Soumahoro, il Pd e i rimasugli della sinistra

lunedì 28 novembre 2022


Parlare di Aboubakar Soumahoro è ormai come picchiare un bambino seduto sul vaso: la sua colpa non è solo quella eventualmente legata alle indagini, ma soprattutto non avere capito che il Politicamente corretto è finito. Ed è chiaro che sul vasino ci sono tutti, il Pd e i rimasugli della sinistra, convinti di poter continuare ad abusare della pigrizia mentale di chi continuava ad accettare le parole-simbolo, parole sacre, intoccabili, frasi che consacravano leader robotici quelli che le pronunciavano in automatico: in confronto il birignao novecentesco era un linguaggio sboccato.

Gli italiani hanno decretato la fine dei diktat, che hanno radici profonde: in Emilia, ad esempio, fin dal Dopoguerra, la parola Russia era proibita, qualcuno dell’apparato avrebbe immediatamente corretto in Unione Sovietica. Negli ultimi decenni fra le intoccabili c’erano “nero” (impronunciabile in spagnolo) “donna” (Giorgia Meloni esclusa) “migrante”: parole degnissime di rispetto, la cui magia sembra però essere sfumata, perché finalmente si è deciso di contestualizzarle. Il rispetto, appunto. Quello per la donna è un dovere di tutti, e non certo lo deve insegnare la sinistra-maestrina. Sui migranti si è iniziato a ragionare: cuore e solidarietà, ma vorremmo sapere chi sono, chi li porta da noi e soprattutto perché alcuni e non altri, e poi, dobbiamo accogliere tutta l’Africa perché siamo i più vicini?

Come sempre la Finta sinistra capalbiese si schiera con chi aggredisce l’Italia, anche perché qualcuno, quando avrà smesso di fare danni in patria, dovrà tornare a Parigi, non a Bétroulilié. Dove assomigliano a Soumahoro, ma non hanno i suoi soldi, né le sue pretese di fare scena catturando le telecamere con un paio di stivali che lo trasformano in personaggio, ma che (finalmente) non lo rendono immune da ogni inchiesta, come lui credeva nella sua impenitenza. Chi, dunque, di parola-chiave ferisce, di parola-chiave perisce. E quel debutto ora appare solo un modo sprezzante di giocare d’anticipo, all’inizio della legislatura, ergendosi al di sopra dei colleghi che si allacciano normalmente le scarpe, per poi piagnucolare mostrando come al peggio non ci sia limite. Giorgia ringrazia, crollano le certezze, tutto l’apparato si rivela una dismessa baracca di cartone. Simile a quelle dove vivevano gli ingenui, non certo i cooperanti con se stessi, come Aboubakar.


di Gian Stefano Spoto