L’Ultima Colonna

“L’omicidio è la forma più estrema di censura”. Così ha dichiarato Joe Simon, direttore esecutivo del Comitato per la protezione dei Giornalisti (CPJ https://cpj.org ), un’organizzazione non profit che promuove la libertà di stampa in tutto il mondo e che proprio pochi giorni fa ha presentato il suo ultimo progetto.

Si tratta de “L’ultima colonna“, un lavoro che si propone di ricordare i 1337 giornalisti uccisi dal 1992 ad oggi mentre compivano il loro dovere. E lo fa attraverso un libro, la cui copertina contiene tutti i nomi che si compongono appunto a formare una colonna editoriale e dove sono contenuti i loro ultimi articoli, le parole che ci hanno lasciato e per le quali sono stati uccisi. E anche attraverso una breve serie di documentari dove familiari, amici e colleghi raccontano chi fossero davvero queste vittime, come intendessero il loro lavoro e che cosa questo progetto significhi dopo la loro morte. Ognuno di loro era mosso e motivato da qualcosa di diverso: provenivano da paesi e realtà molto differenti tra loro, parlavano lingue diverse, ma erano, e grazie a questo progetto, sono ancora più che mai uniti dal fondamentale desiderio di inseguire la verità e renderla nota.

“Sebbene molti dei giornalisti presenti in The Last Column fossero conosciuti a livello internazionale, altri erano reporter locali uccisi mentre scoprivano importanti verità sulle proprie comunità” prosegue Simon. “Tutti i loro lavori messi insieme in un’unica raccolta mettono in evidenza i sacrifici messi in atto dai giornalisti nello sforzo di fornire informazioni”.

“Quando metti tutto questo insieme, ti rendi conto di che cosa sia davvero il giornalismo”, dice Simon. “Non sono solo grandi nomi che cercano di raggiungere un pubblico globale. Sono le persone che cercano di informare le loro comunità, dove tale attività è intrinsecamente pericolosa”.

Secondo il report annuale di Reporters Sans Frontieres nel 2018 la violenza contro i giornalisti è purtroppo risultata in aumento con ben 80 cronisti uccisi durante lo svolgimento della loro professione, l’8 per cento in più rispetto all’anno precedente. E anche altre forme di violenza non accennano a diminuire, con 348 giornalisti imprigionati e 60 ostaggi in mano a rapitori. Gli omicidi resi noti all’opinione pubblica dall’editorialista saudita Jamal Khashoggi o dal giovane giornalista slovacco Jan Kuciak hanno messo in evidenza la sfrenata determinazione dei nemici della libertà di stampa: nel 2018, più della metà dei giornalisti assassinati sono stati intenzionalmente presi di mira e uccisi. Con 15 morti, l’Afghanistan è il paese più letale per i giornalisti, seguito da Siria (11) e Messico (9), il più pericoloso per i giornalisti tra i Paesi non in guerra.

“L’ultima colonna” è un’opportunità per ascoltare ancora la voce e la verità di coloro a cui è stata tolta.

Aggiornato il 29 aprile 2019 alle ore 14:01