Cancrini: “Con Anac e codice appalti è ora di dire basta”

venerdì 23 febbraio 2018


Arturo Cancrini, avvocato che rappresenta gli interessi di moltissimi costruttori italiani spiega le proprie proposte per superare una situazione che da tempo sta penalizzando tutto il mondo delle opere pubbliche e delle stesse amministrazioni locali e statali con un coacervo di regole e adempimenti burocratici che di fatto stanno paralizzando il settore. “E tutto con il paradosso di voler fare questa lotta alla corruzione ma in realtà favorendola”.

Come mai avvocato?

È la solita storia dell’eterogenesi dei fini. Invece di recepire sic et simpliciter le normative europee sugli appalti del 2014, il Parlamento italiano ci ha messo mano malamente  parole a suo tempo fatte proprie anche dallo stesso deus ex machina dell’Anac, l’ex magistrato anti camorra Raffaele Cantone, ndr – ed è nato un groviglio di adempimenti nonché di deleghe ancora da scrivere che hanno penalizzato gli appalti pubblici e la stessa Pubblica amministrazione di modo che nessuno sa più che fare.

Perché dice che “paradossalmente” si è favorita la corruzione che si diceva di dover combattere?

Perché chi era corrotto prima ha continuato a esserlo sguazzando nell’immobilismo e alzando solo il prezzo della propria infedeltà di dipendente pubblico, mentre chi era onesto, per paura di fare qualcosa di sbagliato, semplicemente non fa più nulla.

Il candidato del centrodestra alla Regione Lazio, Stefano Parisi, sostiene che in realtà anche la stessa Anac di Cantone – così come è  non funzionerebbe e anzi andrebbe addirittura abolita. Lei è d’accordo?

Non vedo come dargli torto, l’Anac, al secolo Autorità nazionale anticorruzione, nasce sulle ceneri dell’Avcp, cioè l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici per lavori servizi e forniture, inglobandone le competenze e ampliandole con questo monitoraggio anticorruzione che ha finito per darle il nome. Come si sa però la struttura, che stava per essere smantellata dopo le vicissitudini giudiziarie di chi la presiedeva prima di Cantone, non è cambiata... gli uomini sono sempre gli stessi, poco più che dei burocrati, cui adesso è stato dato anche il compito di scrivere i decreti attuativi, complicatissimi, del codice degli appalti totale dopo più di un anno e mezzo dal recepimento della direttiva europea. Tutto è drammaticamente, anzi tragicamente, fermo. Inoltre l’Anac ha in sé anche potenziali conflitti di interessi dovendo anche vigilare e controllare sull’applicazione di norme che concorre a scrivere, anzi a non scrivere. Un caos che la metà basta.

Quale sarebbe la proposta concreta del movimento “Ora basta” che lei presiede e che ha avuto modo di essere apprezzato in tutta Italia con dibattiti e convegni?

Visto che ormai la frittata è fatta e le direttive europee vanno comunque applicate, e dato che purtroppo non è stato possibile recepirla in automatico come regolamento comunitario (come succede a tutte le direttive europee che non si fa a tempo a convertire in leggi italiane) tanto varrebbe buttare via il codice degli appalti e sostituirlo con la mera traduzione in italiano delle direttive del 2014.

E l’Anac?

Beh, potrebbe rimanere con altri compiti e anche con un altro nome. Non è possibile che in tutto il mondo ma solo in Italia un’Authority che dovrebbe vigilare sulla correttezza degli appalti pubblici venga chiamata “Autorità nazionale anticorruzione”. Equivale a dire che in Italia l’appalto pubblico è sinonimo di malaffare, o di reati come corruzione e concussione; è un danno di immagine pressoché incalcolabile.


di Dimitri Buffa