L’inadeguatezza di una certa politica

Il livello del dibattito politico, così basico e mediocre, preoccupa almeno quanto il caro bollette. Se la visione del Paese è quella che vediamo in Parlamento, c’è da non dormire sonni tranquilli. L’unico dubbio è se il basso livello derivi da una scarsa capacità delle forze in campo o se sia un artificio dialettico finalizzato al consenso low cost sul modello “piazzetta italietta” della tv commerciale. Nel primo caso lo scenario sarebbe veramente desolante, mentre nel secondo si tratterebbe di un fenomeno solamente deprimente.

A ben vedere però, sulla scorta dei temi trattati, ormai la politica dice ciò che pensa che la gente possa capire: argomenti a bassa intensità e per giunta pre-masticati, così che l’uomo della strada non debba impegnarsi troppo in uno sforzo di elaborazione e comprensione. Nonostante il pericolo fascista non sia tra le cose possibili, la “signora Maria” non avrà difficoltà ad entrare nel dibattito ricordando i racconti di “nonna Amalia”, non faticherà a cantare “Bella ciao” piuttosto che a immedesimarsi nella finta fobia fascista in assenza di fascisti. L’argomento è suggestivo, quasi sexy. Peccato che altre nazioni europee più serie abbiano superato il trauma della Guerra mondiale e guardino avanti.

Sui migranti stessa storia: è molto giggione l’atteggiamento di chi vuole “restare umano” e sale sulle navi delle Ong a fare passerella, omettendo di sollevare una serie di implicazioni geopolitiche, culturali, economiche. Pensano che l’uomo qualunque si immedesimi nel personaggio famoso e benestante che sale sul “taxi del mare”, tracciando così il solco tra i buoni e i cattivi. Il fatto che queste imbarcazioni facciano con insistenza sempre e solo la stessa rotta, che abbiano risorse e uffici legali per forzare la mano ed esigere con prepotenza gli sbarchi, il fatto che l’Europa se ne fotta come se dovessimo “restare umani” solo noi, tutte queste cose non le considerano riflessioni alla portata della plebe.

Si tratta di scelte di comunicazione politica che tradiscono una semplificazione tanto pericolosa quanto inutile, come ad esempio quella di risolvere il problema energetico con le fonti rinnovabili: l’immagine dei fiori nelle canne fumarie delle centrali a carbone e dell’energia green che esce come per magia catturando il sole, è poetica, quasi suggestiva. Scivola tra le “varie ed eventuali” qualsiasi discussioni sulle materie prime necessarie alla realizzazione di impianti green (monopolio cinese) e sul fatto che una transizione necessiti di tempi tecnici molto lunghi cui far fronte con altre forme tradizionali di approvvigionamento. Se il ragionamento non fosse sensato, non si capirebbe per quale motivo le potenze industriali occidentali puntino oggi sul nucleare e, solo a tendere, sulle pale eoliche. L’alternativa è aspettare che il solare decolli e trovi nel frattempo la desertificazione industriale e un “colosso energeticamente sporco” come la Cina a farla da padrone.

Le recenti elezioni, forse, non hanno insegnato nulla. Spiace doverlo sottolineare ma la scorciatoia dei cinepanettoni e delle piazzate di paese non funziona più: da almeno trent’anni c’è una politica che cerca di bollare l’avversario con il marchio dell’inadeguatezza, dell’impresentabilità. Nulla dice sulla propria adeguatezza e presentabilità.

Aggiornato il 09 novembre 2022 alle ore 11:11