Così è (se vi pare)

martedì 1 marzo 2022


Non esiste nulla di peggiore e di più squallido che la speculazione sulle disgrazie altrui, del riportare notizie e immagini, nonché video, non veritieri, perché non corrispondenti ai fatti citati. Come già è accaduto con la pandemia del Covid-19, stiamo assistendo ad un’ignobile diffusione mediatica da parte dei telegiornali e della stampa in generale, di notizie artefatte e false nella narrazione di ciò che sta accadendo tra la Russia e l’Ucraina. Per evitare qualsiasi fraintendimento, urge precisare che il sottoscritto non scrive per parteggiare a favore della Russia, ma semplicemente per ricercare la verità. Una verità che viene sempre filtrata e molto spesso fuorviata dal mainstream che si prodiga a raccontare nelle migliori delle ipotesi una parte della verità, omettendo di riportare tutta la verità e nient’altro che la verità. Nella memoria dei più informati e non smemorati, resta ancora impressa la falsa foto delle bare dei morti di Covid-19 di Bergamo, che lo stesso sito specializzato open.online denunciò come risalenti al 2013.

Predetto quanto sopra esposto, per sviluppare in modo ordinato il ragionamento che intendo “enuclearvi”, è opportuno palesare quanto sia deleteria la mancanza di memoria storica anche nel brevissimo termine da parte della massa e quanto ciò determini l’incapacità di ricevere alcun insegnamento dai fatti storici, anche non molto remoti. Quando scoppiò la guerra in Iraq, tutti i media e il mainstream non fecero altro che sobillarci con notizie presentate come certe riguardo all’ipotetico arsenale biologico di distruzione di massa in dotazione di Saddam Hussein, che grazie alle “sicurissime” prove che millantavano il premier inglese Tony Blair e il presidente statunitense George W. Bush di allora, ogni opinione contraria al riguardo veniva considerata ridicola o sovversiva. Ebbene, a conflitto terminato, con Hussein ucciso senza essere catturato e poi processato, impedendogli in tal modo di dichiarare alcunché, si venne a scoprire che era tutta una grande farsa, che era servita a motivare e giustificare l’intervento bellico in Iraq e di conseguenza ottenere il consenso dell’opinione pubblica.

Dopo questa scandalosa scoperta, né Bush e tanto meno Blair subirono alcuna conseguenza, l’unico ad aver subito un’esiziale implicazione fu lo scienziato inglese David Kelly, il quale durante la popolare trasmissione radiofonica inglese della BBC “Today programme” denunciò l’infondatezza del dossier presentato dal Governo Blair sulle presunte armi di distruzione di massa possedute in Iraq e che poco dopo fu ritrovato deceduto ad Harrowdown Hill, in una foresta nell’Oxfordshire. Pertanto, come si può evincere in modo apodittico dai fatti succitati, i media molto spesso non sono fonte di inconfutabili verità, probabilmente perché rispondono ai loro finanziatori e non a caso con l’ulteriore e progressivo restringimento delle “zone bianche” (per usare definizioni grate al Comitato tecnico scientifico e al “lungimirante” ministro della salute Speranza) l’Italia ristagna al 41 posto della classifica mondiale in riferimento alla libertà di stampa, secondo quanto ha stabilito il World Press Freedom Index di Reporter Senza Frontiere.

La crisi tra la Russia e l’Ucraina ha origini lontane, prima di tutto le due nazioni sono storicamente legate, non solo perché il Granduca di Kiev, Oleg, di origine vichinga, fondò la Russia, ma anche perché l’Ucraina e la Crimea hanno sempre rappresentato per la Russia una finestra sull’Europa e sul Mediterraneo, nonché un cuscino di protezione per la sua incolumità. Ciò che accadde nel 2014 con la cacciata del presidente dell’Ucraina di allora, Viktor Janukovyč, a causa di una rivoluzione, destò non poche preoccupazioni a Vladimir Putin, sia per l’anomalo modo con cui sorse questa cosiddetta rivoluzione e sia per i finanziamenti esteri che ricevettero i suoi organizzatori. Il modo con cui la Russia perse il suo referente filorusso, presidente dell’Ucraina, spinse Putin ad indire un referendum presso la Crimea (allora regione dell’Ucraina donata dall’ucraino Krusciov, quando era presidente dell’Unione Sovietica per celebrare i 300 anni dell’accordo fra Russi e Cosacchi) per renderla indipendente e alleata della Russia, oltre che per tutelare la numerosa comunità di lingua russa, presente sul territorio della Crimea.

