Il disastro di Quota 100 per la Chirurgia Italiana

martedì 19 febbraio 2019


La Chirurgia in Italia sta vivendo un momento di transizione che si può, a buon diritto, definire epocale. Se da una parte l’introduzione della “Quota 100” viene accolta con grande favore da parte di una generazione di medici che hanno visto innalzare la propria età pensionabile, dall’altra rischia di provocare pesanti ripercussioni sul corretto funzionamento del Sistema Sanitario Nazionale. Infatti, nel giro di pochi mesi gli organici degli ospedali italiani potrebbero ritrovarsi fortemente ridotti non solo numericamente, ma soprattutto qualitativamente per carenza di quella esperienza e professionalità che sono insite nel “mestiere”: competenze che difficilmente si possono acquisire se non con una quotidiana pratica lavorativa. Risulta pertanto fondamentale gestire con equilibrio questo “gap” generazionale.

Proprio nel momento in cui nuova linfa dovrebbe arrivare dalle giovani generazioni ci si trova, invece, ad affrontare un pesante calo delle vocazioni. I numeri sono implacabili e fotografano in maniera inequivocabile la situazione: all’ultimo concorso per l’ingresso nelle scuole di specializzazione, per pochissimi Chirurgia generale è stata la “prima” scelta; spesso viene considerata un ripiego da chi non riesce ad entrare in altre Scuole e questo determina anche un tasso di abbandoni tra i più elevati, fino al 12 per cento all’anno.

I motivi sono molteplici: stipendi tra i più bassi d’Europa e assolutamente sproporzionati rispetto alle responsabilità che devono essere assunte; elevatissimo rischio di contenzioso medico legale, anche penale, sostenuto per di più da campagne promozionali ad hoc; un sistema formativo carente e disomogeneo, con sistemi di controllo pressoché assenti (spesso la vera formazione avviene una volta assunti); la prospettiva, una volta acquisita la specializzazione, di dover aspettare anche anni per poter trovare uno sbocco lavorativo confacente al proprio percorso formativo. Questo ha spinto negli ultimi anni molti giovani chirurghi ad emigrare all’estero, dove spesso trovano condizioni di lavoro più gratificanti e stabili. A quel punto diventa praticamente impossibile, anche qualora si sia molto motivati, pensare a un “rientro”: il sistema dei concorsi pubblici è molto complesso e, nella pratica, difficilmente abbordabile per chi si trova lontano dal nostro Paese. Nonostante i problemi siano evidenti e cronicizzati dalla cecità delle Istituzioni, i giovani chirurghi italiani ancora credono in questa professione e nella relativa scelta di vita. Dsdds – dssds

Per stabilire un colloquio e creare una rete di supporto ai giovani medici la Spigc, Società Polispecialistica Italiana dei Giovani Chirurghi affronterà queste tematiche nel XXX Congresso nazionale (Genova, 21-22 marzo 2019). La società scientifica, costituita da chirurghi di età inferiore ai 40 anni, ha deciso di puntare sui temi della tecnologia: “Vogliamo che i giovani medici tornino ad innamorarsi della chirurgia, un campo in grande evoluzione in cui l’Italia è sempre stata all’avanguardia – spiega Davide Pertile, presidente della società e organizzatore, insieme a Stefano Scabini, dell’evento – Oltre ai migliori giovani chirurghi e ai massimi esperti del panorama Nazionale, che presenteranno esperienze di Centri d’eccellenza, la partnership con l’Istituto italiano di Tecnologia ci premetterà di avere anche moltissimi Ingegneri provenienti da tutto il mondo, facenti parte del IX Workshop Cras (Computer Robotic Assisted Surgery). Si tratta di un evento annuale nato sotto l’egida dell’Unione europea: verrà presentata la tecnologia che nel prossimo futuro sarà parte integrante delle nostre sale operatorie. Siamo certi che da questo incontro potranno nascere nuove linee di ricerca. In Italia ci sono tanti giovani chirurghi che quotidianamente, grazie al loro impegno e assumendosi spesso grandi responsabilità, permettono al nostro Sistema sanitario, in un contesto certamente non favorevole, di essere uno dei fiori all’occhiello per l’Italia nel mondo: meritano di avere visibilità, occasioni per incontrarsi e per avere nuovi stimoli da portare nella loro attività lavorativa. Solo così possiamo pensare che gli studenti in medicina ritornino a scegliere la strada della chirurgia, sicuramente lunga, tortuosa e in salita ma che può dare grandi soddisfazioni. È necessario – conclude – invertire una tendenza che rischia di portare il nostro Sistema sanitario a non poter più garantire, in molti scenari, l’esecuzione di interventi chirurgici complessi e salvavita per patologie importanti come quelle oncologiche o in urgenza”.


di Eleonora Guaitoli