La tecnica e le migrazioni: fortezza Europa

Quanto è fondato il sogno-incubo di Renaud Camus in Le grand remplacement del 2011? In quel saggio, in pratica, si denuncia il rischio di sostituzione etnica dell’Europa e dell’Occidente per effetto delle grandi migrazioni, in cui continenti sovrappopolati, come l’Africa e le Americhe Latine, si svuotano dei loro immensi numeri di popolazione in eccesso (il processo dura, ovviamente, alcuni decenni) e altri, come Europa e America del Nord, i continenti del benessere e del progresso tecnologico, spopolati al loro interno per la caduta verticale della natalità “White”, si congestionano aumentando così notevolmente la densità abitativa dei loro territori. Obiettivamente, occorre dire che, fisicamente, misurando in chilometri quadrati, alla domanda “quante volte un Paese come l’Italia (idem per l’Europa) sta all’Africa?”, o al resto del mondo, facendo la somma per aree dei Paesi meno sviluppati esportatori netti di migranti, non c’è che una risposta: impossibile poter solo pensare di ospitarne anche una minima parte.

Questo per il mero calcolo degli spazi fisici. Quello, ancora più problematico, che riguarda la tolleranza sociale, la miscela esplosiva delle differenze incolmabili, etniche, religiose e tecnologiche, porterebbe a conflitti estremamente violenti e a Pogrom a ripetizione, che renderebbero altamente instabili tutte le regioni progredite dell’Occidente, a causa della raggiunta, elevata densità di popolazione allogena, pari a una frazione molto importante di quella autoctona. E questo è proprio lo scenario avverso e del tutto complementare a quello “politically correct” disegnato da Angelo Panebianco, nel suo editoriale del 20 marzo “Migranti e l’Europa più unita”, pubblicato dal Corriere della Sera, la cui tesi si sintetizza come segue.

Punto primo. Le migrazioni incontrollate e di massa provocheranno la fine degli Stati nazionali europei (i quali, come tutte le creazioni umane, sono destinate a finire) a favore di quelli multietnici. Nei prossimi vent’anni l’Africa potrebbe raggiungere circa due miliardi e mezzo di anime, mettendo in movimento parecchie centinaia di milioni di migranti economici. Se anche una frazione di questi ultimi dovesse riuscire, ad esempio, a insediarsi nella Ue, ne uscirebbero letteralmente sconvolti gli attuali equilibri politici, etnici e religiosi. In tre generazioni, le nuove leadership per così dire “meticciate” prenderebbero il potere esautorando quello “White” di europei e occidentali, che si sono condannati all’auto-estinzione per eccessivo difetto di natalità. L’omogeneità culturale (delle “comuni radici cristiane”, in particolare) europea lascerà così il passo a una miscela ben più eterogenea, con prevedibili conflitti più o meno aperti tra diverse etnie e culture religiose.

Punto secondo. Poiché il passaggio alla multietnicità non è gestibile dagli attuali Stati nazionali, si verrà a creare l’esigenza di un governo unico europeo, rafforzando così l’unità della Ue, oggi frammentata a causa del peso preponderante degli Stati nazionali. Ma ad oggi, si degna di riconoscere Panebianco, ignoriamo se una democrazia continentale europea potrebbe mai funzionare, vista la deludente prova data dal Parlamento europeo!

Questo, per quanto riguarda la tesi del professore. Ora, tornando al Secolo dei lumi, ormai dimenticato, il cui ultimo nato (che è poi l’ideologia dominante e tirannica del “politically correct”), rappresenta una vera e propria mostruosità ideologica arrivando a negare la libertà di espressione, la domanda è: come si può ragionevolmente confutare, diciamo così, il modello Panebianco? Tenuto conto che quest’ultimo, in un certo senso, fa da complemento allo scenario disegnato da Michel Houellebecq nel suo lungimirante e inquietante romanzo del 2015 Soumission? C’è da dire, in primo luogo, che Panebianco appare ignorare la fondamentale discriminante della Tecnologia che separa Occidente e Asia da tutto il resto del mondo. Per quale oscura ragione (si direbbe per mero servilismo ideologico nei confronti della dittatura del politicamente corretto) non si riflette sul fatto che un continente ricchissimo come l’Africa non ha mai fatto nemmeno minimamente la sua “Rivoluzione tecnologica” in più di sessanta anni dall’indipendenza e dalla sconfitta generalizzata del colonialismo? E perché la Cina, altrettanto depressa e in condizioni di sviluppo drammatiche negli anni Cinquanta (soprattutto per la condizione della sua popolazione contadina), essendo dotata di insufficienti terre fertili e quasi del tutto priva di materie prime (di cui invece l’Africa e le Americhe Latine sono superdotate!) ha realizzato in soli trent’anni un incredibile balzo in avanti, che la vede giganteggiare per benessere e sviluppo tecnologico accanto a Usa ed Europa?

