Governo e Corte dei conti: una sfida inutile, suicida e atemporale

Lo scontro sorto in merito al sistema dei controlli esercitato dalla Corte dei conti, specie quello preventivo, è stato oggetto di critiche da parte del Governo per la dilatazione dei tempi del controllo incompatibili con la necessità di rendere le procedure snelle, rapide e allo stesso tempo efficaci ed efficienti. Il rischio connesso all’allungamento dei tempi dei controlli formali può incidere sulle possibilità di ricorrere alle erogazioni dei fondi del Pnrr ma, ancora di più – gravemente dimenticato dalle parti – di incidere sulla dinamica di un debito che rischia, questo sì, di andare fuori controllo. Oggi, in un mondo rapidamente mutevole, la strumentazione contabile di misurazione e controllo deve essere adeguata alla flessibilità, altrimenti diventa un ostacolo all’attività progettuale e produttiva.

I cambiamenti nelle regole infinite della burocrazia dei controlli sono da anni sotto la critica di una loro evidente inadeguatezza rispetto alle esigenze di una dinamica ambientale imprevedibile che, proprio per questo, richiederebbe di spostare l’attenzione sui preventivi, monitorando puntualmente e sinteticamente il loro grado di realizzazione, ridefinendo gli obiettivi se necessario.

La contabilità pubblica, da tempo, non risponde più alle esigenze di corretta misurazione dei risultati e non è nemmeno in grado di abbinare i risultati con le correlate responsabilità; in questo senso, vengono meno i principi di accountability che sono alla base di una responsabile rendicontazione.

La Corte dei conti è un organo di controllo di natura giuridica. Focalizza la sua attenzione sugli aspetti di controllo formali che ne diventano sostanza, ma così si perde in un contesto normativo che è fine a se stesso, spesso avulso dalla realtà che deve misurare senza entrare nel merito delle deviazioni tra costi e risultati, per reinterpretarli e correggerli. L’attenzione è spesso posta solo sui tetti di spesa, che sono solo la rappresentazione degli input, ma è scollegata dai correlati output con cui si dovrebbe confrontare per capire l’andamento dei processi di produzione delle attività. In questo senso, è l’opposto del controllo manageriale, che mira a un confronto costante input-output per reindirizzare gli eventuali scostamenti.

Un altro aspetto dominante è l’invasività della giurisprudenza nel sistema dei controlli, che ne esaspera la complicata soffocante normativa. Ogni volta che si presenta un problema la soluzione diventa sempre la stessa: inasprire la norma, creare un nuovo organo di controllo che, però, non si interfaccia con gli altri. O, infine, creare un nuovo dettame: abbiamo superato le 200mila norme contro le 6mila della Francia o le 7mila della Germania. Un mostro giuridico che frena qualsiasi azione di reindirizzo, perché la forma diventa sostanza.

L’altro deteriore aspetto è l’approccio deterministico alla realtà economica, che ha natura sociale e non può essere investigata con un approccio tale come si può fare nelle scienze positive, ma solo con una visione probabilistica, tipica delle scienze sociali, dove la razionalità assoluta si scontra con la realtà probabilistica. Troppo spesso questa visione rende inattendibili le stime e le relazioni che vengono fatte sui casi investigati. Talora la valutazione di un bilancio di un comune complesso viene fatto solo su alcune voci, che spesso non sono rappresentative della realtà indagata e manca completamente la visione e l’analisi dei processi produttivi. E spesso gli indicatori di risultato sono un’offesa al buon senso.

Oggi si pone il problema, come centrale, delle analisi previsionali esattamente nel periodo storico i cui queste hanno la precedenza assoluta, perché abbiamo una visione del futuro che non supera i pochi mesi che ci troviamo davanti. La crisi della finanza che possiamo notare è manifesta nei prodotti tossici che ci hanno avvelenato, non è quasi mai stata toccata da un’analisi approfondita e competente dei fatti, lasciando impuniti troppi reati finanziari giustificando così il “moral hazard”. La previsionalità è fondamentale e va supportata con strumenti di analisi contabile che derivano dall’economia aziendale e che sono quasi sconosciuti alla magistratura contabile. Come parlare di controllo preventivo della gestione, avviare sistemi di internal audit e di risk management è necessario per provare a tenere sotto controllo una spesa che scivola via nell’intricato bosco di norme troppo spesso inutili. Per ogni nuova norma ne andrebbero cancellate dieci. E allora, forse, si potrebbe portare l’efficienza troppo spessa conclamata ma quasi mai raggiunta nelle analisi.

Il problema, in definitiva, non sono le analisi preliminari che devono essere chiare, perseguibili e flessibili ai possibili cambiamenti, ma i sistemi di misurazione e controllo delle previsioni che vanno continuamente monitorate, per verificare che oggi sono inadeguate e rendono eterne le procedure di analisi, le quali rischiano di diventare inutili perché troppo in ritardo.

Ha fatto bene il Governo a dare evidenza alla tempistica inadeguata delle analisi preventive, ma il vero problema è andare oltre e affrontare una profonda revisione dei sistemi di controllo, inadeguati oggi alla necessità del Paese non solo per il Pnrr, ma per cominciare a fare una seria spending review sulla spesa pubblica prima che vada fuori controllo. Non si risolvono i problemi con gli stessi mezzi culturali che li hanno creati.

(*) Professore emerito dell’Università Luigi Bocconi

Aggiornato il 07 giugno 2023 alle ore 11:33