Libertà d’associazione e massoneria: un bivio fra autoritarismo e diritti

Dal 24 aprile del 2018 pende in Senato, annunciato nella seduta n. 7 del 29 di maggio del 2018, un disegno di legge a firma di Elio Lannutti e di altri ventuno senatori pentastrali sull’”incompatibilità alle cariche amministrative e di governo, nel pubblico impiego e parlamentari” con “la partecipazione ad associazioni che comportino vincolo di obbedienza come richiesto da logge massoniche o da associazioni fondate su giuramenti o vincoli di appartenenza”.

La proposta, se approvata, modificherebbe gli articoli 1 e 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, varata sull’onda del sensazionalismo generato dalla nota vicenda della Loggia P(ropaganda) 2. La prima Loggia Propaganda venne eretta nell’autunno del Risorgimento, per usare un termine spadoliniano. Fu una loggia coperta, per sottrarre fratelli che ricoprissero influenti cariche da richieste di favori avanzate da altri fratelli; cosa inammissibile in una istituzione iniziatica tradizionale, in cui si deve mirare unicamente al perfezionamento del proprio spirito e ad affinare i sentimenti della propria anima. Con analoghi scopi, nel secondo dopoguerra, fu eretta una seconda loggia propaganda. Mentre in molti partiti il malaffare si stava insinuando, un personale politico in crisi costruì, tra anni settanta ed ottanta del secolo scorso, come capo espiatorio, una teoria del complotto. Attribuì alla figura del Maestro Venerabile di quella Loggia, Licio Gelli, una serie di cose losche ed oscure. Ipotesi non confermata nelle numerose procedure penali aperte a suo carico, non approdate a nulla.

Se Licio Gelli fosse stato responsabile di metà delle cose a lui imputate, sarebbe stato Mandrake, come si dice a Roma, e non un semplice dirigente della Lebole, un’impresa tessile. Quei senatori pentastrali propongono di sostituire l’articolo 1 di quella legge con uno del seguente tenore: “Si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall’articolo 18 della Costituzione, quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultano la loro esistenza e tengono segrete congiuntamente finalità e attività sociali o rendono sconosciuti, in tutto o in parte e anche reciprocamente, i soci”. Il bello è che questa descrizione non ritrae affatto le obbedienze massoniche, sia in Italia che in altri Stati. Esse hanno pubbliche le sedi, i recapiti telefonici, i siti internet; le loro finalità sono diffuse con una nutrita pubblicistica, fatta di riviste, libri, notiziarî ampliamente rinvenibili nelle librerie ed in rete; e la conoscenza fra i socî è incentivata e promossa dal principio di fratellanza.

Di conseguenza, non si vede come siano applicabili alla massoneria le disposizioni penali prescritte dal novellato articolo 2 della legge n. 17 del 1982, le quali colpiscono: “Chiunque promuove o dirige un’associazione segreta, ai sensi dell’articolo 1, o svolge attività di proselitismo a favore della stessa”, visto che la massoneria non ha le caratteristiche definite da quel benedetto articolo 1. Non hanno nessun ragionevole fondamento le disposizioni di cui all’articolo 2 del disegno di legge da lor signori proposto al Senato, in cui si stabilisce l’incompatibilità per magistrati ordinarî, speciali ed onorarî, per componenti delle commissioni tributarie, giudici popolari delle corti d’assise e delle corti d’assise d’appello con la partecipazione ad associazioni di stampo massonico. Incompatibilità a pena di rimozione estesa, dal seguente proposto articolo 3, ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni, agli ufficiali ed al personale delle forze armate e di polizia, agli avvocati e procuratori dello Stato, al personale delle carriere diplomatica e prefettizia, del corpo nazionale dei vigili del fuoco, del ministero degli Interni e della carriera dirigenziale penitenziaria. Dato, come s’è visto, che la massoneria non corrisponde a nessuno dei caratteri delle associazioni segrete, come descritti dalle stesse norme proposte dal disegno di legge presentato in Senato, questo ostracismo per legge viola uno dei fondamentali diritti di libertà, il diritto d’associazione, nelle forme stabilite dall’articolo 18 della Costituzione del 1947-’48. In precedenza, nella Regione Sicilia, ai primi d’ottobre del 2018, l’Assemblea regionale approvò, con trentanove voti a favore e due contrari, una norma di legge, presentata da Claudio Fava, in base alla quale i consiglieri regionali eletti nell’isola debbono dichiarare la loro eventuale iniziazione a logge massoniche, pena una pubblica dichiarazione di violazione della norma.