In seguito, sorse il problema delle rivendicazioni delle comunità russe nelle zone di Donetsk e Luhansk, che poi recentemente Putin ha riconosciuto ufficialmente come repubbliche indipendenti. Nel frattempo, la Nato non ha mai smesso di pianificare l’allargamento in Ucraina, in cui oggi, forse, già sono presenti dei siti di arsenali riconducibili alla stessa. Come diverse volte, nei suoi numerosi interventi pubblici al riguardo, il giornalista nonché esperto della Russia, Giulietto Chiesa, ebbe modo di evidenziare quanto fosse pericoloso per l’equilibrio geopolitico da parte della Nato insistere nel voler inglobare l’Ucraina, addirittura arrivò al punto di affermare che l’entrata dell’Ucraina nella Nato sarebbe potuta essere la causa scatenante della terza guerra mondiale. Dopo aver citato questa breve cronaca dei fatti storici, credo che sia fondamentale tenerne conto per non cadere irretiti nella trappola propagandistica e demagogica del mainstream, che tende volutamente a semplificare, nonché banalizzare, la questione della Russia del dittatore e bestiale Putin contro il libero e civile Occidente, tornando al solito strumento comunicativo della polarizzazione dello scontro, tipo Guelfi e Ghibellini o peggio ancora riproponendo l’enfasi delle Crociate.

Putin non è né magnanimo né un mostro, è semplicemente il leader di una nazione che oltre a rappresentare una potenza economica in progressivo sviluppo, è anche una potenza militare e come tale vuole tutelare i propri confini e la propria influenza non più e non meno di quello che fa la Nato e chi finanzia la Nato. La onde, a prescindere da come si evolverà questo scontro militare tra la Russia e l’Ucraina e indirettamente la Nato, l’unico dato certo che già emerge è che noi italiani siamo e saremo vittime di una “guerra economica” che ci impoverirà ulteriormente, minando in modo definitivo il nostro benessere e il nostro precario equilibrio economico. Questo perché in questa crisi, ogni protagonista cercherà di fare i propri interessi, tranne la figurante insignificante Italia, che mentre urlerà ai quattro venti con il suo “curatore fallimentare”, attuale premier, di volere sostenere le sanzioni economiche contro la Russia, sanzioni peraltro insignificanti da un punto di vista sostanziale per la Russia, soprattutto per ciò che concerne la sua capacità di ripagarsi il debito pubblico, in quanto rappresenta solo il 20 per cento del suo Pil, altresì saranno nefaste da un punto di vista prettamente politico nei rapporti commerciali con l’Italia.

Infatti, l’Italia, una “pulce” nello scacchiere geopolitico internazionale, che importa (necessariamente) il 30 per cento del fabbisogno di gas dalla Russia, ad un prezzo accettabile, a causa di questa crisi potrebbe perdere anche 50 miliardi di fatturato prodotto ogni anno dalle aziende italiane, esportando i loro prodotti in Russia, con tutte le ripercussioni economiche conseguenti. La sub cultura dell’italiano medio e la sua miopia nel capire l’attualità politica internazionale, nonché la sua profonda ignoranza storica, che portò Indro Montanelli a confermare ciò che il celebre giornalista e suo maestro Ugo Ojetti gli aveva insegnato, ossia che gli italiani sono un popolo di “contemporanei”, perché sono un popolo senza memoria, porterà l’Italia verso una deriva di indigenza e di crisi economica inimmaginabile, peggiore di quella che subì alla fine della seconda guerra mondiale.

Se è vero che ognuno è artefice del proprio destino, il popolo dello stivale lo è del suo, visto che nel lontano novembre del 1987, grazie a Marco Pannella (finanziato da fondi esteri per indire quel referendum), rinunciò a produrre l’energia nucleare, per auto condannarsi ad essere dipendente dell’energia straniera, come è l’Italia per quanto riguarda l’approvvigionamento del gas dalla Russia, oltre al fatto di sprecare annualmente le proprie risorse per la manutenzione delle centrali nucleari presenti in Italia, inattive, ma non chiuse, oltre al fatto che compriamo energia dalla Francia che la produce nelle sue centrali nucleari al confine con l’Italia, e che compriamo energia anche dalla Slovenia che la produce, anch’essa, con la sua centrale nucleare (peraltro costruita dagli italiani), sempre ai nostri confini, senza contare che eravamo all’avanguardia nella costruzione delle centrali nucleari. I “soloni” dei salotti nostrani, insieme alla nostra omologazione, non sembrano interessati a questa imminente mancanza di approvvigionamento energetico e a questi aumenti di gas ed energia che arriveranno, ma pensano solo a sciorinare il loro solito repertorio ideologico e pseudo pacifista, fuorviando la realtà storica dei fatti e derubricando lo tsunami di povertà che invaderà l’Italia, le sue famiglie, i suoi cittadini e le sue imprese, con un tasso di natalità ormai quasi estinto e una continua invasione di clandestini, di cui l’Unione Europea non si è mai preoccupata, per aiutare e salvaguardare i confini dell’Italia.

