“Intervista a Stalin”, il Pci e i passaporti sovietici falsi

È in uscita nelle librerie italiane una nuova edizione della “Intervista a Stalin” (Ibis editore), frutto di un lungo colloquio tra lo scrittore H.G. Wells e Josip Stalin, il dittatore che è ancora in auge presso una parte dell’estrema sinistra e nella destra post-fascista e neo-putinista (ma di recente l’ho sentito esaltare anche da anziani che votano Partito Democratico con parole non esattamente lettiane, “ne ha ammazzati troppo pochi!”). L’intervista fu effettuata da uno scrittore che fu tra i primi a scrivere romanzi di fantascienza e horror, come “La macchina del tempo” e “L’isola del dottor Moreau”. Come tutti gli scrittori inglesi che si occupano di politica, esclusi Orwell e pochi altri, tendeva a prendere abbagli.

Wells cercava una sintesi tra Occidente alla Roosevelt e l’Euroasia stalinista qualcosa di simile a quanto, secondo il dissidente russo Vladimir Bukovskij (“Gli archivi segreti di Mosca”, Spirali, 1999) è avvenuto per la Unione europea, nata per mettere insieme una “Casa comune europea” ai tempi della Caduta del Muro, recuperando i sopravvissuti del regime sovietico e creando un sistema misto capitalista-socialdemocratico. Non fu a caso che il premier della Spd, Gerhard Schröder, passò in pochi giorni dal Governo della Germania alla Gazprom come capo del consorzio Nord Stream Ag, per poi diventare dirigente della Rosneft. Puntare su Mosca è evidentemente un vizio antico, francese e tedesco.

A Wells, che descriveva il “socialismo” rooseveltiano, Stalin rispose in maniera molto chiara: “Roosevelt non può fare il socialismo perché le aziende americane non sono nelle sue mani ma in mano dei privati!”. Questa è la differenza fondamentale tra libero mercato e dittature: Stalin poteva imporre il suo “comunismo” (in realtà una dittatura del capo del Partito e della classe burocratica) perché aveva nelle mani sia tutto il potere politico sia quello economico. Negli Stati Uniti invece le aziende erano nelle mani dei cittadini (“privato” nelle società liberali autentiche deve corrispondere a “cittadino” e non a “monopolista” o a “privato colluso col potere politico”).

Chi era davvero Stalin?

Secondo lo storico Robert Conquest, che per la prima volta coniò il termine “Grande Terrore” nel 1939, si contavano circa 9 milioni di persone arrestate nei gulag (circa un cittadino ogni 20!). Nel 1990 Vladimir Kryuchkov, direttore del Kgb, ha dichiarato che tra il 1930 e il 1953 vennero incarcerati 3,8 milioni di persone, di cui 786.000 condannate a morte. Secondo gli archivi della Nkvd nel periodo 1921-1953 i condannati a morte per “controrivoluzione” furono approssimativamente 340.000 persone, di cui circa 225.000 durante il periodo delle purghe staliniane 1936-1939. “Dalla parte” di Stalin poi ci sono i massacri etnici di intere popolazioni. Ogni fine di novembre, nel silenzio di Russia e Occidente, l’Ucraina celebra l’Holodomor, che significa “morte per fame”. Si tratta di un massacro pianificato dal dittatore sovietico dal 1929 al 1933. Quanto al numero di morti dovuto alla carestia indotta, le fonti più attendibili parlano di una forbice tra 7 e 10 milioni, altre fonti riducono la cifra a 4 o 5 milioni. Ebbene, se questa è la realtà, perché ci fu invece una glorificazione dei media italiani alla notizia della morte di Stalin? Lo stesso Corriere della Sera fu molto tenero col capo dell’impero russo, ben diversamente dalla stampa di altri Paesi occidentali. La parola “dittatore” fu silenziata.

Altro che “Stay-Behind”

I media non sono imparziali? A volte succede, come nel caso del “golpe” del presidente Antonio Segni, o della messa in accusa del presidente Giovanni Leone, o in molti altri casi in cui la politica e i media mainstream iniziavano una lunga triangolazione con la magistratura politicizzata. Ricordate la canea mediatica con cui si mise quasi in stato di accusa il presidente della Repubblica Francesco Cossiga per l’associazione segreta Stay-Behind? Ebbene, se Stay-Behind era un’organizzazione segreta per la difesa da un’invasione potenziale del nemico “freddo” sovietico, il Pci e altre formazioni di sinistra erano davvero per la pace e il non-allineamento, come si legge dietro le righe dei manuali di storia ad uso delle giovani generazioni? Secondo Bukovskij no, e lo scrive con dei documenti.

Il Partito Comunista italiano nel 1974 richiese al Pcus l’addestramento speciale di 19 militanti in radiocomunicazioni presso le stazioni radio Br-3u, un corso che includeva la trasmissione criptata di messaggi. Altri due membri del Pci furono formati come radiotelegrafisti e cifristi. Fu deliberato anche un corso di due mesi di “Tecnica di Partito” per 9 uomini del Pci. Inoltre, furono richieste e concesse due settimane di corso su “Tecniche di travestimento” per due membri del partito italiano di Enrico Berlinguer. Questi sono alcuni dati estratti da un documento pubblicato da Bukovskij (opera citata, pagina 47), il verbale della risoluzione numero P136/53 della seduta del Politbjuro del 5 maggio 1974. Il segretario del Comitato centrale accoglie positivamente alcune richieste del Pci, tra cui “affidare al Comitato per la Sicurezza dello Stato di elaborare i programmi di collegamento e i documenti cifrati” per trasmissioni radio unilaterali ai centri regionali 13-16 del Pci, e di provvedere ai documenti cifrati per la decodifica delle trasmissioni radio bilaterali.

Infine, cosa dire della clamorosa richiesta della Segreteria presieduta da Enrico Berlinguer (qualcuno si scandalizzerà almeno oggi?) di “soddisfare la richiesta del gruppo dirigente del Pci approntando 500 passaporti italiani in bianco e 50 completi di dati (per i membri del direttivo del Pci) e altrettante carte di identità; approntare inoltre una scorta di 50 passaporti e carte di identità francesi e altrettanti svizzeri, parrucche e altri materiali di travestimento. Affidare la fabbricazione dei documenti (falsi) e la preparazione dei mezzi di travestimento alla Sezione internazionale del Comitato centrale del Pcus e al Comitato per la sicurezza dello Stato presso il Consiglio dei ministri dell’Urss”. Questa delibera da macchina da guerra (Fredda, ma non troppo) fu poi spedita al “residente del Kgb in Italia”.

Aggiornato il 15 ottobre 2021 alle ore 09:41