Reinventare la politica per un’idea di futuro

Il mondo è dei… Gretini? Dunque, nucleare “pulito” di quarta generazione, quello no, malgrado emetta zero Co2. Invece, vanno bene eolico e solare, malgrado il sole e il vento siano elementi piuttosto capricciosi: un momento ci sono, ma il successivo no. I pannelli solari, in particolare, occupano parecchi ettari di suolo per singolo impianto (ex terreni agricoli assolati, in particolare!) e sono sia complicatissimi da smaltire, essendo fortemente inquinanti, sia tecnologicamente discutibili per il consumo di terre rare necessarie alla loro fabbricazione. Per non parlare degli immensi piloni che in terra e in mare sostengono enormi pale eoliche, il cui moto inaridisce i terreni sottostanti e perturba l’ecosistema marino locale! Resterebbero le maree, la cui immensa forza è assolutamente gratis, ma anche lì le gigantesche turbine necessarie a generare energia sconvolgerebbero la vita dei fondali in prossimità delle coste. Ci sarebbe la soluzione finale della fusione nucleare, sui cui ritardi grava il sospetto del boicottaggio da parte delle industrie petrolifere e dei Paesi produttori che, qualora quel tipo di energia entrasse a regime, sarebbero definitivamente rovinati, sia in termini politici che economici. Ci sarebbe una… terza via. Ovvero, invece di chiamare folle di giovani a sfilare per l’ovvio (un mondo più green) basterebbe invitarli a ridurre della metà esatta i loro consumi superflui!

Con pochissimo sacrificio individuale si compirebbe la magia dell’abbattimento del 20-30 per cento di Co2 in pochissimi anni. In questo caso, però, verrebbero a mancare nel mondo centinaia di milioni di posti di lavoro nell’industria e nel manifatturiero che, di certo, non potrebbero essere riconvertiti nelle produzioni non inquinanti. Quegli stessi giovani che chiedono più green si ritroverebbero, se esauditi come per incanto, totalmente disoccupati. E qui veniamo alla Politica che non c’è perché, da un lato, non sa né può porsi alla testa dei processi di mondializzazione governandoli e regolandoli, dato che non saprebbe da dove iniziare. Dall’altro, l’elaborazione ideologica delle classi politiche contemporanee è desolatamente ferma ad almeno due secoli fa, quando videro la nascita prima il liberismo, poi il socialismo, i sistemi democratici e, infine, i fascismi. Da allora, non c’è stata più alcuna evoluzione: il mondo del lavoro è poco meno di un rapporto tra padrone e operaio, dato che i processi di digitalizzazione sfuggono a tutte le categorizzazioni storiche precedenti e occorre reinventare un alfabeto, per capire come si distingue il nuovo capitale dalle anonime fabbriche di denaro che non hanno a valle un prodotto lavorato.

Pertanto, qui in Italia, e non solo, la dialettica politica risulta talmente impoverita tanto che i leader, di destra come di sinistra, rincorrono vuoti schemi di posizionamento e di alleanze, secondo una condotta acefala a-programmatica e a-progettuale sui tempi medio-lunghi. Quello che domina sul pensiero speculativo è il bisogno di consenso qui e subito, per cui si dà ai social un tempo assoluto in cui la frase a effetto, la polemica istantanea espropriano qualsiasi spazio dialettico, rendendo impossibile il confronto tra visioni politiche contrapposte. Anzi: quelle visioni proprio non esistono più. Gli schieramenti non scaturiscono da una visione storica dei fattori comuni, quelli per cui si lotta e si contende il potere, ma semplicemente da una mera necessità pratica e contingente del mettersi assieme alla come viene, in base a una pura contabilità elettorale, in funzione strumentale delle norme che regolano il voto popolare. Non solo, quindi, manca la vision: il mondo politico di oggi sta infinitamente peggio di ieri perché dovrebbe fare scelte colossali.

Da un lato, governare i processi sempre più caotici e anarcoidi di una urbanizzazione selvaggia, in cui le periferie semi-abbandonate sono sempre di più fabbriche di marginalità, di violenza, di disoccupazione e degrado, mancando da sempre, dagli anni atroci del sacco edilizio delle principali metropoli italiane, una ancorché minimale idea di programmazione territoriale, che rendesse belli, pienamente fruibili e godibili spazi pubblici e privati. Invece, è accaduto l’esatto contrario e il verde urbano dell’edilizia residenziale è appannaggio dei ricchi, che possono pagare a peso d’oro quegli spazi liberi. Ora, come si fa a ri-dislocare popolazioni (infelicemente) iper-urbanizzate verso i borghi d’arte, puntando sulla digitalizzazione e sulla ricostruzione territoriale delle infrastrutture locali? Altro punto di vitale importanza: come si smaltiscono i giganteschi volumi di rifiuti urbani e metropolitani? Da almeno un decennio c’è una tecnica d’incenerimento a prova di incapaci: il passaggio del rifiuto attraverso le torce al plasma, dove la temperatura è tale da distruggere completamente ogni composto chimico. In uscita si producono solo idrogeno e ossido di carbonio utilizzabili come combustibili puliti per generare energia elettrica. Si tratta di tecnologie molto raffinate ma già utilizzate con successo altrove, come in Giappone e in Usa dove sono presenti in ben sette città, tra cui Honolulu.

Altro argomento di vitale importanza: rendere definitivamente user-friendly una burocrazia ferma a modelli obsoleti risalenti a due secoli fa, costruendo bacini unici nazionali di Big-data attraverso la digitalizzazione integrale e l’integrazione on-line di tutte le banche dati degli organismi pubblici. Anche il tipo di reclutamento dei burocrati deve avere il sostegno di proposte politiche completamente innovative, creando dei contenitori ultramoderni che fungano da efficienti scambiatori di professionalità pubblico-privato. In particolare, per quanto riguarda il reclutamento locale degli impiegati comunali e delle municipalizzate, che hanno dimostrato limiti inaccettabili di organizzazione e funzionalità, il mantenimento del posto di lavoro deve essere severamente subordinato ai criteri di produttività, trasparenza ed efficienza analoghi a quelli del miglior privato.

Infine: come si dà slancio alle pratiche di democrazia dal basso, avvalendosi di pec e spid per la firma delle proposte popolari per leggi e referendum, compreso finalmente il voto elettronico? Ultima questione: la riforma (assolutamente necessaria) dei Trattati europei. Ebbene: quali alleanze occorre ricercare all’interno dei 27 e, soprattutto, in quale direzione deve andare l’Unione europea nel prossimo futuro? Schierarsi con gli Usa contro la Cina, senza stare tanto a guardare gli affari? Ecco: fare politica significa dare risposta ai grandi quesiti suindicati.

Aggiornato il 05 ottobre 2021 alle ore 10:39