Il tramonto dello slancio creativo

Viviamo nell’epoca dei tablet, degli smartphone, degli attimi di vita quotidiana condivisi sui social network. Se da un lato l’esplosione della tecnologia va inesorabilmente  adeguandosi alle nostre vite convulse e frenetiche elargendoci risposte immediate, dall’altro ci pone innanzi un quesito: cosa ne è stato di quel “senso di mancanza”, padre di ogni moto e pulsione di ricerca?  È vero sì, che l’aver costantemente a portata di mano l’accesso ad innumerevoli impulsi, grazie all’immediatezza e varietà delle informazioni disponibili sul web, offra continui stimoli per le risorse intellettive, ma l’essere bersagliati da sollecitazioni provenienti da ogni dove, oltre che potenzialmente arricchente è, al contempo, pericolosamente demotivante.

Fino a non troppi anni fa, per corteggiare o fare amicizia ci si recava nei luoghi ove era possibile ottenere incontri sociali. Ora abbiamo le chat, di ogni tipo e per ogni necessità. Per giocare con un compagno di scuola ci si dava appuntamento in cortile con pallone o pattini a seguito. Oggi si preferiscono i videogiochi ai quali si può scegliere persino di giocare insieme una partita ma a distanza, ognuno nella solitudine della propria stanza. Per leggere un libro, spesso si era soliti raggiungere la libreria preferita, fermandosi ore a sniffare l’odore sempiterno delle pagine, apprezzandone al tatto ruvidezza, spessore e tipo di carta utilizzata; il colpo di fulmine di fronte all’immagine di una copertina. Oggi invece leggiamo gli e-book su un tablet. Ancora, preferiamo scaricare dal web brani musicali, ascoltandoli magari per strada filtrati da cuffiette facendo così dolorosamente perdere al pezzo sottili sfumature di suoni, altrimenti apprezzabili con un buon vinile, che restituisce ad ogni suono la sua autenticità originaria al momento del concepimento in sala di registrazione.

Ma cosa hanno in comune la frequentazione di luoghi di incontro sociale, un appuntamento fuori per giocare o entrare in libreria per scegliere un libro? Il comune denominatore è rappresentato dall’attivarsi, dall’iniziare un primo moto che dia il via ad un’onda di movimento più ampia e importante. E ancor prima del moto troviamo l’impulso. Impulso a spostarsi per modificare la propria condizione attuale. Si potrebbe forse chiamare questo incipit al mutamento con un nome che ne sveli ancor meglio l’essenza, ossia col nome “desiderio”?

Oggi, infatti, il disagio contemporaneo è drammaticamente causato dall’eclissi dell’esperienza umana del desiderio, inteso come pulsione embrionale al diritto di evolvere. Tra le cause principali dello spegnimento della forza del desiderio vi è certamente la trasformazione involutiva e nichilistica dell’antico “senso di mancanza”, generatore di movimento e apertura verso l’esterno, in un attuale e moderno “senso di vuoto”. Il motivo di tale metamorfosi è facilmente spiegato dal tempo in cui viviamo, ove l’oggetto di consumo offerto dal mercato, immediatamente rintracciabile e/o spendibile, riempie il moto fisico e mentale dell’individuo, senza però riuscire mai a soddisfare. È un moto, insomma, che non porta ad un nutrimento saziante. L’oggetto non guarisce il soggetto dalla sua insufficienza; non lo libera dalla fame, al contrario la alimenta creando perpetui vuoti.

Anche i rapporti tra gli esseri umani possono essere pensati a partire dal paradigma della merce: ci si stanca facilmente degli affetti più prossimi, cercando sempre qualcosa di nuovo che illusoriamente vada a colmare il vuoto. Così facendo, però, si rischia di entrare in un loop guasto, in cui si diviene sudditi dipendenti dall’oggetto e non liberi creatori di nuove possibilità arricchenti. La società attuale risponde sintomaticamente al senso di vuoto, sviluppando i più disparati disturbi di dipendenza come quelli (per citarne solo alcuni) da sostanze stupefacenti, da gioco d’azzardo, da cibo ingurgitato compulsivamente e dall’uso smodato e coatto del web. Tutti disturbi in cui vi è in primo piano il legame con un partner “inumano”, che prende così il posto del partner umano. Viviamo dunque nell’era della patologia dell’oggetto di semplice fruizione,  che nega il desiderio stesso e da cui derivano la vacuità e l’apatia oggi dilaganti.

Traghettare le coscienze da una cultura dell’usa e getta che non nutre, ad una nuova modalità che abbia la Creatività come motore centrale propulsivo, dovrebbe rappresentare un obiettivo urgente per la società odierna.

Dunque, porsi semplici domande: cosa hai fatto della tua vita? Hai agito conformemente alla legge del desiderio che ti abita? Hai coltivato i tuoi talenti, risorse, inclinazioni, dando voce al tuo personalissimo slancio creativo? Non è mai troppo tardi per orientare timone e vela della propria nave sulla giusta rotta, attraversando quella tratta di mare ad ognuno designata.

Aggiornato il 16 novembre 2018 alle ore 11:54