La morte del giornalismo e il neo populismo

La morte del giornalismo da carta stampata e l’avvento del “fai da te” sui social network a ben vedere coincide con l’entrata dell’immaginario italiota nell’orbita della politica populista. Dopo la inutile e devastante campagna di Milena Gabanelli contro i giornali di partito e di nicchia e contro i relativi finanziamenti statali - con l’assunto che non avessero diritto di tribuna visto che le vendite scarseggiavano - ha prodotto una serie di conseguenze, non ultima la predetta. Una stupidaggine, se non una premeditata nefandezza, che ha determinato, a fronte di risparmi ridicoli da meno di 30 milioni di euro l’anno, duemila persone a spasso, il calo delle contribuzioni all’Inpgi (in crisi nera da anni) e anche un minore gettito fiscale per lo Stato che anzi per anni ha dovuto pagare indirettamente ammortizzatori sociali per tutti. Poi sono arrivati i redde rationem politici. I partiti populisti, a cominciare dalla Lega Nord che ha subito chiuso il proprio giornale La Padania, che pure incassava quasi 5 milioni di euro annui di contributi pubblici, hanno capito che bastava andare su Facebook, dove adesso è possibile fare anche la diretta video con il telefonino, e il problema era risolto. Beppe Grillo già aveva il blog della Casaleggio e ora lo ha ampliato con Rousseau. Tanto a simili partiti serve la propaganda non l’informazione che anzi viene respinta come il fumo agli occhi. Totale?

Oggi constatiamo l’irragionevolezza di un’opinione pubblica cui è stato fatto saltare apposta il processo di mediazione giornalistica. Sono tutti professori, costituzionalisti e soprattutto odiatori a comando. Basta che il capopopolo spinga un bottone. Se questo va bene a tutti ormai, esistono per fortuna voci di dissenso che vorrebbero evitare lo sfascismo. Anche perché sobillare le piazze per il 2 giugno, Festa della Repubblica, contro il presidente della stessa - ad avviso di chi scrive - sfiora il reato. Se non il golpe. La gente sta diventando irresponsabile dietro questi agit-prop. Che non a caso volevano proprio la Gabanelli come capo dello Stato. E la Gabanelli oggi speriamo si interroghi sull’eterogenesi dei fini e sulla nemesi che noi tutti stiamo vivendo, anche per la crisi dei giornali, quelli grossi e quelli piccoli, tanto disprezzati dalla sua campagna demagogica.

Aggiornato il 29 maggio 2018 alle ore 16:23