Iran: tutte allo stadio

Il 1979 è l’anno in cui l’Iran si trasformò da monarchia in una Repubblica Islamica, sconvolgendo la vita e la libertà delle donne e facendole precipitare in un abisso di divieti. Due anni dopo infatti, alle iraniane fu vietato assistere alle gare sportive maschili negli stadi. Una regola non scritta, in nome della separazione tra i sessi e percepita insolita visto che negli spazi pubblici questo divieto ancora non esisteva. La motivazione? Il linguaggio volgare dei tifosi, l’uso di droga e violenza cui sarebbero state esposte le donne allo stadio.

Ci sono voluti 40 anni, e l’intervento della Fifa per permettere alle tifose di tornare sugli spalti dello stadio Azadi di Teheran ed applaudire la Nazionale. Su 100mila posti però, le autorità non hanno voluto concederne più di 3500 alla quota rosa. Una cifra modesta, tenendo conto che durante la partita tra Iran e Cambogia gli altri posti erano tutti liberi. Ma questo non ha fermato l’entusiasmo delle supporters che in meno di un’ora si sono aggiudicate tutte i biglietti disponibili. L’ingresso delle donne è avvenuto un po’ prima rispetto agli uomini e in un’area riservata e sorvegliata da 150 guardie.

Bisogna sottolineare come questa svolta democratica non nasca proprio dal nulla, ma sia piuttosto la conseguenza di alcuni fatti drammatici. Primo fra tutti, la morte di Sahar Khodayari, tifosa di 29 anni in attesa di processo per essere travestita da uomo per poter entrare allo stadio. Durante la sua prigionia, la giovane si è data fuoco in segno di protesta per l’ingiusta subita. La morte della “ragazza blu”, come era stata ribattezzata sui social per i colori dell’Esteghlal, la sua squadra del cuore, aveva “costretto” la Fifa ad interessarsi alla questione, costringendo il ministro dello Sport di Teheran, Masoud Soltanifar e la Federcalcio iraniana a dare seguito ai “ripetuti appelli” contro una situazione definita “inaccettabile”. E per obbligarli, era stata messo in campo la possibilità di estromettere la Nazionale iraniana dai Mondiali 2020 se non avessero aperto le loro porte alle tifose.

Per il momento la scelta non riguarda ancora le partite delle squadre dei club, ma solamente quelle della Nazionale e bisognerà aspettare un altro anno per poter vedere nuovamente volti femminili sorridenti sugli spalti. Eppure questa piccola conquista segna il passaggio verso la modernità di un Paese ancora in eterno conflitto socio-religioso.

Aggiornato il 15 ottobre 2019 alle ore 12:20