Dietro la morte di Desirée

Perché la triste fine di Desirée Mariottini, la sedicenne ritrovata morta in via dei Lucani a Roma, ha tanto sconvolto gli animi e le coscienze? Il sistema familiare in crisi, triste protagonista della nostra epoca, è chiaramente all’origine di questa tragica morte.

Chi era davvero Desirée? Dalle informazioni sino ad ora pervenute Desirée viene descritta come una ragazza dall’animo fragile ed inquieto. Introversa e ribelle al tempo stesso, con un piccolo handicap alla gamba che la portava a zoppicare e che, forse, ha contribuito nel tempo ad alimentare in lei un’ombra di insicurezza. A lenire il bruciore per piccoli disagi generalmente accorre la famiglia, quella prima indiscussa fonte a cui da bambini si ricorre per ricevere nutrimento, difesa, cura, protezione e che, da adolescenti, esplica il fondamentale ruolo di guida. La storia familiare di Desirée appare costellata da gravi problematiche interne: la separazione dei genitori, un ordine restrittivo per il padre denunciato dalla madre per stalking e già con precedenti penali per spaccio di droga; Desirée affidata alla nonna e già ad agosto in cura al Sert per uso di eroina. Per meglio comprendere cosa stia accadendo alle nostre famiglie è utile soffermarsi a riflettere sul ruolo di guida genitoriale. Si è passati col tempo dal modello familiare patriarcale, precedente alle lotte sessantottine, in cui vigeva sovrana la figura paterna autoritaria e capace di incutere timore nei figli, ad un modello familiare attuale in cui genitori e figli addirittura si assomigliano. Assistiamo infatti a pirandelliani scenari che vedono genitori e figli parlare, vestire e svagarsi in modo molto simile, con conseguente drammatico crollo del salto simbolico fisiologicamente esistente tra le generazioni. Occorre dunque interrogarsi sull’importanza di introdurre nel nostro panorama culturale una figura genitoriale magari non autoritaria e distanziante come quella pre-sessantottina, ma che allo stesso tempo sia investita di un imprescindibile senso di autorevolezza.

Una genitorialità che indichi quindi la via da seguire attraverso la testimonianza viva della propria quotidianità, del proprio lavoro e delle proprie passioni. Genitori che non solo attraverso la scelta delle giuste parole, ma soprattutto con fatti concreti, mostrino ai figli che si può vivere in questo mondo conciliando rispetto per il limite (e quindi per la legge) col rispetto verso i propri desideri. La parola pronunciata dal genitore trova il suo giusto valore solo se rappresentata dall’atto: il verbo si rende carne e, quindi, testimonianza di vita. Il periodo adolescenziale affronta una sana, anche se interiormente travagliata, fase di ribellione, che consente al giovane di differenziarsi ed emanciparsi dai propri modelli genitoriali, andando all’affannosa ricerca della propria identità. Ogni ragazzo adolescente vive questa necessità di auto-differenziarsi. E se la dirompente emotività che accompagna tale ricerca di autonomia incontra intorno a sé, come nel caso di Desirée, un terreno sterile, aspro o addirittura ostile, pezzi di territorio urbano lasciati fuori controllo ove prolifera indisturbata la criminalità, il sano processo di ricerca identitario subisce inevitabilmente un arresto. Arresto in molti casi tristemente fatale.

Aggiornato il 29 ottobre 2018 alle ore 20:26