Perché in Asia (Cina, Giappone, Indocina, e così via) la tecnologia e il modello capitalistico (più o meno “di Stato”) ha messo radici in profondità, nella cultura, nella formazione scolastica e universitaria, nella ricerca e negli apparati produttivi? E perché l’America Latina, se possibile ben più ricca dell’Africa, ha seguito lo stesso destino di quest’ultima per arretratezza tecnologica? Fuori dall’idiozia del politically correct, dettano “oggettivamente” legge le statistiche che valutano i brevetti innovativi e il know-how prodotto in questi due continenti perennemente in “via di sviluppo”, rei di non aver dato sostanzialmente alcun contributo allo sviluppo del benessere dell’umanità, tant’è vero che l’America Latina è definito il “continente ella droga”! Così come accade parimenti per il mondo mediorientale e arabo. Invece di sperticarsi in peana sul multiculturalismo e sui crogiuoli multietnici, perché non si mette a fuoco il vero incolmabile discrimine tra la tecnologia e le culture che, non solo ne sono fuori da secoli, ma apertamente l’avversano come le società musulmane, in quanto la ritengono “farina del diavolo”? Per di più, come faranno ideologie politiche religiose come l’Islam a riciclarsi in “democratiche” per governare un giorno un’Europa unita (sulla base di che cosa, poi)? In particolare: di quanto arretrerà la società occidentale una volta che le leadership “meticciate” antimoderne saranno al suo comando?

Altro punto di contestazione molto più concreto del precedente: nel caso di ondate successive di milioni di migranti economici dall’Africa, dal lontano e vicino Oriente, nonché da tutte le regioni sottosviluppate del mondo, quanto occorrerà all’Europa “White” per organizzare la sua impenetrabile “Fortress”, con molti Paesi europei che instaureranno a loro volta al proprio interno regimi autocratici? Dopo di che, quanto ci vorrà perché si muovano le cannoniere, dopo aver sospeso o cancellato l’attuale, folle Convenzione di Ginevra sui rifugiati, per rispedire indietro via mare migliaia di barconi? Domani, in una simile situazione di emergenza, potrà la Nato evitare una “operazione speciale” (questa sì del tutto fondata e veritiera!) per smantellare tutte le basi nordafricane e magrebine dei trafficanti, comprese le milizie armate e i warlord che hanno il controllo di quelle aree?

Ulteriore elemento che appare del tutto estraneo alle conclusioni di Panebianco: quale superorganizzazione interstatuale governerà per allora il mondo? Non è, per caso, venuta l’ora di ripensare a fondo e radicalmente il ruolo dell’Onu e i suoi meccanismi super inceppati di funzionamento e di decisione? Se ne citano due, in particolare, per mettere adeguatamente a fuoco il problema. In primo luogo, il profondo, intollerabile disfunzionamento del Consiglio di sicurezza, in cui ha diritto di veto ciascuno dei Paesi che lo compongono per statuto. Oggi è la Russia che ne abusa con l’invasione (metaforicamente definita “Operazione speciale” dal suo esecrato autocrate “rapitore di bambini”, secondo la Corte internazionale dell’Aia) di un Paese sovrano come l’Ucraina. Ieri fu la volta degli Usa con le sue guerre in Iraq e Afghanistan, miseramente naufragate in guerre civili e in milioni di vittime.

L’incapacità e la collusione della stessa Onu con i peggiori regimi dispotici africani e amerindi, loro sì i veri responsabili con le loro leadership corrotte, criminali e genocidarie in qualche caso, della riduzione di molte centinaia di milioni di persone in schiavi della povertà, della fame, della sete e delle carestie, per dissennata, inconsistente e criminale disamministrazione dei territori da loro stessi “autonomamente e sovranamente” governati. Non per nulla (si dovrebbe fare molta attenzione a dichiarazioni come queste) la Cina difende a spada tratta, nella sua ideologia del capitalismo di Stato a guida del Partito comunista, l’integrità territoriale dei Paesi riconosciuti dall’Onu, e ne vieta in merito qualsiasi intromissione esterna nella condotta dei loro responsabili politici e dei sistemi sociali (non importa quanto illiberali, antidemocratici e tirannici essi siano!) che sono in via di definizione o definiti. Quindi, i dirigenti Onu continuano a stringere mani e srotolare tappeti rossi di benvenuto a dittatori e autocrati sanguinari, i cui clan nazionali stretti intorno alla leadership dell’uomo forte si accaparrano le immense ricchezze del suolo e del sottosuolo dei loro popoli.

Occorre chiedersi: perché a simili criminali politici internazionali non si applicano le stesse sanzioni decise per gli oligarchi russi pro-Putin? Perché non si congelano in conti bloccati tutte le loro entrate per la vendita all’estero di materie prime, sbloccandole nel caso di restituita libertà di voto e di libera scelta politica dei loro popoli? La desertificazione è, soprattutto, colpa di chi, senza ridistribuirne i profitti, vende alla Cina (e se li fa espropriare successivamente per insolvenza, avendo sottoscritto contratti capestro!) i beni del proprio popolo! Le cui entrate nazionali invece potrebbero essere reimpiegate per fare come Israele: dissalare e trasportare l’acqua del mare, costruendo condotte simili o superiori, per portata e lunghezza, a quelle delle pipeline che servono a trasportare gas e petrolio, molto meno preziosi dell’acqua potabile, assolutamente necessaria e indispensabile per la vita umana! Beati i professori che possono pontificare dai loro scranni universitari, senza mai pesare sul piatto giusto della bilancia il dolore immenso dei popoli che loro trattano come materia astratta!

Aggiornato il 24 marzo 2023 alle ore 09:39