La balena gialla, la democristianizzazione del M5S

lunedì 1 marzo 2021


Il Movimento 5 Stelle come una nuova Balena Gialla? Rifare, cioè, la Democrazia Cristiana attraverso una mera sostituzione di… colori: da bianco a giallo, per l’appunto! Una sorta di pandemia politica, per cui determinate aree, in funzione dell’andamento dei contagi, cambiano colore nel tempo! Ma, da oggi in poi, che cosa accadrà a un movimento antisistema che, pur di normalizzarsi in versione governativa, abbandona la propria anima alle ortiche? Il problema che è proprio la leadership storica del Movimento a portare per intero la responsabilità di quanto è accaduto, avendo obbligato il più grande gruppo parlamentare dell’attuale legislatura a digerire ben tre governi non eletti dal Popolo, grazie all’avvallo maggioritario del gruppo di iscritti a Rousseau. Ovvero, quattro gatti se comparati a circa dieci milioni di consensi elettorali ricevuti nel 2018 e, successivamente, soltanto un anno dopo, crollati a metà di quella cifra originaria, in occasione delle elezioni europee del 2019. Perché, è logico chiedere a Barbapapà Beppe Grillo e all’erede di Gianroberto Casaleggio, se uno vale uno su Rousseau (ovvero, “un voto una testa”, fatto quest’ultimo riconosciuto universalmente e non solo sulla piattaforma!) non si è pensato e ragionato su di un meccanismo completamente diverso, invitando tutti i cittadini elettori del Movimento a scaricare una applicazione aperta di consultazione on-line, controllata ad esempio da alti magistrati in pensione (una sorta di Authority esterna super partes) per la verifica trasparente degli algoritmi di supporto e di voto, facendo scegliere i quesiti da specialisti di opinion poll ai fini della loro massima chiarezza e trasparenza?

Da oggi, con ogni probabilità, la navicella dei Cinque Stelle continuerà a perdere pezzi roventi nella fase di rientro a terra, sulla base di un implacabile principio di realtà, provocando rotture definitive e insanabili tra realisti governisti, da un lato, e puristi della prima ora, dall’altro, ben sapendo che molti degli uni e degli altri non ritroveranno più un posto in Parlamento alle prossime elezioni. Questo perché la loro evidente democristianizzazione, che passa per un nuovo compromesso storico con la sinistra ultra-governista di Partito Democratico e Liberi e Uguali, sguarnisce definitivamente il lato rivoluzionario dell’origine, soprattutto sotto il profilo dell’onestà mille volte rivendicata ma che tuttavia, nell’atto pratico, è risultata la più grande nemica della competenza. Solo che la Dc aveva un gene politico completamente atipico, grazie alla trovata geniale di un vero e proprio multipartitismo al suo interno, con una vera sinistra, un vero centro e una vera destra. Per di più, il suo potere reale consisteva nell’essere, come Balena Bianca anti-comunista, un grande attrattore di alleanze a tutto campo rispetto ai partiti minori (escluso il Movimento Sociale italiano), cosa che le garantiva sempre e comunque il protagonismo politico nella individuazione delle strategie di medio-lungo termine e l’assegnazione dei principali posti di governo, con particolare riferimento ai ministeri con portafoglio.

A nulla varrà per il gruppo dirigente del M5S l’essersi rifugiato nell’ecologismo a tutto campo della rivoluzione green e dell’economia ecosostenibile, che può fare un buon numero di adepti nei tempi dell’abbondanza, ma essere oggi totalmente rigettata a grandissima maggioranza da chi aveva votato per il Movimento tre anni fa, considerati i grandi sacrifici che attendono i cittadini italiani nelle durissime fasi di ricostruzione post-pandemica, quando risulterà chiaro a tutti che la ripresa economica passa per una forte crescita in recupero del Pil nazionale, e non per una sua… decrescita felice! Ci sarà bisogno, cioè, nell’immediato futuro di classi dirigenti altamente competenti per tutte le fasi operative di gestione ed esecuzione del Recovery plan italiano, beneficiario entro il 2026 delle risorse finanziarie europee messe a disposizione dal Next generation Eu.

Mancando nello statuto del M5S un meccanismo standard in cui viene chiaramente indicata la procedura per l’investitura dal basso di un responsabile politico, come il segretario del partito, ancora una volta il destino del Movimento sarà dettato e indirizzato dal suo Garante che, con ogni probabilità, sceglierà nella figura carismatica del centrista “democristianizzato” Giuseppe Conte il soggetto privilegiato che dovrà garantire l’amalgama elettorale, e non solo, con il Pd e la sinistra moderata. Il solo modo che resta al Movimento per creare un’alleanza vincente nella sfida del redivivo bipolarismo che, proprio i Cinque Stelle, nati come terza forza tra destra e sinistra rifiutandole entrambe, avranno in tutti i modi favorito con l’ultimo Conte-bis e la scelta del super europeista Mario Draghi, l’ex nemico numero 1 del Movimento assieme all’euro. Ora, se tutto questo più o meno ha un fondamento reale per capire il futuro prossimo che verrà, rimane sospeso l’interrogativo di chi si assumerà politicamente l’onere di farsi carico dell’opposizione alle misure economiche e ai processi di riforma istituzionale, che graveranno sulle ex fasce protette del lavoro pubblico e della rendita fiscale.

La strategia di Mario Draghi è chiarissima: manovrare in libertà con la sua centuria di fedelissimi e silenziosi tecnici, suoi compagni di viaggio da sempre, per la… “messa a terra” delle risorse del Recovery plan, dando spazio contestualmente, a totale copertura delle vere attività di governo, al teatrino innocuo della neo politica consociativa, alla quale si è volutamente lasciato tutto lo spazio mediatico disponibile per mettere in scena lo spettacolo indecente e deprimente delle più bieche logiche spartitorie, nel caso recente delle nomine di sottogoverno. Così come indicate dai partiti attuali, divisi su tutto fuorché nell’accomodarsi –comunque sia – alla tavola sempre imbandita degli incarichi pubblici. Anche se, per qualcuno, visto il numero di postulanti, si è trattato dei soliti “pochi, maledetti e subito”. Perché, in fondo, come dice il motto, “Franza o Spagna, purché se magna!”.


di Maurizio Guaitoli