Per l’editoria serve una legge di sistema

Una legge di sistema è diventata fondamentale per affrontare le sfide per la trasformazione dell’informazione nella complessa realtà provocata dall’uso dei sistemi digitali e soprattutto dai nuovi strumenti di produzione e trasmissione di video, immagini e notizie. Niente sostituisce la carta stampata, la radio, la televisione ma il mondo dell’editoria e della comunicazione è profondamente cambiato e subirà ulteriori modifiche con il più ampio uso dei satelliti.

La richiesta di fare presto è stata fatta dal nuovo presidente degli editori Andrea Riffeser Monti al sottosegretario Vito Crimi che ha la delega all’informazione e all’editoria.

La Fieg anzi ha sollecitato l’avvio di un tavolo di confronto con tutte le componenti della filiera. Punto centrale concordare strumenti idonei a garantire il diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero, con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione.

L’attivismo messo in campo dall’editore di Bologna deriva dalla constatazione delle difficoltà crescenti che incontra la stampa quotidiana e periodica. Nei colloqui con Crimi, presenti anche i vicepresidenti Fieg Francesco Dini e Giuseppe Ferrauto, sono stati focalizzati alcuni punti: tutela e valorizzazione del prodotto editoriale, liberalizzazione della distribuzione con la modernizzazione delle edicole per la vendita dei quotidiani e periodici, riequilibrio del mercato pubblicitario oggi troppo sbilanciato a favore delle tv, necessità di riconoscere la specificità del mercato del lavoro per giornalisti, poligrafici e amministrativi. Posta sul piano concreto l’analisi, è necessario passare a concreti passaggi legislativi. Cosa sta succedendo per aver fatto scattare questo grido d’allarme?

I numeri emersi dall’ultima rilevazione dei dati Ads riguardanti la diffusione di carta e digitale sono poco incoraggianti. Il Corriere della Sera, pur continuando a essere il primo dei quotidiani italiani più diffusi, ha fatto registrare a maggio 2018 sullo stesso mese dell’anno prima un crollo dell’11,5 per cento con 294mila copie al giorno contro le 330mila del 2017. Perdite contenute del 2% da parte di Repubblica con 216mila copie, ossia quasi 80mila in meno del giornale del gruppo Rcs guidato da Urbano Cairo. Perdono copie Il Sole 24 Ore, La Stampa e Il Messaggero (circa 7mila). Solo 3 testate conoscono il segno positivo: L’Avvenire a 116mila, il Gazzettino di Venezia a 63mila e Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio che non supera le 50mila copie. Il Resto del Carlino con 96mila copie, Il Giornale con 60mila non presentano variazioni di rilievo.

Un tonfo grave si registra nei 3 quotidiani sportivi che forse hanno maggiormente risentito della concorrenza della tv e forse dalla conclusione dei campionati di calcio. Difficile capire la perdita di quasi 30mila copie da parte della Gazzetta dello Sport (-17%), il calo a 74mila copie del Corriere dello Sport (-15%) e di Tuttosport di Torino (-16%) sceso a meno di 50mila copie.

Sono 42, attualmente, le aziende editoriali che hanno accesso, per decreto, alle provvidenze legate ai contratti di solidarietà e 37 quelle che hanno ottenuto la cassa integrazione. Strumenti utilizzati soprattutto per abbattere il costo del lavoro nelle grandi imprese editoriali, con la conseguenza che i maggiori oneri sono stati scaricati sull’Istituto di previdenza. L’Inpgi così nel 2017 ha chiuso il bilancio in rosso per circa 100 milioni di euro, gravato per altri 120 milioni per i contributi figurativi per i giornalisti parlamentari, consiglieri regionali, comunali, provinciali e dipendenti di altri enti pubblici, con diritto, per legge, di mantenimento del posto e dell’anzianità.

Aggiornato il 16 luglio 2018 alle ore 11:53