Il dibattito in Senato e il nuovo relativismo culturale

Il Senato, questa mattina, ha ospitato il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Dopo la sua informativa sull’Ucraina è seguito un dibattito, che si è svolto all’indomani della dismissione della presidenza pentastellata della Commissione Esteri del Senato: la nomina della nuova presidente, Stefania Craxi, ha attinenza col dibattito sull’Ucraina, visto che la decadenza dell’ex presidente Vito Petrocelli era dovuta alla sua divergenza dalle azioni intraprese da Nato e Unione europea contro l’aggressione russa.

Ho seguito su Radio Radicale un ottimo intervento di Pier Ferdinando Casini, centrato sulla difesa delle ragioni delle nazioni liberal-democratiche e sulle irragionevoli posizioni di chi – in nome della pace – assegna una indulgenza plenaria alle guerre mosse dall’ennesimo erede di Stalin. Posizioni di sostegno alle politiche del Governo Draghi sono state espresse anche da altri senatori, come Matteo Renzi. Tuttavia, almeno tre interventi sono stati la dimostrazione di una politica a testa in giù, nel segno – iniuria absit – di una intelligenza politica abdicata. Come si può offendere l’aggredito e difendere l’aggressore? Come si fa a essere auto-razzisti, e scambiare Joe Biden per Vladimir Putin? Come si può sostenere che Finlandia e Svezia debbano restare impotenti, aspettando un’aggressione russa senza la libertà di avere degli alleati? Nessuno dice apertamente queste cose ma, come ha rilevato Casini, le sottigliezze retoriche del movimento contro la guerra della Nato implicano conclusioni che vanno a beneficio di Putin. Parlo di tre senatori e dei loro interventi urlati. Certamente tutte le opinioni devono essere liberamente espresse, ma è altrettanto lecito e doveroso esprimere il dissenso a quelle stesse posizioni, quando queste sembrano false come il vino andato in aceto.

La questione non è da poco. La leva dei “pacifisti” si basa su un profondo errore: tutto è lecito e ogni opinione ha lo stesso valore. È un fraintendimento della moderna antropologia, che assegna a tutte le culture uguale dignità. Se, però, si parla di opinioni è un fatto che Putin sia dalla parte sbagliata della Storia e della decenza. Inoltre, il nuovo “relativismo culturale”, per cui ogni opinione è ugualmente valida, produce il caos attuale nelle società democratiche. Se Epitteto diceva che purtroppo “non i fatti, ma le opinioni, muovono le scelte delle masse”, esiste un metodo scientifico anche nella Storia e anche un’Etica onesta e applicata con rigore logico può riportarci alla distinzione tra bene e male, che è alla base di ogni azione umana. A meno che non si creda che un assassinio sia lo stesso di una festa di compleanno. Qualche ragazzo ha creduto – e crede ancora – a questo inchiostro di calamari che ha offuscato ogni ragionamento pubblico.

Il primo dei senatori “annebbianti” intervenuti è Mattia Crucioli (rappresentante del gruppo Costituzione ambiente lavoro-Alternativa-Partito Comunista che utilizza anche il simbolo della fu Italia dei Valori. La retorica di Crucioli è quella dei comizi degli anni Cinquanta del Partito Comunista italiano: l’America è la radice di tutti i mali del mondo mentre il Sole dell’Avvenire vincerà). Crucioli, però, parla nel 2022 a senatori che decidono – anche se in parte – sui destini nazionali, per esempio se questi debbano finire nelle braccia della Federazione Russa, o restare piuttosto in quelle di Bruxelles e Washington. O se si debba procedere con riforme economiche incisive e liberali, oppure insistere con bonus e interventi tampone. Però, insieme a ciò, usa leve relativiste: certo che siamo democratici e non vogliamo finire sotto un regime orientale, ma se poi favorisci chi la democrazia la combatte produci solo un Caos da cui non si genera un Cosmos.

La seconda tonalità – un poco meno urlata – è quella della senatrice è Paola Nugnes (Gruppo Misto, ex Movimento Cinque Stelle). Il terzo intervento contro Mario Draghi è tenuto dall’ineffabile Gianluigi Paragone, fondatore del movimento “Italexit” (come si fa a fondare un movimento che parla di uscita dell’Italia dalla Ue e/o da se stessa?). Paragone cita il Pontefice e il suo j’accuse contro “l’abbaiare della Nato”. Il suo curriculum di comunicatore politico è davvero senza Paragone: il senatore è riuscito a diventare direttore della Padania (Lega) e poi vicedirettore di Libero, nonché vicedirettore di Rai Uno. Come conduttore radiotelevisivo è stato in trasmissioni remunerate e di un certo successo, forse perché basate su una retorica populista in cui il male siamo sempre noi, mentre non si dice mai chi debba succedere a Joe Biden o che sistema economico debba nutrire il mondo, visto che il capitalismo secondo questa narrazione “non funziona”. Sembra però che l’altro mondo pentastellato – e non solo quello – non abbia partorito soluzioni meno che puerili. Anche Paragone usa bene il relativismo (piegandolo, perché mentre si sostengono posizioni tra loro antitetiche, si spinge l’uditorio verso il “bene” che aggrada al finto “non schierato”). Sulla Nato – e gli Stati Uniti – Paragone non ha dubbi: fa un intervento che fa quasi pensare a una forma di razzismo antiamericano. E non solo politico. Sono proprio “gli americani” che non piacciono agli antiamericani. Mai sentito un intervento simile, anche per violenza verbale.

