“Health warnings: la filiera del vino sotto attacco”

Istituzioni, giornalisti, medici, creativi, comunicatori, avvocati esperti di diritto d’autore e produttori di vino si sono incontrati ieri mattina a Roma, presso Palazzo Theodoli-Bianchelli, per l’evento “Health warnings: la filiera del vino sotto attacco”, organizzato dal vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (Lega) e dall’onorevole Andrea Di Giuseppe (FdI), in collaborazione con il magazine Oscarwine.

L’incontro, moderato dalla giornalista Mariapia Ebreo di Fortune Italia, ha affrontato da un punto di vista inedito la questione degli avvisi sanitari che l’Irlanda ha ottenuto di poter mettere sulle etichette di vino, birra e alcolici venduti all’interno dei propri confini, considerando non solo l’aspetto medico ma anche le possibili conseguenze legali nell’ambito del diritto d’autore, gli eventuali danni economici e d’immagine per le cantine, le ricadute negative su tutti quei professionisti che si occupano di creatività e brand identity e, non ultimi, su chi stampa le etichette.

“Quello che l’Irlanda sta realizzando, con la complicità silenziosa della Commissione europea – ha commentato il senatore Gian Marco Centinaio, responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega – è un attacco commerciale vero e proprio, mascherato dal nobile intento di tutelare la salute. È un tentativo irresponsabile, che colpisce non solo il settore vitivinicolo ma anche tutto l’indotto che lo circonda. Soprattutto, non tiene conto né del grado alcolico dei prodotti (il vino non può essere paragonato ai superalcolici consumati maggiormente in Nord Europa), né delle quantità assunte. Le Istituzioni italiane, senza distinzione di colore politico, stanno reagendo compatte, trovando validi alleati in altri Paesi europei. L’obiettivo è impedire che si apra uno spiraglio, che possa portare poi l’intera Europa ad adottare provvedimenti simili”.

“Finora, la questione degli health warnings irlandesi è stata affrontata e contestata – ha spiegato l’onorevole Andrea Di Giuseppe – quasi esclusivamente dal punto di vista della salute. Oggi, abbiamo allargato il discorso ad altri settori, ai protagonisti del mondo del vino che non hanno ancora detto la loro sull’argomento. C’è un’intera filiera da tutelare che comprende i produttori e tante altre professionalità; la politica italiana difenderà uno dei suoi prodotti di punta e farà di tutto per evitarne la demonizzazione”.

Livio Buffo, Ceo di Cenacoli e fondatore di Oscarwine ha evidenziato l’errore di comunicazione nella ‘campagna irlandese: “Chi consuma vino, continuerà a farlo. Il precedente dei pacchetti di sigarette ha dimostrato che questo tipo di comunicazione è fallimentare e che, invece, servono politiche per insegnare il consumo consapevole, specialmente in quei Paesi dove ci sono problemi di alcolismo. Il proibizionismo americano, la legge asciutta russa e altri casi ci insegnano che i divieti non portano risultati: bisogna puntare sulla cultura e sull’educazione dei giovani”.

Pasquale Diaferia, creative chairman di Special Team, ha puntato i riflettori sul tema Brand identity e vino: “Intervenire sulle etichette degli alcolici significa danneggiare una politica di marca che i produttori, quelli piccoli come i grandi, hanno affidato allo strumento di comunicazione e branding più usato e storicamente efficiente in termini estetici, retorici e di marketing. Significa togliere libertà alle marche in un libero mercato. Significa, peraltro, danneggiare i brand senza dare un’informazione efficace ai consumatori, soprattutto quelli con dipendenze: lo dimostra l’analoga iniziativa sul mondo del fumo”.

Sul tema medico è intervenuto il professor Giacomo Mangiaracina, presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione: “La scienza della prevenzione deve armonizzarsi con la scienza della promozione, per parlare un linguaggio onesto e condiviso proteso alla ‘risk reduction’. Bisogna uscire da inutili polemiche e smettere di nutrire atteggiamenti screditanti nei confronti della ricerca scientifica. È ora di sedersi attorno a un tavolo per un confronto tecnico che non sia dogmatico o viziato da pregiudiziali”.

Un’altra tutela, invece, è quella del diritto d’autore, discussa dall’avvocato Francesca Boschiero dello Studio F-Legal: “Credo che il tema della proprietà intellettuale nel settore vitivinicolo sia particolarmente interessante e ancora poco esplorato, soprattutto se applicato a contesti che implichino la necessità del bilanciamento di interessi rilevanti, come quello della salute e della tutela del diritto industriale”.

A rappresentare i produttori era presente Lorenzo Cesconi, presidente della Fivi-Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti: “Noi vignaioli non sottovalutiamo e non sottovaluteremo mai la necessità di riflettere con attenzione sul complesso intreccio tra alcol e salute. Proprio per questo motivo crediamo che le avvertenze sanitarie in etichetta, così come proposte dal governo irlandese, non siano la risposta giusta, perché sono semplicistiche e inefficaci. Gli obiettivi di salute pubblica sono condivisibili, ma le soluzioni non possono passare da queste proposte. I vini dei vignaioli sono per definizione orientati a essere consumati in modo moderato e consapevole: dietro ogni bottiglia c’è un territorio curato e mantenuto – e quanto sia importante lo capiamo in questi giorni – dentro ogni bottiglia ci sono secoli di cultura materiale e immateriale. Altre bevande alcoliche, al contrario, sono realizzate per il semplice obiettivo dell’ebrezza, facile e a basso costo. Purtroppo, sono quelle il cui consumo è più facilitato e incentivato. Allora lo diciamo chiaramente: partiamo da qui, risolviamo questo paradosso, e raggiungeremo più facilmente gli obiettivi di promozione della salute, da un lato, e di conservazione del paesaggio storico e di tutela del territorio dall’altro, valorizzando una cultura millenaria”.

Pietro Monti, vignaiolo nelle Langhe, titolare della azienda agricola Roccasanta e consigliere Fivi, ha ricordato la sua battaglia e i suoi progetti per lo sviluppo di etichette per non vedenti: “L’esempio delle etichette in braille e con Qr Code è indice di una maggiore inclusività. E inclusività non è anche rendere il consumatore più consapevole tramite un’etichettatura chiara e non allarmistica? È questa la domanda che dobbiamo porre”.

Aggiornato il 24 maggio 2023 alle ore 13:23