Un amico – di quelli che, per davvero, amava John Ronald Reuel Tolkien come me – nelle sue ultime settimane, prima di lasciarci, al telefono mi diceva: “Combatto!”. Era il suo mantra, restavo senza fiato. Ed è un po’ – a ripensarci – il mantra di questi ultimi tre anni. Non è più permesso di sottrarci al combattimento. Non mi si fraintenda, non parlo della guerra. Mi riferisco all’assedio che subiamo: alle libertà, al valore intrinseco delle cose che l’inflazione erode, alla caduta a picco dell’economia reale, alle nostre vite sotto scacco, alle nostre abituali serenità di Hobbit, di donne e uomini medi. Non ci si può più esimere dal combattimento. E proprio come gli Hobbit, chiamati a compiere un’impresa che sembrava più grande di loro, occorre che ognuno faccia la propria parte, usando le armi che ha. I risultati verranno.

In questo momento combatto con tutte le mie forze – parlando e scrivendo – soprattutto due modus pensandi da parte di altrettante categorie di persone:

a) minimizzatori dell’escalation bellica;

b) i fiancheggiatori del Reset. Quelli che – rispetto a quanto accade nel mondo – si mettono, inconsapevolmente, in una posizione collaterale e intellettualmente collaborativa rispetto alle intime intenzioni di chi ha confezionato l’Agenda 2030, il Wef (World economic forum), certe Fondazioni americane, quelle che fanno gli interessi dei Gates, dei Zuckerberg, dei Bezos.

Se sul punto a) c’è molta chiarezza su chi siano gli estensori della minimizzazione bellica, sul punto b) è tutto molto più sottile. Infatti, tra i fiancheggiatori del Reset c’è di tutto, alla luce del sole. Ci sono pro-gender, pro-climate, pro-Draghi, pro-Monti, pro-Cancel culture, pro-immigration, pro-green, pro-lgbqt+, pro-Blm, anti-contante, anti-sovranisti, pro-scienza. Ma ci sono anche quelli oscuramente – o forse solo inconsapevolmente – schierati a fiancheggiare. Quelli che cercano un senso logico a quello che avviene. E nel far questo diventano collaterali al sistema. Tra di loro, ce ne sono alcuni che irritano particolarmente: sono quelli che accettano la discussione sul “siamo troppi”, senza comprendere che accettare questa discussione li mette nel campo di chi fa un discrimine tra chi è utile e chi è inutile, meglio o peggio. O tra chi dovrebbe vivere e chi dovrebbe fare posto ad altri. Ecco, il primo pensiero che ho per costoro è che, forse, si dovrebbero chiedere se non sia meglio sloggiare dalla vita degli altri, in modo che così, automaticamente, riducano il numero dei “troppi”. E, contemporaneamente, cessino di essere un pericolo o anche solo un fastidio per chi cerca di condurre serenamente la propria esistenza.

Sei un moralista!”. Ecco l’accusa tipica che viene attribuita a simili invettive. Sì. Scendendo sul vostro piano, se è vero che siamo troppi, allora l’unica distinzione possibile da fare è morale: se ne vada chi lo pensa, invece di chi continua a credere che c’è un modo pacifico e non aggressivo per risolvere le questioni mondiali, che sono solo l’alibi che un manipolo di criminali utilizza per costruire le peggiori nefandezze.

Il malthusianesimo non è un pensiero scientifico, è un pensiero aggressivo. Chi decide chi resta e chi va? Quale è il criterio? Quali sono le qualità necessarie? Quale il discrimine? Il pensiero malthusiano è un pensiero che pecca di superbia e di accidia, impedisce di valutare soluzioni razionali per dare benessere a chi è già al mondo, per il semplice motivo che non considera la Vita vivente un valore. Una volta che una vita vede la luce, va infatti immediatamente protetta. Inoltre, rompe il giuramento di Ippocrate, che è la quintessenza della cura.

Un pensiero all’insegna del “siamo troppi” prende una scorciatoia aggressiva. Vuole eliminare invece di proteggere le vite libere e tendenti al benessere. Ciò impedisce, tra l’altro, la costruzione di un sano proposito globale per educare l’intera terra al valore della libertà individuale, della responsabilità genitoriale. E alla contemporanea discussione per consentire l’utilizzo ottimale delle risorse a favore della popolazione esistente, tutta, in un’ottica di prevenzione dei conflitti e dei genocidi. Valori che, molto probabilmente, dovrebbero essere le linee guida del solo impianto costituente in merito a un trattato di riforma della futura organizzazione globale, in sostituzione di quella che sembra avere in molti campi fallito la sua missione.

Il vostro disprezzo per la Vita vivente vale tutto il disprezzo delle donne e degli uomini liberi per questo modus pensandi.

Aggiornato il 28 settembre 2022 alle ore 10:48