Lega: Salvini resta nonostante i mal di pancia

mercoledì 28 settembre 2022


Rumore? Tanto. Ma per ora l’effetto è quello di una pietra caduta nello stagno. Matteo Salvini mantiene salda la sua posizione, nonostante i tentativi di spallate e i vibranti mal di pancia. Il Consiglio federale di ieri, andato in scena nella milanese via Bellerio, assicura al Capitano un “ruolo fondamentale”, ricominciando dall’ascolto del territorio e “dalla valorizzazione dei tanti amministratori, a partire dai governatori”. Messaggio chiaro. Punto e a capo.

La Lega, chiuse le elezioni, si tiene l’8 per cento e, in termini numerici, il secondo posto come forza della coalizione di centrodestra. Dall’altro lato, inevitabilmente, non può non passare sottotraccia il risultato di Fratelli d’Italia che soprattutto nel luogo delle origini padane, il Nord-Est, doppia il Carroccio. Una constatazione di fatto che infiamma i duri e puri e che cammina di pari passo con l’analisi dello stesso Salvini, il quale – nel corso della conferenza stampa post Politiche – giura “non ho mai avuto così tanta determinazione e voglia di lavorare”, allontanando l’ipotesi dimissioni. Scalzarlo dalla sua posizione, dopotutto, non è così facile. La nomenclatura di quelle che furono le camicie verdi è dura da scalfire. E lo stesso Salvini chiarisce il messaggio: “Il mio mandato è in mano ai militanti non a ex parlamentari o a due consigliere regionali. Chi è militante della Lega è stato abituato da 30 anni, da Umberto Bossi, a ragionare nelle sedi opportune e non parlare al vento”.

Però… c’è un però. Che non è di poco conto. È pur vero che il segretario della Lega si aggrappa ai suoi cento parlamentari eletti e a quello che sarà il proprio ruolo all’interno dell’Esecutivo guidato, ormai è lapalissiano, da Giorgia Meloni. Eppure, nella discussione resta viva la dialettica ad alta tensione tra colonnelli e governisti. Querelle divampata nel momento in cui la Lega entra nell’Esecutivo Draghi. Da un lato, Salvini sostiene “per la Lega stare al Governo con Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle e Draghi non è stato semplice ma lo rifarei”. Oltre a ricordare che l’ingresso in quella squadra nasce “su richiesta della dirigenza” leghista. Cioè: vabbè che siamo un Paese senza memoria, ma non dimentichiamoci i passaggi di questa storia.

Di contro, è ricco il campionario dei lanciatori di sassolini nascosti nelle scarpe. Roberto Maroni, ex segretario federale della Lega ed ex governatore della Lombardia, nella rubrica Barbari Foglianti, su Il Foglio, spara a zero: “E ora si parla di un congresso straordinario della Lega. Ci vuole. Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma, per adesso, non faccio nomi”.

Last but non not least, è il turno di Roberto Castelli. In una intervista a La Stampa, parlando di Matteo Salvini, non usa troppi giri di parole: “Paga la sua incoerenza, non è più credibile… Ha ribaltato e smantellato il partito ma gli è andata male. Si è rivelato un leader usa e getta”. Inoltre, accusa il Capitano di aver trasformato un partito “autonomista e federalista” in un partito “nazionale per arrivare a Palazzo Chigi. Con queste elezioni il tentativo è archiviato. Il nome Lega-Salvini premier è ormai demodé”. La soluzione, per l’ex ministro, è quella del ritorno a un partito territoriale, baluardo della questione settentrionale. E per il possibile cambio di vertice della Lega, Castelli dice che ci sono due opzioni: “Salvini fa una profondissima seduta di autocoscienza e convoca un congresso. Oppure nasce un nuovo soggetto, che tiene accesa la fiammella dell’autonomia”. Non solo: per la segreteria, vede Luca Zaia come “uno dei papabili. Con gli altri governatori è uno dei difensori della linea che auspico”.

Gratta-gratta, resta il fatto che ad alzare i toni, alla fine, è chi è fuori dal coro titolare. E la cosa non dovrebbe angosciare le coronarie di Salvini il quale, grazie a un incastro favorevole delle costellazioni, potrebbe ritagliarsi un ruolo da vicepremier. Un posto, dopotutto, niente male. Da dove blindare il Governo e osservare, con qualche rosicamento, il bicchiere mezzo pieno.


di Claudio Bellumori