Celebrazioni della nascita del Partito comunista italiano, un’occasione per ricordare una tragedia del XX secolo

Turati spiegò l’incompatibilità tra comunismo e socialismo

Per il centesimo anniversario dalla fondazione del Partito comunista italiano, avvenuta il 21 gennaio 1921, la legge di bilancio votata nel 2019 ha assegnato 200mila euro per gli anni 2020 e 2021. Anche un evento storico che ha contribuito a segnare tragicamente il XX secolo merita attenzione, ma queste risorse saranno ben spese se serviranno a ricordare i crimini e la perversione di un movimento internazionale che ha disseminato terrore e povertà.

Il 15 gennaio 1921, nel Teatro Goldoni di Livorno, si apriva, il XVII congresso del Partito socialista italiano, che dopo una settimana di intenso ed aspro dibattito si sarebbe concluso con la fuoriuscita della corrente comunista, guidata da Antonio Gramsci, Amedeo Bordiga, Nicola Bombacci, Onorato Damen, Bruno Fortichiari, Ruggero Grieco, Angelo Tasca, Ignazio Silone, Umberto Terracini, mentre Palmiro Togliatti era tornato a Torino per predisporre l’uscita del giornale con la notizia della nascita del Partito comunista d’Italia.

Il 21 gennaio il gruppo largamente minoritario dei comunisti abbandonava il congresso socialista intonando l’Internazionale mentre i socialisti rispondevano con l’Inno dei lavoratori. Era la conclusione di una gestazione iniziata al congresso internazionale di Zimmerwald del 5-8 settembre 1915, dove Lenin gettò le premesse per la nascita dell’Internazionale comunista, consolidata nel 1917 con la rivoluzione russa e la nascita dell’Unione sovietica. L’esempio bolscevico ed il mito di Lenin penetrò nel mondo socialista che infatuò soprattutto l’élite operaia dei grandi centri industriali. Lo scontro con il socialismo democratico e riformista diveniva ogni giorno più duro e destinato ad una rottura irreparabile. Pochi giorni prima dall’avvio del congresso dei socialisti italiani era uscito La Russia com’è (Bemporad, Firenze, 1921) scritto da due esponenti del socialismo democratico Gregorio Nofri e Fernando Pezzani, che parteciparono alla missione socialista in Russia: è il primo lavoro critico sul socialismo sovietico documentato sul campo, in cui si evidenziano le distorsioni del potere comunista e le sofferenze del popolo russo.

Filippo Turati intervenne nel corso della quarta giornata con un discorso che poneva con chiarezza i tratti distintivi ed inconciliabili dei socialisti e dei comunisti: “Primo fra questi la violenza, che per noi non è e non può essere, programma. […] Altro punto è la dittatura del proletariato, che per noi se è dittatura di minoranza è dispotismo […] se è dittatura di maggioranza è un evidente non senso, una contraddizione in termini, perché la maggioranza è la sovranità legittima e non può essere dittatura. Terzo punto di dissenso è la coercizione del pensiero, la persecuzione, nell’interno del partito, dell’eresia, che fu l’origine ed è la vita stessa del partito”.

Filippo Turati aveva capito che con il comunismo si era aperta una pagina tragica nella storia del XX secolo e salutò con inconfessata soddisfazione l’uscita della frazione comunista dal partito socialista, destinato a procedere in senso opposto, verso una visione liberale della società.

Aggiornato il 15 gennaio 2021 alle ore 13:14