Non c’è altezza senza base

Le riviste e i telegiornali di tutto il mondo, in particolare occidentali, danno sfogo ai dubbi di opinionisti d’ogni genere che, con viva preoccupazione, pongono al lettore questioni di ogni sorta sul futuro della pace sociale, minata dalla guerra imminente in Siria. Non solo la guerra: il nostro pare un futuro determinato dai conflitti tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, Pd e Pdl, Putin e Trump, prove di forza tra le portaerei di questo o quello schieramento sulle coste siriane. Poi c’è naturalmente il gossip. Il calciatore, il cantante, la soubrette, la ex miss Italia, l’ex fotografo. Storie d’amore improponibili, sospette gravidanze, tradimenti, corna, sotterfugi, ipotesi di ricongiungimento tra famiglie eccellenti. In ognuno dei casi succitati ci troviamo nel bel mezzo di conflitti; che siano storie d’amore, di politica o di guerra, sono tutte storie di conflitti tra potenti. Si illuminano perennemente loro, le altezze, lasciando oscurata la madida base su cui esse poggiano i deretani si Stato, i loro abietti giochi di potere, di sesso, di vittoria dei sommi dirigenti della società, serviti dai loro fedeli sodali, lacchè e corrieri di corte. Tutti gli altri, la moltitudine, la “mondezza” resta oscurata. Essa è chiamata al massimo ad essere spettatrice davanti a uno schermo.

Domenica 15 aprile Papa Francesco è sceso all’inferno. Non è tornato nei bassifondi della sua Buenos Aires. È rimasto a Roma. Eppure, ha veduto uomini e donne dalle schiene ingobbite, curvate dal lavoro. Ha veduto anch’egli i corpi barcollanti, grotteschi, di bambini vestiti con false griffe di marca, comperati coi soldi sudaticci di genitori dai volti emaciati, gli occhi scavati dalle ore di lavoro straordinario in officina, al supermercato, in guardiola, in fabbrica. Scugnizzi coi capelli tagliati tutti allo stesso modo, sfumato ai lati e con la cresta, calciano una palla di gomma, nel quartiere degradato, strillando in un dialetto urbano sconosciuto anche al semiologo. Il ragazzino obeso dalle prominenti occhiaie, vestito con la divisa del calciatore preferito, si atteggia a boss, goffo, tra i banchi della pizzeria della borgata. Un vecchio senza denti guarda la tv con sguardo stanco e barba incolta. Sul tavolino, riempito con quattro bottiglie di birra, ormai vuote, riempie lo stomaco e il tempo. Due ragazzine, truccate pesantemente, vestite allo stesso modo, vanno impettite verso la fermata dell’autobus. Una donna, magra, col volto tirato e lunghi capelli color rame, piazza cartelli di protesta contro la chiusura del locale a cui ha dedicato tutta la vita. Chiuso, come ogni sua futura prospettiva. Nel frattempo alle due ragazze di prima se ne aggiunge una terza, anche lei con lo stesso taglio di capelli, anche lei con il volto burino appesantito dal troppo trucco. Come le soubrette della televisione. Ma le subrette hanno chi le trucca, quelle ragazzine hanno soltanto i loro sogni, guasti come il casermone dove alloggiano.

Domenica 15 marzo il Papa è venuto in visita al quartiere Corviale di Roma, di rimpetto al Serpentone, il palazzo lungo quasi un chilometro, al centro della borgata capitolina. Un quartiere animato da anime senza volto, poiché è il volto della “base”, il volto che nessuno vuole. Il Papa è venuto in visita a questo quartiere, forse per illuminare quella base sociale dimenticata dai pubblici amministratori, dai borghesi, dalla classe dirigente, dai signori colti, dai futuri leader della società che, forse, pensano di guidare, amministrare, insegnare ad altri vertici. Il vertice che conserva se stesso.

Forse Francesco ha pensato che, con la sua forza mediatica, sarebbe stato giusto illuminare quell’esercito di reietti consumatori che sono invece consumati da una vita che molti di loro non ha scelto. Le periferie sono per molti un luogo surreale. Lo erano anche per me. Quando le scoprii capii di trovarmi davanti all’unico barlume di realtà, amara, ma pur sempre tale, coperta dal teatrino della mediocrità di Stato. Quanti sono i quartieri dimenticati di Roma? Quanti sono i sobborghi dimenticati in Italia? Quanti sono i bassifondi nel mondo in cui la guerra si consuma ad ogni vicolo? In essi vive la base. Quanta incosciente disonestà, quanto conflitto silenzioso, quanta onesta turpitudine nella povera gente governata dalle neglette beghe del potere mediatico; quel potere dorato, quel cono piramidale che ha volutamente dimenticato la base che lo sorregge, finché ci sono le elezioni, poi più nulla. Quella base in cui sono nati poeti, artisti e filosofi dal cuore non inaridito, che tornavano sempre alle loro origini umane, non per rattristarsi per forza, non per godere, ma per tenersi svegli. Essi sono riusciti ad alimentare la rabbia, l’intelligenza, la passione, alla ricerca del sommo bello e del sommo bene.

Aggiornato il 16 aprile 2018 alle ore 12:04