Il cambiamento è nell’aria?

Si chiama flygskam, dallo svedese “vergogna di volare” ed è una nuova corrente ambientalista, nata proprio nel Paese scandinavo ma ora diffusa in tutto il mondo, che riunisce coloro che considerano i viaggi aerei socialmente inaccettabili a causa del loro costo in termini di emissioni dannosi per il pianeta. Secondo l’Atag (Air Transport Action Group), un’organizzazione transnazionale non-profit che rappresenta tutti gli operatori del settore del trasporto aereo, nel 2018, nel mondo, sono state emesse 42 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, 895 delle quali solo da velivoli. Numeri enormi, destinati ad aumentare se si considera che nel 2018 hanno viaggiato 8,8 miliardi di persone, ed entro il 2023 la cifra potrebbe subire un incremento di quasi il 30 per cento.

Ma queste previsioni probabilmente non corrisponderanno alla realtà, se il cosiddetto trend del flygskam, come sembra, dovesse prendere ulteriormente piede: molti operatori del settore, infatti, hanno già denunciato per il 2018 un calo di passeggeri rispetto alle previsioni, sia in Europa che negli Stati Uniti.

Ed ecco allora che le compagnie aeree stanno correndo ai ripari cercando di proporre ai propri passeggeri strade alternative che possano essere preferibili alla drastica scelta di non utilizzare più l’aereo come mezzo di locomozione optando per altre forme di trasporto ritenute più “ecologiche”.

La stessa compagnia di bandiera svedese, la Sas, ha adottato diverse misure in questa direzione, a partire dalla sostituzione dei vecchi ed inquinanti Md-80 con i più moderni Airbus 320neo, velivoli molto più leggeri che riducendo il peso riducono i consumi; inoltre, oltre ad aver annunciato di voler adottare biocarburanti per tutti i voli domestici entro il 2030, offre anche la possibilità ai propri passeggeri di contribuire all’acquisto del carburante meno inquinante direttamente alla prenotazione del proprio biglietto in pacchetti da 20 minuti. Su di un volo di un’ora, il passeggero potrà assicurarsi che per un terzo del tempo sarà utilizzato un biocarburante, non necessariamente nello stesso volo, ma sicuramente nel corso del monte ore annuale della compagnia.

Anche Klm offre questa possibilità ai propri passeggeri, calcolando il contributo volontario da versare in base alla distanza della tratta da percorrere ed all’aeromobile che si intende utilizzare. L’iniziativa ha avuto un’enorme successo, tanto che nel 2018 sono stati ben 88mila i passeggeri che hanno aderito, facendo sì che i fondi ottenuti potessero essere impiegati per riforestare alcune aree a Panama.

Ma Sas e Klm non sono le sole compagnie aeree ad aver mosso i primi passi in questa direzione: anche la compagnia britannica Easyjet, a partire dallo scorso novembre, è la prima compagnia aerea a volare assicurandosi di compensare completamente le emissioni di anidride carbonica prodotte dal carburante contribuendo a una serie di progetti riguardanti la riforestazione in alcune aree del Sud America e del Sud Africa, l’impianto di pannelli fotovoltaici in India e la facilitazione dell’accesso all’acqua potabile in alcune aree africane di Uganda ed Eritrea.

Inoltre, Easyjet ha pianificato cospicui investimenti per la ricerca nel campo dello sviluppo di aeromobili ibridi ed elettrici, quella che per molti esperti rappresenta la vera frontiera verso i voli a zero emissioni.

Aggiornato il 03 dicembre 2019 alle ore 10:54