Fazio e Dibba: la fiera delle banalità

Rewind: facciamo un passo indietro. Sorvoliamo per un attimo su quello che oggi si chiama “epic fail” di Adrian, l’amorfo spettacolo, se così si può chiamare un’accozzaglia di deliri erotici senili che è il programma di Adriano Celentano che neanche la potente strombazzatura mediatica ha potuto arginare, anzi, se del caso l’ha peggiorata, e torniamo indietro di qualche giorno alla performance cinematografica di Alessandro Di Battista ospite da Fabio Fazio a “Che Tempo che fa”.

L’analisi è testuale: “È stata la mia vita, io continuo ad amare la politica, ma preferisco farla al di fuori delle istituzioni e sto vedendo che si può anche incidere da fuori”.

Eccolo, è lui: Manuel Fantoni rivisitato e più caruccetto, ma ugualmente abbronzato e con la stessa camicia slacciata, che declama, dopo essersi imbarcato su un cargo battente bandiera onduregna, “oggi sono un libero cittadino”. Eh certo, prima, chiaramente, era un servo della gleba, ma ora ha dichiarato che andrà in India e lì, ne siamo certi, che troverà se stesso, o almeno così dicono accada a quelle latitudini, la speranza è l’ultima a morire.

I due si studiano e si trattengono, si evince che non si sopportino, tanto che si chiamano per cognome, come si confà nelle interviste serie, o anche a scuola, e tanto che, per una volta, Fabio Fazio con il nuovo look da “tasso bibliotecario” preso in prestito da Peppa Pig fa quasi simpatia. Quasi, perché “l’effetto Biagi” è ormai dietro l’angolo, e fa un po’ senso che sia lui a raccoglierne l’eredità, ma tant’è. Poi, tempo due minuti, l’equivalente di ordinare un hamburger al fast-food dell’impegno sociale, i temi si fanno elevati: l’ospite che fa politica fuori dalle istituzioni, come uno qualsiasi di noi quindi, si esprime sui gilet gialli e passa al linguaggio ipotetico, un plurale maiestatis impropriamente detto o qualcosa del genere con un ”si condannano episodi di violenza ma...”, perché anche i detrattori dei Cinque Stelle devono ringraziarlo se il suo movimento “ha incanalato una rabbia sociale in un percorso democratico”. Montaigne e i suoi aforismi sono nulla a confronto.

Poi il sarcasmo di Fazio, “lei da studioso… nel senso che ha detto che sta studiando”, forse mal colto, perché gli si replica sul serio con un ”ci hanno sempre dato degli ignoranti ora siamo diventati studiosi... noi, i grillini ignoranti, siamo stati vittime di tanti, tanti pregiudizi...”. Chissà come mai.

Insomma, Di Battista espone al grande pubblico, soprattutto il suo, la “strategia del pop-corn” (forse il titolo del suo prossimo libro) per la quale il Partito Democratico è stato un suicida autolesionista volontario, e snocciola, una dietro l’altra, il reddito di cittadinanza, il rilancio dell’economia, la legge anticorruzione e tutti quegli argomenti pregnanti che Manuel (Fantoni, alias Di Battista), dall’alto della rinuncia all’indennità di fine mandato, glorifica come “simboli” che servono a riavvicinare la collettività alle istituzioni. Dalle quali lui però vuol rimanere fuori. Coerenza, anche mediatica, colta da pochi.

Insomma: abbiamo trovato il vero ideologo del Movimento, il divulgatore scientifico, l’intellettuale senza paura che lotta con furore e senza sedere sulla poltrona, per la libertà. Praticamente una crasi tra l’Uomo Tigre e Che Guevara, tanto che ci spiega, forte dei suoi studi approfonditi e del suo master in cooperazione, che per aiutare l’Africa “bisogna occuparsi delle cause prima che degli effetti”. Finalmente, era ora e tutti lo ringraziamo dal profondo, Di Battista ha fatto scoprire a milioni di telespettatori, dall’altissimo del suo sorrisetto acqua e sapone, l’acqua calda.

E Fazio, che in quanto a ovvietà non è mai stato secondo a nessuno, o forse in preda al panico neurale, seppur definendosi “responsabile di se stesso”, subito dopo si aggrega con un “quelli sui barconi vanno aiutati lì” lanciando quindi un assist per una concatenazione di qualunquismi epocali sulla condizione africana e sui salvataggi di vite umane, della gente che annega e dell’economia colonialista assassina che durerà poi dieci minuti buoni e sfocerà in un - veramente impensabile - “si tratta di individuare qual è la politica giusta” .

Meno male che ce l’hanno detto Fazio e Di Battista, non ci avremmo mai pensato, non ci abbiamo mai pensato negli ultimi cent’anni, avevamo proprio bisogno di sentirlo dire, così dirompentemente innovativo, alla tv. La sublime bellezza di essere pagati milioni euro per verbalizzare e fomentare l’apoteosi della banalità, unita all’utilità suprema dello scienziato in politologia. Confidiamo in un prossimo viaggio dei nostri al termine della notte, soprattutto la loro.

Aggiornato il 23 gennaio 2019 alle ore 11:05