La magistratura reale e quella mediatica di Davigo

Loredana Miccichè. Un nome da ricordare all’interno della magistratura associata. E non solo perché candidata al Csm per la corrente di Magistratura indipendente alle elezioni dei primi di luglio. Ma soprattutto per la chiarezza espositiva e l’onestà intellettuale con cui ha osato, domenica pomeriggio appena trascorsa, nel corso della trasmissione “Osservatorio giustizia” a cura di Lorena D’Urso su Radio Radicale, contrapporsi alla leadership “mediatica” e “antisistema”, o presunta tale, di Piercamillo Davigo.

La prima bordata è stata la seguente: “Anche Autonomia e indipendenza” – cioè la corrente scissionista di Davigo nata proprio da una costola di Magistratura indipendente – è da considerare appunto una corrente come tutte le altre”. Mentre falsa sarebbe la caratterizzazione anti-sistema con cui Davigo e i suoi stanno tentando la scalata al potere all’interno del Consiglio superiore della magistratura. Vendendo ai giovani magistrati una purezza di intenti e comportamenti che in realtà non sarebbero differenti da quelli di tutti gli altri esponenti di tutte le altre correnti di giudici in seno alla Anm e al Csm. A ben vedere il paragone che salta agli occhi è quello di quando i grillini pretendono di lottizzare la Rai affermando cose tipo: “Noi siamo diversi e cacciamo fuori i partiti”. È il drammatico problema delle istituzioni di oggi che oscillano tra aplomb e populismo.

“Autonomia e indipendenza – secondo la cruda presa di posizione della candidata della ex corrente di Davigo – ha candidati che non vengono da Marte ma che al contrario hanno invece una storia anche molto recente – consiliatura 2010-2014,ndr – nel Csm”. Cioè, in parole povere ma vere, ne hanno già fatto parte, hanno già anche partecipato al sistema di nomine denunciato ai giornali dallo stesso Davigo, e presumibilmente continueranno con le stesse prassi qualora dovessero vincere le elezioni. La Miccichè contesta anche la sovraesposizione mediatica di Davigo che da presidente di sezione penale della Cassazione “è pur sempre uno che decide condanne che diventano definitive”. Almeno per i cittadini che le subiscono. Ma la critica più appassionata è quella che contesta la presunta “diversità” di questa nuova corrente dalle altre: “Questo non è vero e io ci tengo a precisarlo perché altrimenti mi sembra sostanzialmente una presentazione alquanto demagogica che mira soprattutto a mio avviso a influenzare i giovani colleghi”. S’intende quelli di prima nomina e di fresca partecipazione a dinamiche politiche all’interno del sindacato dei magistrati e del Csm che ne è la camera di compensazione.

Parole sagge, perché di valenza politica e non personalistica. Ma qualcuno le ascolterà? O anche i giovani magistrati di cui sopra si formano – politicamente (e speriamo non professionalmente) – nei talk-show de “La7” o magari su quei social che hanno fatto la fortuna proprio del partito studiato a tavolino da Beppe Grillo e dalla Casaleggio Associati?

Aggiornato il 25 giugno 2018 alle ore 14:33