Matteo Salvini esordisce con un temperato “grazie, presidente Draghi per le sue parole di pace”, che poi finalizza con un “pace significa salvare lavoro”. Prosegue come il professor Alessandro Orsini, con un salto acrobatico in cui mette insieme diavolo e acqua santa: Salvini, proprio come Giuseppe Conte, non vuole inviare armi ma premette di essere assolutamente ancorato all’Occidente, ai suoi valori. Sembra proprio un intervento a la Orsini, il professore che ha dato più danni di Carlo in Francia. Salvini prosegue con una difesa di Israele (giusta), contro cui l’Onu ha sempre dimostrato un atteggiamento parziale, mai avuto contro nazioni come Russia, Cina, Venezuela, Iran e compagnia bella. Prosegue con una esaltazione del Papa che ridiventa “anche un Capo di Stato”, visto che è “contro le armi” (all’Ucraina). Salvini cita i 200 milioni di africani che rischiano una grave crisi alimentare per la carenza di grano. Purtroppo, si spara sui piedi dicendo che il frumento “bisogna seminarlo ora, per raccoglierlo a settembre”, ma forse voleva dire “mais”.

Salvini chiede tre iniziative al Governo Draghi:

– che si chieda alla Russia di sbloccare il grano dell’Ucraina;

– che l’Expo internazionale 2030 si svolga a Odessa (ma che senso ha questa iniziativa oggi, quando non sappiamo neanche se Odessa resterà in Ucraina o sarà ingoiata dalla Russia?);

– un cessate il fuoco di 48 ore con garanti Vaticano, Ue e via cantante, durante il quale ci sia un tavolo di trattative.

Salvini dice di non essere “un pacifista da corteo”, perché vuole difendere il lavoro (da chi? Non è Putin il problema?). Inoltre, sa che finora la trattativa e le tregue sono state ignorate e sabotate da Mosca? Sa che una lunga tregua rischia di rinforzare la Russia, come si fece con Adolf Hitler nella conferenza di Monaco del 1938? Salvini, infine, sa che se fare la “pace” implica dare alla Russia la parte più ricca dell’Ucraina, questa è una vigliaccata enorme, tra l’altro destinata a ritorcersi contro di noi? Poi Salvini dice cose giuste, quando ricorda i “desiderata” del ministro Roberto Cingolani per l’utilizzo dei nostri idrocarburi, per i termovalorizzatori. E cita il progetto francese della centrale a fusione nucleare, ovvero il nucleare pulito, che sarebbe una gran cosa, ma nel frattempo? Salvini chiede che Italia ed Europa siano libere e sovrane, non “alle dipendenze di nessuno”. Parla come Paragone, in questo caso. Perché come fai a essere atlantista considerandoti però alle dipendenze di Washington (che ci ha salvato nei due conflitti mondiali e nella Guerra fredda. E forse anche ora).

Vediamo come andrà a finire con la notizia di queste ore: Mosca si dichiara disposta a intavolare nuove trattative con Kiev. A noi sembra l’ennesima mossa per dare forza ai pacificanti nostrani, spacciando la Russia putiniana come uno Stato evangelico. Servono fatti, non parole. Ovviamente speriamo che il presidente a vita (dittatore) russo restituisca il maltolto agli ucraini e rientri nei suoi confini. Perché fare la pace questo significa: il resto è silenzio.

Maria Domenica Castellone (M5S) è preoccupata per cose fondamentali per l’Italia, come il Superbonus. Chiede “unità” a Draghi. “Le famiglie e le imprese italiane vogliono la pace”, dice, come se ci fosse qualcuno contrario. Cita il solito articolo costituzionale su “L’Italia ripudia la guerra”, dimenticando che Putin ripudia la pace. Scorda anche che la fine dell’invasione e dei bombardamenti, per Putin, implica la perdita dell’equivalente del Lombardo-Veneto italiano per l’Ucraina. Castellone chiede, inoltre, che a Roma si svolga una conferenza di pace tra Russia e Ucraina, cui partecipino i membri del Consiglio di Sicurezza Onu, Israele e altri. Sembra una proposta bella e persino concreta, ma irrealistica nei fatti.

Aggiornato il 19 maggio 2022 alle ore 15:17