Il 6 aprile scorso, la Gran Loggia del Grande Oriente d’Italia, cioè l’assemblea dei Maestri Venerabili dell’obbedienza di fondazione napoleonica del 1805, ha deciso di ricorrere contro questa legge siciliana. Tale nuova deriva liberticida, cominciò sul declinare del 2017, con la relazione della allora presidente della commissione parlamentare antimafia, onorevole Rosy Bindi, su presunte infiltrazioni di mafiosi o membri della ‘ndrangheta in logge massoniche. Lo scritto contenne anche reali passi d’umorismo involontario, come quello secondo il quale, giurando gl’iniziandi sulla Costituzione e le leggi dello Stato che ad essa si conformino, poi da massoni non sarebbero tenuti ad osservare tutte le leggi dello Stato. Sarebbe come dire che la Corte costituzionale, nel momento in cui ha per funzione dichiarare l’incostituzionalità delle leggi non conformi alla Costituzione, di fatto violi norme di legge.

Le affermazioni gratuite contenute in questi testi bizzarri, c’inducono a ricordare come lo Stato italiano venne condannato già per ben tre volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, su ricorso del Grande Oriente d’Italia, per due leggi regionali ed una delibera del Consiglio superiore della magistratura, dal contenuto molto simile. Le norme regionali furono, rispettivamente, della regione Marche e della regione Friuli-Venezia Giulia. In esse, la disciplina delle nomine a cariche pubbliche regionali obbligava chi le avesse ricoperte a dichiarare l’eventuale appartenenza a logge massoniche. Nella sentenza del 2 agosto 2001, in ricorso 35972/97, relativa alle regione Marche, la Corte rilevò la violazione dell’articolo 11, sulla libertà di riunione ed associazione, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; nel caso della regione Friuli Venezia Giulia, con la sentenza del 31 maggio 2007, in ricorso 26740/02, la Corte condannò lo Stato italiano, in quanto dichiarò, all’unanimità, ricevibile il ricorso e applicabile alla fattispecie il combinato disposto fra l’articolo 14, divieto di discriminazione, e l’articolo 11 sulla libertà di riunione ed associazione. Per gli stessi motivi, con sentenza del 17 febbraio del 2004, in ricorso n. 39748/98, la Corte europea dei diritti dell’uomo già condannò lo Stato italiano a risarcire un magistrato ordinario, all’epoca di tribunale, per un provvedimento disciplinare del Consiglio superiore della magistratura in quanto il detto magistrato risultò attivo e quotizzante in una loggia del Grande Oriente.

Occorre rilevare, quindi, come le norme proposte dal disegno di legge siano già state condannate da una costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. La questione solleva un problema politico di fondo: perché, in questa benedetta Nazione, quando c’è una situazione sociale da risolvere, si pensa sempre a misure repressive e non a regolarla con norme liberali, come quelle che si diede la Francia fin dalla legge sulla libertà d’associazione del 1 luglio 1901, n. 21055? Non sarebbe il caso di cambiare rotta, e pensare a darci una legge organica sulla libertà d’associazione?

Una proposta in tal senso venne avanzata, a suo tempo, dal professor Paolo Ungari, anche se la morte “fortuita” dell’insigne giurista non permise allo stesso di presentare uno schema di disegno compiuto. La Francia ha risolto con quella legge, in senso liberale, una marea di questioni: dalla massoneria ai partiti politici, dalle unioni sindacali agli ordini cavallereschi diversi da quelli statali. Il tutto ricondotto alla libertà d’associazione, di riunione e senza discriminazioni: libertà, uguaglianza, fratellanza.

Aggiornato il 17 aprile 2019 alle ore 12:17