Focus sulle violenze a carico degli operatori sanitari

Non si fermano i casi di aggressione negli ospedali. L’ultimo episodio lo scorso fine settimana a Civitavecchia: a farne le spese è stato un infermiere aggredito da un paziente in crisi di astinenza da alcool.

Abbiamo chiesto alla dottoressa Tiziana Frittelli, direttore generale del Policlinico di Tor Vergata e presidente di Federsanità Anci, cosa ne pensa della proposta lanciata dal segretario della Cisl Medici Nazionale, Biagio Papotto, di costituirsi parte civile come azienda interessata qualora un dipendente restasse coinvolto in un episodio di violenza durante l’orario di lavoro.

Sono molto d’accordo – ha dichiarato la Frittelli – giuridicamente trovo la proposta molto corretta. Qualunque datore di lavoro veda lesionato il proprio patrimonio più importante, i suoi dipendenti, a prescindere da qualunque altra valutazione etica, può e deve intervenire contro chi ha commesso un atto così vile. All’interno dell’azienda lo scorso anno abbiamo speso 200mila euro per fare dei lavori in Pronto soccorso su segnalazione del nostro risk manager insieme al responsabile per la prevenzione della sicurezza, che ha monitorato tutti gli episodi di violenza intervenuti all’interno dell’azienda; abbiamo notato che uno dei punti deboli era che gli operatori più all’esterno fossero poco protetti e sono stati effettuati dei lavori per metterli in sicurezza. Stiamo inoltre facendo un corso di formazione di difesa personale per i nostri operatori, finalizzato a riconoscere i comportamenti aggressivi e a gestire in sicurezza i comportamenti a rischio. Ho anche istituito una “Unità di benessere psicofisico” diretta da uno psichiatra, che coinvolge altri professionisti per supportare i nostri operatori, anche per il benessere organizzativo.

Come affronta questo stesso tema come presidente di Federsanità?

Con molto impegno. Da sempre mi angoscia la frattura culturale che si sta creando fra il settore pubblico della salute e il cittadino. Sono davvero orgogliosa di lavorare nel nostro sistema salute, che è sicuramente tra i migliori del mondo in termini di risultati rispetto alle risorse utilizzate; ma nonostante questo si è creata questa frattura, che è solamente culturale e incomprensibile. Perché si picchia un medico o un operatore sanitario? Negli ultimi cinquant’anni, una figura sacra come quella del medico, cui ci si rivolgeva come uno dei riferimenti fondamentali della comunità, sembra venuta meno. Oggi la pubblicità parla solo di risarcimenti e malasanità, pagata però dal fondo sanitario che serve per le stesse cure. Morale della favola: l’investimento in comunicazione tra operatori sanitari e cittadini/utenti del servizio mira a dare informazioni sbagliate. Come Federsanità siamo in attesa di una ricognizione che abbiamo chiesto a tutte le nostre aziende associate sui fenomeni di aggressione per prevenirle e per supportare le aziende stesse con una politica comune. Stiamo progettando una iniziativa molto forte a tal riguardo.

Che differenza c’è tra violenza fisica e violenza verbale?

La violenza fisica va da sé che è molto grave, ma quella verbale non è meno grave e a volte non ha un minore impatto. Immagini un ospedale come quello che dirigo che si trova in una zona molto degradata socialmente, seppure parliamo di una struttura bellissima, ben tenuta. Se qualcuno ci guarda male insinua talvolta dei dubbi. In ambito professionale avere su di sé la rabbia, il rancore, la sfiducia, la violenza morale e verbale provoca spesso un irrigidimento in alcuni operatori tale da innescare una spirale che bisogna bloccare prima. Bisogna quindi parlare di buona sanità. I media pongono l’accento in prevalenza sui fatti negativi, mai sul fatto che noi curiamo gratuitamente anche l’ultimo arrivato fra gli extracomunitari. In questo Paese, magari in ritardo, ma tutti si curano. Abbiamo ancora molto da raschiare a livello di ottimizzazione di sprechi, ma nessuno dice mai che in questo Paese c’è un’evasione fiscale tale per cui soltanto una quota fra il 50 e il 60 per cento della popolazione si autogestisce la quota a carico, mentre gli altri stanno a carico di quella parte di popolazione che paga le tasse. Oggi nelle orecchie del cittadino non c’è la percezione di un sistema che è fra i migliori al mondo, che ha portato l’aspettativa di vita media a 82 anni, che il Pronto soccorso è sempre aperto 24 ore su 24 anche quando la richiesta è inappropriata. Non c’è questa percezione. L’idea è solo quella che c’è la malasanità. Allora dobbiamo essere coesi, perché in ballo c’è un servizio fra i migliori del Paese, che è un biglietto da visita.

Perché c’è differenza fra Nord e Sud del paese nella Sanità?

Perché al Sud c’è meno controllo sociale. Perché è la parte del Paese più allo sbando, con molti più problemi, più evasione fiscale se possibile, e dove il rispetto delle regole è più basso.

Il Policlinico Tor Vergata ha 500 posti letto. Il primo luglio del 2014, quando la Frittelli vi ha preso servizio come direttore generale, ha trovato un’azienda con un deficit di meno 73 milioni e il 2017 chiuderà verosimilmente con meno 37 milioni. Spendono meno e producono di più, che in un’azienda è ciò che conta.

@vanessaseffer

 

Aggiornato il 26 giugno 2018 alle ore 10:14