Impigliati nella Rete

Un aforisma, un commento - “Tablet, cellulari e Internet aprono la porta su un mondo parallelo in cui molti giovani vivono quotidianamente una specie di vita alternativa, eccitante e fantastica, che li assorbe completamente. Quando spengono il device, subentrano però disillusione e frustrazione. È la realtà che presenta il conto”.

Anni fa, durante l’Information Day organizzato da Jader Jacobelli a Saint Vincent, uno psichiatra, parlando di dipendenza da Internet – allora solo agli inizi, in Italia - ci riferì di un suo giovane paziente il quale, quando non poteva connettersi, era preda di agitazione e ansia dovute al fatto di non sapere cosa “stava succedendo nella rete”.

Ciò che più mi aveva colpito era quel “succedendo”: che tipo di accadimenti avvengono in Internet? Se uno sente rumori e schiamazzi in strada, apre la finestra per vedere cosa sta succedendo. In Internet, come si dice, gli eventi sono meramente virtuali poiché tutto, dai concetti alle immagini, si fonda sull’informazione e non sulla concretezza delle cose e degli accadimenti. Il fatto è che il mondo di Internet ha una sua propria realtà o addirittura, con qualche esagerazione, una sua iperrealtà, come ha scritto Jean Baudrillard. Se così non fosse, milioni di giovani non si lascerebbero catturare dalla Rete. Al fondo ci sono infatti le motivazioni che da sempre caratterizzano l’età giovanile: il desiderio di andare oltre le noiose e ripetitive cose quotidiane, il bisogno di espandere il proprio ego, l’attrazione per l’incantesimo – cosa, quest’ultima, che emerge già nel fascino sprigionato dalle favole infantili e che poi, purtroppo, talvolta sfocia per varie cause in ben peggiori ricerche di esperienze “stupefacenti”. Se a tutto questo si aggiunge la possibilità di esprimere liberamente, senza regole, le proprie pulsioni e i propri pensieri, il gioco è fatto e il mondo parallelo di Internet si presenta come l’unico mondo degno di essere vissuto.

Ma le parallele, si sa, non si incontrano, in qualche modo, se non all’infinito e dunque, nella breve stagione giovanile lo iato rimane forte e crea problemi.

Uno di questi è sicuramente il lavoro. Forse non è per caso che, secondo una ricerca del Censis, il 66,2 per cento dei giovani vive la difficoltà a trovare lavoro come la “fine di un sogno”. Naturalmente le situazioni personali sono molto diverse fra loro, ma per una quota di giovani che, a mio parere, non è affatto irrilevante, il “sogno” che finisce ha una stretta relazione con le attese che il mondo parallelo di cui sto parlando crea nella mente di molti. Anche senza esagerare, senza la prova di dati precisi, è però accertato che molti giovani rifiutano, e non cercano, lavori che implichino mansioni fisiche, nelle aziende industriali come nelle attività artigianali o agricole. Alla normale tendenza verso la mobilità verticale, che si concretizza nella propensione a passare da occupazioni col colletto blu ad occupazioni con il colletto bianco, oggi si aggiunge sicuramente la proiezione del proprio io in un mondo in cui, come in Internet, tutto si svolga attraverso la manipolazione semplice, immediata, e fisicamente poco costosa, di simboli e icone, brevi testi e molte immagini, suoni e rapide connessioni. Insomma, una nuova versione, più povera ma più accattivante, dell’intellettualizzazione delle professioni. Ma si tratta solo di una tremenda illusione perché, chiusi nel proprio guscio costituito dai blog di moda o dai propri ambienti fatti di siti e portali senza volto, molti giovani perdono di vista i fenomeni sociali ed economici reali, per non parlare di quelli tecnici e scientifici. Quando il sogno finisce, in altre parole, interviene stupore e poi frustrazione poiché l’autostima, che nel mondo virtuale percepivano come garantita dal successo delle proprie relazioni con quel mondo, si dissolve come neve al sole di fronte alle reali opportunità di occupazione, spesso ben diverse dalla leggiadra capacità di stare davanti ad una tastiera o di scorrere soavemente il dito su un monitor.

Siamo di fronte a un fenomeno di psicologia sociale che andrebbe studiato meglio di quanto non sia ora. Un fenomeno che, guarda caso, riguarda anche, e doppiamente, molti giovani immigrati i quali, abili e intensi utenti del mondo parallelo, lasciano il loro Paese nella convinzione che ciò che appare nel display del proprio cellulare sia l’immagine di un insieme illimitato di opportunità. Ma la realtà non fa sconti.

Aggiornato il 03 agosto 2017 alle ore 20:27