Chi guida la Repubblica italiana?

Matteo Renzi non è Giorgia Meloni, che ha urlato nell’aula di Montecitorio al premier Giuseppe Conte parole di fuoco: “Avvocato Conte, mi sono vergognata per lei, per il mercimonio inscenato in quest’aula”. Dopodiché la leader di Fratelli d’Italia ha concluso con una battuta feroce sulla flotta “Mastella Airlines”.

E Matteo Renzi non è neppure Matteo Salvini, che ha stigmatizzato al vetriolo figuracce penose, dicendosi pronto a governare o ad andare alle urne. Il segretario di Italia dei Viva è un ex piddino, però con un passato da “praticante politico” nella grande scuola democristiana, in particolare quella fanfaniana e di Giorgio La Pira, in cui le dimissioni si davano e si ridavano, per andare e tornare, per formare penta-governi o governi di larghe intese, di unità nazionale, come quello “storico” del 1978 quando Giulio Andreotti sull’onda del rapimento di Aldo Moro ottenne la fiducia del Pci e fu l’inizio del “compromesso”.

Immagino quanti a sinistra e a destra storceranno più che la bocca, perché quel quadro politico di tessiture democristiane, di dialoghi incrociati, di centrismi oltre gli opposti estremismi in pieno terrorismo ed eversione, sono modelli che per alcuni rimandano alla stagione del trasformismo. Soprattutto una destra ortodossa aborrisce qualunque contatto coi comunisti deprecando il cattocomunismo. Comprensibile. Tuttavia ricordo che l’intuizione del dialogo e confronto, in uomini integri come Amintore Fanfani e Aldo Moro, nacque nel pieno delle stragi e del più devastante muro contro muro. E la situazione attuale per certi versi rimanda agli sconvolgimenti del rapimento Moro, sebbene qui il nemico è invisibile, un virus, ma al centro di estremismi e radicalismi ancora più globali. In questo senso la crisi aperta da Matteo Renzi è cosa seria e grave. Le motivazioni elencate da Italia Viva sono questioni pesanti e, anzi, è oltre modo encomiabile che due ministre (Teresa Bellanova ed Elena Bonetti) e un sottosegretario (Ivan Scalfarotto) abbiano staccato la spina a un governo definito “antidemocratico”, “anticostituzionale”, incapace e allo sbando estremo. E in che frangente? Nella peggiore delle pandemie, nella peggiore delle crisi economiche, di fronte a una emergenza sanitaria planetaria e a una vaccinazione nazionale. Insomma, durante una catastrofe virale. Mi dispiace assai che i partiti di centrodestra e dell’arco parlamentare non abbiano sentito di sostenere le critiche di Renzi, chiusi come sono nei loro personalismi spesso vanagloriosi, perché di fronte a questioni tanto dirompenti occorre una unità di valori e di garanzie. Ma come si fa a chiedere a ex comunisti e ad ex destre nazionaliste di ragionare e nutrire sentimenti morali e umanitari?

In questo quadro parlare di responsabilità”, con lo scempio che se n’ è fatto nella caccia ai voti coi centristi Clemente Mastella e Bruno Tabacci, capisco che è anacronistico. Eppure mai come ora è di “responsabilità” che ha bisogno il Paese e di “costruttori” di sicurezza e di futuro, come ha richiamato il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Invece questa classe politica pare tutta concentrata sui propri interessi ed orticelli, “mai coi sinistri, mai coi destri”, sulle appartenenze, sui veti, sulle proprie sfide e poltrone. Il Governo Conte a forza di espellere contributi, prima Salvini e adesso Renzi, in una sorta di offese e ripicche umorali, procede in modo estremista nelle scelte fondamentali della struttura identitaria della nazione. Oltre al virus e ai fondi europei, preoccupano diktat morali assurdi, cioè via madri e padri, radicalizzazioni biologiche appoggiate su teorie - per me strampalate - del gender, del sessismo e di Lgbt. Follie ben lontane ai tempi dei democristiani, che combattevano le massonerie con la morale e il senso dello Stato. E oggi chi è il perno della legislatura? Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, la quale però in modo inquietante non controlla l’ordine pubblico col Paese sull’orlo del precipizio civile e con un’immigrazione e una illegalità da brividi.

Renzi ha il merito di aver fermato questa deriva proponendo “un patto di legislatura” aperto a tutti, compresa la delicatissima questione dei servizi segreti. Non si capisce perché Conte-Casalino e i pasdaran di Beppe Grillo non vogliano più dialogare neppure con Italia viva e gli altri sono a fare il vocione. Più vocione, più corruzione. Certo è che se sono attendibili i rumors, per cui chi tratta sono pezzi di servizi, lobby particolari e monsignori, non c’è da stare sereni. I vecchi fanfaniani e democristiani fecero di tutto per non consegnare il Paese ai poteri strani. Ci sono le vaccinazioni, un virus subdolo che miete vittime, un Paese vicino al lastrico economico, zeppo di immigrati, di italiani chiusi e rinchiusi e infuria una questione morale immane. Possiamo sapere chi guida la Repubblica?

Aggiornato il 19 gennaio 2021 alle ore 11:47