Un mare di plastica

Luglio inoltrato. Scuole chiuse. Per chi non è già partito si avvicina il momento di andare in vacanza e, come riportato dal “Summer Vacation Destinations Report” stilato da Tripadvisor, il sito di viaggi numero uno al mondo, i turisti estivi del 2019 prediligono ancora le mete balneari, che siano l’Isola d’Elba in Italia o Spagna e Grecia all’estero. Mare dunque. Ma quale mare?

Secondo il Wwf ed il suo ultimo report sullo stato dei mari presentato in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, che prende in esame i sistemi di gestione dei rifiuti di tutti i paesi del Mediterraneo, potremmo definirlo un vero e proprio “mare di plastica”. Ed i motivi sono presto spiegati: ogni anno ben 570mila tonnellate di plastica finiscono nelle acque del Mediterraneo, come se 33.800 bottigliette di questo materiale venissero gettate in mare ogni minuto. E non solo. L’inquinamento da plastica sta continuando a crescere a ritmi vertiginosi, tanto che si prevede che entro il 2050 l’inquinamento nell’area mediterranea quadruplichi.

L’Italia è al primo posto fra i paesi della regione mediterranea nella produzione di imballaggi plastici, ed al secondo posto come produttore di rifiuti plastici con ben 4 milioni di tonnellate di scarti. Ed il turismo, se da un lato è danneggiato da spiagge e mari inquinati che non attirano visitatori, dall’altro contribuisce ad incrementare la produzione di rifiuti di plastica, con un aumento di ben il 30 per cento nel corso dei mesi estivi. Altri settori duramente colpiti da questa drammatica situazione sono la pesca ed il commercio marittimo, senza contare le ingenti somme spese per la pulizia e la bonifica delle aree costiere con un esborso di ben 16,6 milioni di euro.

I Paesi del Mediterraneo ancora non riescono a raccogliere tutti i propri rifiuti e sono lontani dal trattarli con una modalità efficiente di economia circolare. Il cortocircuito sta nel fatto che mentre il costo della plastica è estremamente basso, mentre quello di gestione dei rifiuti e dell’inquinamento ricade quasi totalmente sulla collettività e sulla natura”, ha spiegato la presidente del Wwf, Donatella Bianchi, “e il sistema di riciclo è ancora troppo costoso. Tutti i Paesi dovrebbero rivedere la catena del ciclo di vita della plastica, ridurne drasticamente la produzione e il consumo, investire seriamente in sistemi innovativi di riutilizzo che elimini gli sprechi.

Come se non bastasse, recentemente Greenpeace ha individuato nel Mar Tirreno una vera e propria isola di plastica galleggiante, una “zuppa” di bottigliette, reti da pesca, imballaggi e scarti di plastica che si muovono in un vortice di correnti tra la Corsica, l’Isola d’Elba e Capraia: una condanna a morte sicura per tutti gli esseri viventi di quel bacino di mare, cetacei, tartarughe, pesci e uccelli.

Ma al di là di questo quadro drammatico, vi sono anche iniziative lodevoli che tentano di arginare una situazione tanto complessa. Proprio in questi giorni, infatti, la nave Kwai dell’Ocean Voyage Institute ha raccolto, nel corso di una missione di bonifica di venticinque giorni in un tratto dell’Oceano Pacifico compreso tra la California e le isole Hawaii, 40 tonnellate di rifiuti plastici e reti da pesca abbandonate, avvalendosi anche di altre imbarcazioni dotate di Gps per facilitare l’individuazione degli agglomerati plastici galleggianti.

Dopo questa prima missione sperimentale, questa organizzazione ambientalista statunitense, punta ad organizzarne altre, anche della durata di diversi mesi, per rendere la propria incidenza ancora più efficace.

Aggiornato il 15 luglio 2019 alle ore 11:54