facciamo finta di nulla e incoraggiamo le forze politiche a collaborare, mentre si infanga la memoria di un magistrato caduto e onorato come un santo, col sigillo di Mattarella? Non mi pare possibile. Pertanto, attendo, a ore contate, che Capo dello Stato con pacatezza e rigore prenda atto, sciolga le Camere e nomini un esecutivo di garanzia del presidente. Lo impone la dignità, la giustizia e la Costituzione. Fermare questo Governo di Giuseppe Conte così in pericolo è diventato un dovere istituzionale e non lo deve fare una caciara di partiti, una rivolta cittadina, un colpo ferale alla credibilità politica, perché Conte non stringe a sé una maggioranza di leader responsabili in una fase acuta emergenziale, ma guida un esecutivo attentato continuamente da frange estremiste, liberticide, post terroriste rosse e nere, colluse con la mafia e la malavita, con gruppi settari e fondamentalisti esteri pericolosissimi, come abbiamo visto. Quale sicurezza, quale legalità? E, ora, quale onore? Mattarella ha parecchie prove, le ultime gliele ha fornite la procura di Agrigento. Tuttavia, non vogliamo neppure che si scambi la credibilità con il giustizialismo, perché se si voleva assegnare un sostegno alle famiglie mafiose, con i capitali e conti correnti sequestrati, coi famigliari al 41 bis e i figli da garantire allo Stato per stroncare le connessioni malavitose, bisognava formulare un reddito esplicito, gestito dai magistrati di sorveglianza o da organi deputati e non dalla premiata ditta che già fu “Mafia Capitale”. Così come di fronte alla massiccia invasione di stranieri senza abilità e senza requisiti, “il reddito di cittadinanza” può anche essere la soluzione per fermare violenza, furti e malavita. Certamente meglio “il reddito” diretto per affitti e bollette che le ruberie dei fondi dell’Unione europea. Ma occorreva responsabilizzare Comuni, polizia, guardie giurate, per la compilazione delle richieste. In tal modo il reddito non sarebbe andato a famiglie come quelle degli aguzzini di Willy Monteiro Duarte, tutti griffati e super accessoriati per andare la notte a pestare, che i Caf e i Centri dell’impiego conoscevano bene. Come conoscono quegli stranieri che prendono il reddito e lavorano in nero, insomma quella voragine di “fratelli tutti dello sperpero” che si è formata tra cooperative, Caf e Centri per l’Impiego.

Ci sono tremila navigator assunti per più di 2mila euro lordi al mese, con 300 euro di rimborsi, che dovevano selezionare, assicurare e accompagnare all’avviamento, i quali a fronte di 2 milioni e 370mila aventi diritto alla fine del 2019 hanno trovato lavoro a meno del 1,7 per cento. Perché chi trova lavoro perde il reddito e dopo qualche giorno, al massimo qualche mese, perde anche il lavoro, per cui è matto chi mette a rischio il beneficio del parassitismo. Il presidente Mattarella fa bene a invocare l’unità in stato di emergenza, ma per essere “credibile” sciolga le Camere, assicuri un Governo di garanzia morale, economica e sanitaria e ponga fine a questo degrado che infanga storia, valori e santi.


di Donatella Papi