Dietro i rave c’è anche altro

lunedì 7 novembre 2022


Non è sicuramente sbagliato affermare che chi va ad un rave spesso ci va anche per drogarsi. E in questo bisognerebbe chiaramente interrogarsi sul rapporto che uno Stato debba avere con i propri cittadini, e sul ruolo che ha intenzione di ricoprire. Perché d’altronde l’alcol può essere paragonato ad una droga, e causa non pochi danni alle persone che ne abusano, ma nel nostro Paese c’è una libertà assoluta anche a livello culturale nel bere come se non ci fosse un domani. Ed allora, la scelta chiaramente ideologica che sta dietro alla volontà da parte del nuovo governo italiano di utilizzare il rave organizzato a Modena come caso mediatico può essere esaminata sotto più aspetti. Una posizione che apparentemente può essere condivisibile praticamente da tutti nasconde, in realtà, un sistema di valori e di metodo nell’individuazione delle priorità molto chiari. In quel rave c’erano poche migliaia di persone, e sicuramente non può rappresentare un’intera generazione di giovani. Però quello che feste organizzate di questo tipo vogliono comunicare è, in qualche modo, un’esigenza di espressione e di spazi da parte dei giovani che come al solito la classe politica non riesce a intercettare. E con questa azione di immediato sgombero, probabilmente giusta e necessaria per mantenere la legalità, se non contestualizzata e spiegata nella maniera opportuna essa si trasforma nell’ennesima situazione in cui i giovani vengono calcolati dalla politica in due situazioni ben precise: per rompergli le scatole oppure per tartassarli sui loro social (vedi TikTok) per convincerli a votare per sé e i propri compagni di merenda.

Chiaramente la maggioranza dei giovani non è quella dei rave, e la maggioranza dei giovani non ha alcuna intenzione di organizzare feste abusive in strutture private e pericolanti. Però quello che manca un po’ a tutti, soprattutto ai figli delle classi meno abbienti, sono dei luoghi in cui incontrarsi che non siano discoteche, né panchine in cui l’unico divertimento può essere quello di farsi una canna, e neppure live sulle varie piattaforme social. C’è una grande richiesta non soddisfatta di spazi, e per quanto occupazioni debbano essere non tollerate da parte di uno Stato serio, c’è da dire che possibili estensioni di misure anti-rave a luoghi del tipo centro sociali, se non inquadrate, possono creare più problemi di quanti risolverne.

In questo senso, una grande spinta statale nell’implementazione di nuovi spazi, che rendano le città non solo e non soltanto immagini che vedi dalla tua macchina mentre torni dal lavoro, ma anche luoghi di incontro e di conoscenza, possono dare maggiore coerenza al tipo di misure che questo governo vuole imporre. Se i governi passati si sono limitati a lasciare i giovani un po’ allo sbando non considerandoli mai all’interno di politiche adeguate, il governo Meloni deve cercare almeno di non fare peggio: politici che fanno molto poco per garantire buone condizioni di vita abbiano almeno la decenza di non creare più problemi di quanti ne risolvano. Il rispetto della legalità è una questione di primo piano e che va sempre garantita, ma questo va fatto in tutte le occasioni, e non soltanto come arma contro parti politiche diverse dalle proprie, mentre su altre cose si chiude un occhio.

In conclusione, se la repressione non è accompagnata da misure di tipo attivo questa non ha senso. I ragazzi italiani spesso sono costretti a cercare fortuna in altri paesi e, se rimangono in Italia, riuscire a comprarsi una casa ed avere un lavoro stabile prima dei trent’anni è equiparabile ad un miracolo. Ma a quanto pare al governo italiano ciò che interessa, più che garantirgli condizioni di vita migliori, è di evitare che organizzino una festa a base di musica e droga in un edificio abbandonato.


di Luca Crisci