Tra giorni della merla e passeri solitari è stato messo in tavola il solito piatto, quello in pratica che – servito caldo o freddo – ha lo stesso sapore, forse invecchiato di altri sette anni. Sergio Mattarella, come noto, è stato confermato presidente della Repubblica. Un bis figlio dei nostri tempi, salutato dai selfie di Enrico Letta e gli applausi a Cinque Stelle (la classica vittoria di Pirro) mentre la politica, immersa in maratone televisive e dialoghi tra premi Nobel (ci scusiamo con i premi e con Alfred Nobel), ha deciso di non decidere. O meglio, ha optato per la conservazione dello status quo, fedele a una linea, che è sempre la stessa: l’Italia non è un Paese per giovani (sia anagraficamente che di idee).

In questo quadro, il centrodestra – in perfetta simbiosi con gli altri schieramenti – ha collezionato una figura barbina, come ha puntualmente ricordato il nostro direttore, Andrea Mancia, nel suo editoriale. In un insieme di manovre senza patente Matteo Salvini, che si è ritrovato sulla testa la corona di kingmaker, dopo il ritiro dalla disputa per il Colle da parte di Silvio Berlusconi ha voluto guidare trattative e colloqui. E si è spremuto talmente tanto che, alla fine, quando ha aperto bocca, ha saputo dire due parole: Sergio Mattarella. Pensa un po’.

Il viaggio senza uscita del Capitano ha così aperto la strada a Giorgia Meloni, che adesso ha l’occasione per raccogliere i cocci e creare una nuova creatura. La leader di FdI, in una diretta Facebook, ha annunciato: “Da oggi lavoro per riformare il centrodestra, un centrodestra che possa regalare delle soddisfazioni a chi crede nelle nostre idee, nei nostri principi, nei nostri valori e non vuol essere trattato come un impresentabile, trattato come un cittadino di serie B, trattato dall’alto in basso da una sinistra presuntuosa. Per questo lavoriamo per ricostruire – ha spiegato – perché il centrodestra a livello parlamentare sicuramente è oggi polverizzato, però è ancora maggioranza tra gli italiani. E quegli italiani meritano una proposta politica che sia adeguata, che sia alla loro altezza”.

Giorgia Meloni, però, avrà la capacità e lo spessore di prendere in mano la situazione – come ha sottolineato il direttore Mancia – “aprendosi a un nuovo innesco di classe dirigente e abbandonando per sempre gli spazi angusti in cui, a volte, sembra volersi rifugiare”?

Un compito non da poco. Soprattutto, un salto verso il futuro, scrollandosi di torno quelle scorie che, tuttora, restano ancorate al passato. Di certo c’è che Salvini ha aperto una autostrada a Meloni, tra giorni della merla e passeri solitari. A Giorgia ora la palla. Gufi permettendo.

Aggiornato il 01 febbraio 2022 alle ore 06:55