Dai golpe immaginari a quello giudiziario

Stavo rimuginando i miei pensieri poco allegri sugli ultimi avvenimenti (quelli di cui meno e per niente si parla) quando l’altra sera, giocherellando con il telecomando, sono incappato in un servizio televisivo sul rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Fatto non privo di attualità, perché quello fu il massimo episodio, cui seguì la recessione del fenomeno, del terrorismo. Residuato tossico (spaventosamente tossico) di una Sinistra sulla via del disfacimento che sta arrivando in questi giorni alla conclusione.

Ma quella rievocazione era improntata ad uno dei più assurdi, ancor più, forse della stessa violenza e della stupidità dell’assassinio, criteri interpretativi (si fa per dire) di quella tristissima, feroce e stupida pagina della nostra storia. Del resto sull’assassinio di Moro si rincorrono e si accavallano ancora le “inchieste”, alla ricerca di una “verità” che appaghi l’inesauribile sete di mistero e di falso. La verità “alternativa” alla verità vera, evidente. Cioè la falsificazione di cui si è servita una generazione della Sinistra stessa che aveva generato quel crimine.

Anche il “caso Moro”, infatti, si pretese dovesse interpretarsi in chiave di un’assurda dietrologia. “Lo rapirono e lo assassinarono quelli delle Brigate Rosse sì, ma ben altro c’era dietro”. La dietrologia gaglioffa e arrogante che anche di questa epocale impresa della stolta e dilettantesca ferocia di una certa Sinistra intende ancora oggi, magari parlando e scrivendo a mezza bocca, fare un episodio del “golpe”, sempre incombente sulla Prima Repubblica. In altre parole: Moro lo rapirono e lo uccisero dei terroristi rossi, ma l’operazione fu compiuta, consciamente o inconsciamente per conto terzi. Mandanti: la Cia, l’Fbi, i Servizi segreti, naturalmente deviati, magari con un po’ di mediazione massonica e con la collaborazione tecnica della mafia. Perché? Ma perché Moro voleva l’apertura a Sinistra, abbattere il veto al Partito Comunista di governare, il compromesso storico ecc.. Tesi di una stupidità esemplare. Che gli Usa possano aver concepito antipatie per le tortuose ambiguità di Moro, mentre erano tuttavia impegnati a fondo in una Guerra fredda sempre sull’orlo di catastrofici sviluppi è probabile. Ma che intendessero aprire addirittura un fronte italiano, far saltare il sistema politico di un Paese rimasto sempre al loro fianco, per paura, nientemeno, delle “convergenze parallele” è demenziale.

Eppure è dietrologia corrente che fa parte del patrimonio di spazzatura che la Sinistra ha accumulato e di cui non sarà mai capace di liberarsi. Né il “golpismo” che avrebbe fatto da sfondo e da vera causale dell’omicidio Moro era ed è una sciocchezza isolata. Si può dire invece che si è trattato, col caso Moro, dell’ultimo “golpe” inventato e gettato sul mercato politico di una lunga, monotona e stupida, ma non per questo priva di oggettiva pericolosità e di disastrose conseguenze, serie di “allarme golpe” con il quale la Sinistra Italiana ha fatto la sua parte (dalla parte dell’Urss) nella Guerra fredda.

Fare la storia di tutti i golpe “scoperti”, “sventati”, “rientrati”, tentati, lasciati intravedere, usati per batter moneta e, di conseguenza, sognati, immaginati, auspicati, temuti, è lavoro complesso e noioso. Ma è, in sostanza, fare la storia della Prima Repubblica, o almeno di un’ampia parte di essa. Intenti e progetti golpisti sono stati attribuiti a generali e colonnelli, ai Servizi segreti ed alle Guardie forestali, ai “Gladiatori” con i dolori reumatici, ai carabinieri, ad Agnelli, a Pacciardi, a Sogno, ad antifascisti e fascisti. C’è chi si è inventato che stava per accadere per raccontare alla moglie di doversi assentare per non farsi trovare dai golpisti e andarsene, invece, in vacanza con l’amante.

Velleità golpiste, peraltro molto vaghe e prudenti, circolavano tra i militari dopo l’instaurazione della Repubblica. Un pensiero “dovuto” golpista al Re in esilio. Poi vennero i “golpisti” alla ricerca di credito presso qualche “collega” della Nato. E quelli di “rimbalzo” dalla Grecia o dall’Algeria. Nella più grande varietà del golpismo immaginario, velleitario o, magari, un po’ truffaldino (qualcuno pare ci abbia cavato buoni soldi), timori e speranze hanno finito talvolta per coincidere. Un dato comune: la sostanziale, ridicola sciocchezza.

Poi il golpe c’è stato. Niente carri armati, sciabole e alti o bassi gradi militari. Niente carabinieri, Guardie forestali, Cia, Nato, Fbi. Il golpe lo hanno fatto i magistrati. Che nessuno aveva messo nel mazzo golpista. La Prima Repubblica è caduta a suon di carte bollate, di un po’ di arresti per latrocinii veri o presunti. Tra tutti, il golpe il meno prevedibile e previsto. E rapido, fulmineo, senza crisi di coscienza e resipiscenze. Rapido nell’esplodere. Lungo, interminabile nel sovrastare in seguito la vita politica del Paese. Non è bastato l’episodio golpista di Mani Pulite. Lo stillicidio contro Silvio Berlusconi non è stato meno “golpista”, meno spregiudicato. Non hanno sbarrato i portoni del Parlamento. Ma hanno imposto la loro guardiana komeinista sui parlamentari. Avevano distrutto le forze politiche, dapprima secondo il piano del comunismo internazionale (soppressione del Partito Socialista). Poi dello stesso Pci dei suoi eredi. Hanno fatto sorgere e primeggiare il partito dell’antipolitica, la loro stolta e grottesca tifoseria dei Cinque Stelle.

Oggi i magistrati della Corte dei Conti affermano il loro potere di giudicare la “legittimità” o “illegittimità” delle crisi di governo. Ma non hanno esaurito la fase della “archeologia giudiziaria”. Tra poco, però, vedremo i “provvedimenti cautelari” di “censura” di governi e di risultati elettorali. Questi sono solo appunti, brevi e disordinate considerazioni. Ci sarebbe da scriverne libri. Ma, soprattutto, da prendere le armi per impedire che anche l’ultima pietra tombale sia messa nelle istituzioni di una Repubblica libera e democratica.

Aggiornato il 16 marzo 2018 alle ore 11:10