In fine, per capire meglio ciò che sta accadendo in questa crisi internazionale tra la Russia e la Nato, a causa dei combattimenti in Ucraina, vi riporto di seguito quanto scrisse l’ex segretario di stato Henry Kissinger, inerente a questa situazione, nell’estratto di un suo articolo, pubblicato dal Washington Post il 5 marzo del 2014 (quando si paventava l’occupazione della Crimea da parte della Russia): “Da troppo tempo la questione ucraina è stata posta in alternativa: o l’Ucraina si unisce all’Occidente o all’Oriente. Ma se l’Ucraina vuole sopravvivere non deve diventare l’avamposto di uno contro l’altro, deve fare da “ponte” fra di loro. La Russia deve capire che forzare l’Ucraina ad essere un suo satellite condannerebbe Mosca ai ciclici attriti con l’Europa e gli Usa. L’Occidente deve capire che per la Russia l’Ucraina non sarà mai una “terra straniera”. La storia russa è nata nella regione Kievan-Rus. La sua religione è scaturita da lì. L’Ucraina è stata parte integrante della Russia per secoli e le loro storie erano intrecciate da ancor prima. Alcune delle più importanti battaglie per la libertà russa, a cominciare da quella di Poltava nel 1709, si sono combattute in suolo ucraino. La Flotta del Mar Nero è stata a lungo di base a Sebastopoli in Crimea. Perfino certi famosi dissidenti come Aleksandr Solženicyn o Iosif Brodskij hanno sostenuto che l’Ucraina è parte integrante della storia russa.

Gli ucraini sono l’elemento decisivo: vivono in un paese con un passato complesso e una composizione poliglotta. La parte occidentale del paese fu annessa all’Unione Sovietica nel 1939 quando Stalin e Hitler si divisero il bottino. La Crimea, che per il 60 per cento parla russo, fu data all’Ucraina solo nel 1954 quando Krusciov, ucraino di nascita, gliela donò per celebrare i 300 anni dell’accordo fra russi e cosacchi.

Il lato ovest è largamente cattolico, quello est russo ortodosso. Il lato ovest parla ucraino, quello est in prevalenza il russo. Ogni tentativo di una parte dell’Ucraina di dominare sull’altra porta inevitabilmente alla guerra civile o a una spaccatura del paese. Usare l’Ucraina come luogo di scontro Est-Ovest brucia per decenni la possibilità di una cooperazione pacifica fra la Russia e l’Occidente, in particolare con l’Europa. L’Ucraina è stata indipendente per soli 23 anni, mentre dal 1300 in poi è sempre stata una sorta di protettorato a guida straniera. Non sorprende quindi che i suoi leader non abbiano ancora imparato l’arte del compromesso e ancor meno la capacità di avere una visione storica. Le vicende post indipendenza dimostrano che alla radice di tutti i problemi ci sono i tentativi che i politici ucraini fanno per imporsi sulle parti recalcitranti del paese, prima da parte di una fazione poi di quella opposta. Una politica saggia degli Usa dovrebbe agevolare una cooperazione fra le due fazioni non perseguire il prevalere di una sull’altra.

La Russia non è in grado di imporre una soluzione militare senza isolarsi. Mentre per l’Occidente demonizzare Putin è solo un alibi per mascherare l’assenza di una propria strategia politica. Putin deve convincersi che muoversi militarmente riapre una nuova Guerra fredda. Gli Usa devono da parte loro smetterla di trattare la Russia come un pazzo a cui bisogna pazientemente insegnare le regole stabilite da Washington. Putin è uno stratega serio, ma comprendere i valori e la psicologia americani non è il suo forte. Ma neppure i politici Usa sono molto bravi a capire la storia e la psicologia russa. E questi sono secondo me i punti di una soluzione compatibile coi valori, gli interessi e la sicurezza di entrambe le parti:

1) L’Ucraina deve essere libera di aderire ai trattati economici e politici che preferisce, compresi quelli con l’Europa.

2) L’Ucraina non deve entrare nella Nato.

3) L’Ucraina dovrebbe attuare una politica di riconciliazione nazionale.

4) Sullo scenario internazionale dovrebbe invece avere una posizione simile alla Finlandia, un paese sicuramente orgoglioso della sua indipendenza e che coopera con l’Occidente in molti campi ma che evita accuratamente atteggiamenti ostili verso la Russia”.

“Mundus vult decipi, ergo decipiatur!”


di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno