Il pluriomicida Igor condannato all’ergastolo

Il massimo della pena possibile a Igor. Il serbo dai tanti nomi è stato condannato all’ergastolo, nonostante il rito abbreviato e lui, Norbert Feher, collegato in videoconferenza dal carcere di Saragozza, non ha battuto ciglio, fedele fino in fondo alla sua aura di criminale freddo e implacabile.

A quasi due anni dai delitti che terrorizzarono la pianura paludosa tra le province di Bologna e Ferrara, dove viveva e si rifugiava questo piccolo criminale divenuto improvvisamente uno dei killer più ricercati d’Europa, e a un anno e mezzo dal suo arresto in Aragona dove fu preso dopo altri tre omicidi, arriva la prima sentenza. Il verdetto, pronunciato dal Gup Alberto Ziroldi, che ha accolto la richiesta del pm Marco Forte, è tutt’altro che imprevisto. E non placa la rabbia dei parenti delle sue vittime. “Chi ha ammazzato mio marito non è stato Igor, ma lo Stato, perché questa persona non doveva essere qui in Italia”, ha detto Maria Sirica, la vedova del barista di Budrio Davide Fabbri, che dalla sera del primo aprile 2017 in cui perse il compagno di vita e si trovò faccia a faccia con l’assassino, entrato nel locale con fucile e pistola, lo ha voluto nuovamente affrontare, seppur separata da un video. Il suo riferimento è a una passata espulsione per il criminale, mai eseguita. Dopo la sera dell’omicidio di Fabbri, Igor fuggì, e fece perdere le sue tracce.

Mentre si iniziava a diffondere la leggenda di lui come ex militare dell’armata rossa, poi risultata infondata, Feher riemerse dall’ombra una settimana dopo, nelle campagne di Portomaggiore. Qui, per loro sventura, lo incrociarono Valerio Verri e Marco Ravaglia, poliziotto provinciale e volontario di Legambiente, in pattuglia antibracconaggio. Igor fece fuoco, uccise il primo e ferì gravemente il secondo. Ravaglia, che oggi dice di essere “felice soprattutto per tutti i parenti delle vittime, per mia moglie, per tutte le persone che hanno sofferto, che questa persona, questo mostro, sia stato condannato all’ergastolo”. Ma in quella zona, hanno sempre sostenuto i familiari di Verri, le forze dell’ordine sapevano che si poteva nascondere e a un volontario non doveva essere consentito di circolare. Valerio l’8 aprile “non doveva essere lì”, ha detto anche oggi l’avvocato Fabio Anselmo, secondo cui “è sbagliato dire che è stato vittima del dovere: è un cittadino che è stato esposto a un rischio cui non doveva essere esposto. Abbiamo già fatto ricorso a Strasburgo ed è stato ritenuto ammissibile quindi abbiamo avuto già un bel primo successo. Questa sentenza avvalora la nostra tesi”, visto che non è stata riconosciuta l’aggravante di aver ucciso un pubblico ufficiale. La fuga di Igor dall’agguato del Mezzano proseguì ai margini di un boschetto, dove abbandonò l’auto e si nascose sottraendosi a tre carabinieri in borghese. Prenderlo sembrava questione di ore, invece l’uomo fece impazzire i reparti speciali che diedero vita a una caccia imponente, con battute durate settimane e restate senza risultato. Dove si sia nascosto, chi e come lo abbia aiutato, resta un mistero. “Nessuna rete organizzata”, forse qualche “comportamento estemporaneo”, ha detto il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato.

Otto mesi dopo Igor si materializzò in una zona desertica della Spagna. Messo alle strette dopo alcuni furti in campagna, sparò e uccise ancora: due militari della Guardia Civil e un allevatore. Venne arrestato perché nella fuga su un furgone, forse ubriaco, si schiantò e perse i sensi. In carcere legge la Bibbia e i fumetti, fa flessioni e addominali. Aspetta i processi, apparentemente impassibile, come oggi quando gli hanno detto che se mai verrà consegnato all’Italia dovrà scontare la massima pena.

Aggiornato il 26 marzo 2019 alle ore 10:59