Addio a Mandelli, il padre dell’ematologia in Italia

Il padre dell’ematologia italiana: tutti definiscono così Franco Mandelli, luminare nella lotta alle malattie del sangue, che si è spento a 87 anni dopo una vita passata a combattere contro la leucemia, una malattia che proprio grazie a lui oggi fa meno paura. Mandelli nasce a Bergamo nel 1931, si laurea a Milano, si specializza a Parma, e si sposta poi a Roma dove, dopo una breve pausa a Parigi, costruisce le basi della sua “Scuola di medicina” che ha salvato molte vite e costruito una rete di professori in grado di trasmettere la sua eredità. Una eredità che, sottolinea il Presidente della Repubblica non deve ora andare sprecata: “esprimo ai suoi familiari la più grande solidarietà e ai suoi allievi e collaboratori, l’esortazione a proseguirne l’opera con la stessa dedizione e lo stesso impegno”, scrive in una nota Sergio Mattarella. Autore di oltre 750 studi scientifici e di protocolli che hanno trovato applicazione in tutto il mondo, Mandelli ha lasciato un’impronta indelebile nella lotta al linfoma di Hodgkin e alle forme promielocitiche delle leucemie acute.

Le due più importanti associazioni italiane per l’ematologia sono legate a lui: nel 1982 fonda Gimema (Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto) di cui diventa presidente, stessa carica ricoperta nell’Ail (Associazione Italiane Leucemie), fondata nel 1969. Per questo il cordoglio del mondo politico e medico per uno dei più importanti professori italiani, da molti accostato a Umberto Veronesi per la sua rilevanza storica, è unanime: “lascia un vuoto incolmabile, tutti noi gli siamo debitori”, scrive il ministro della Salute, Giulia Grillo, mentre chi l’ha preceduta al dicastero, Beatrice Lorenzin, chiede di “continuare a sostenere la ricerca in maniera attiva”, come ha fatto lui. Sì, perché oltre all’attività puramente professionale, Mandelli è stato un assiduo promotore di campagne per la raccolta fondi: da “Trenta ore per la vita” alla “Partita del cuore” fino alle “Stelle di Natale” e “Uova di Pasqua” che l’Ail porta nelle principali piazze italiane ogni anno.

Ma la misura della grandezza del personaggio si ha forse perdendosi fra le migliaia di commenti che hanno iniziato a sommergere i social con dichiarazioni di affetto, commozione e gratitudine già pochi minuti dopo l’annuncio della sua scomparsa. C’è chi lo ricorda come il dottore che ha salvato la propria vita, o quella dei genitori o dei figli, ma anche chi ne sottolinea la lotta condotta nei confronti delle teoria del professor Luigi Di Bella negli anni della sperimentazione della cura omonima, che ancora oggi manca di basi scientifiche. Il tratto distintivo dei racconti è il lato umano di Mandelli, sempre sorridente, pacato e pronto a una parola di sostegno anche nei momenti più difficili: “Addio Prof, che quando hai diagnosticato il male a mio figlio ti sei alzato dalla tua sedia e sei venuto a posare la tua mano sulla mia spalla e con un sorriso mi hai detto ‘tranquilla signora si può curare, andrà tutto bene’“, scrive una mamma su Facebook.

Aggiornato il 16 luglio 2018 alle ore 10:46