L’istinto di sopravvivenza dei partiti

Mario Draghi ha un compito politico fondamentale da svolgere come capo del Governo ed è un compito riformatore, politico, liberalsocialista che soltanto lui può portare avanti in questo frangente. Al Quirinale, invece, serve un garante della Costituzione, un abile conoscitore della politica e una figura stimata a livello internazionale. Un garante dell’unità nazionale. Inoltre, oggi come oggi, i partiti non possono eleggere Draghi alla presidenza della Repubblica perché, per loro, sarebbe come suicidarsi. Non toccherebbero più palla. Sarebbe, per loro, come legarsi mani e piedi. E consegnarsi. Non possono. Semplicemente.

Inoltre, se i partiti politici portassero Draghi al Quirinale e mettessero un altro tecnico a Palazzo Chigi per concludere la legislatura, allora sancirebbero la loro sconfitta politica e, in altre parole, sarebbe come ammettere la propria incapacità di governare e darebbero a Giorgia Meloni una spinta esponenziale senza precedenti per la prossima campagna elettorale. Resterebbero, insomma, dopo il voto del 2023, soltanto Fratelli d’Italia e la Meloni. Tutti gli altri scomparirebbero o quasi. Ovviamente, se Draghi andasse ora al Quirinale. Altrimenti, i partiti avrebbero tutto il tempo per ripensarsi, fare le riforme, costruire – insieme a Draghi – le basi per il futuro.

Aggiornato il 20 gennaio 2022 alle ore 13:57