L’avvocato Marco Mensi ci parla di “svuota carceri”

L’avvocato liberale genovese Marco Mensi è l’autore di “Destra d’Italia, una breve storia da Cavour a Salvini”. Ma avremo tempo per parlare del libro. L’Opinione lo ha invece intervistato anche per capire cosa succede nel carcere genovese di Marassi, dove il decreto “svuota carceri” del 2000 ha avuto poco successo, e dove il sovraffollamento carcerario non sembrerebbe interessare granché la politica.

Lei è l’avvocato di Carlo Carpi, di cui si sono recentemente occupati i Radicali?

Certo. Ma in questa intervista mi preme parlare delle condizioni in cui versa il sistema carcerario, soprattutto perché il contagio tra detenuti è probabile e mantenere le distanze tra loro è arduo. Voglio parlare di come un liberale e garantista consideri che, poco o nulla si fa sul piano delle pene alternative. In questa intervista non voglio assolutamente mettere in discussione la condanna del mio assistito Carpi che, come ben sappiamo, era candidato come indipendente a sindaco d’Imperia in una lista non certo di sinistra: Carlo Carpi sconta una condanna di anni uno e mesi 10 per calunnia, diffamazione e stalking.

Lungi dall’intervistatore rivangare il caso. Ma?

Nessun “ma?”. Ed eviterei di rivangare l’impegno politico del mio assistito. Carpi ha scontato quasi un anno, deve scontare meno di un anno e con riconosciuta buona condotta. È entrato nel carcere genovese di Marassi il 1° luglio 2019 ed ha maturato 45 giorni di buona condotta. Lascia perplessi che, sebbene abbia avuto condanna per reati d’opinione e stalking, senza aver fatto alcuna violenza, non abbia usufruito d’alcun permesso. Sebbene il Procuratore generale della Cassazione abbia consigliato di agevolare gli sconti di pena domiciliari per i condannati sotto i tre anni. Ma tutte le richieste sono state respinte. Premetto che c’è una condanna, e vogliamo solo manifestare stupore e perplessità su fatto che nemmeno la pandemia ha permesso alla sorveglianza di Genova di agevolare lo sconto della pena ai domiciliari.

Svuota carceri: propaganda del premier Giuseppe Conte?

Di fatto lo “svuota carceri” del 2010 è stato riproposto nel provvedimento fatto da questo Esecutivo sotto pandemia. Tale legge “svuota carceri” prevede che, quando il detenuto debba ancora scontare una pena non superiore ai 18 mesi, possa andare al proprio domicilio, ma a patto che abbia un domicilio idoneo e che non reiteri il reato. Uso l’esempio di Carlo Carpi, che di domicili ne ha ben tre: il motivo per cui vengono negati i domiciliari è il sospetto di una reiterazione della diffamazione. Per questo ho proposto ai giudici di prescrivere a Carpi il divieto di comunicare con soggetti terzi: come previsto dall’articolo 284 comma 2 del Codice di procedura penale, ed applicato in caso di arresti o detenzione. Il Tribunale di sorveglianza ha motivato che il pericolo sussisterebbe comunque, perché anche col divieto Carpi potrebbe eludere e comunicare.

Per comunicare cosa intende? Parlare con giornalisti o usare social network?

È un aspetto che lascia perplessi. Perché Carpi in passato non ha mai violato gli obblighi a cui è stato sottoposto. Perché sa che, se venisse scarcerato, eludendoli tornerebbe immediatamente in carcere. A prescindere da ogni valutazione, voglio evidenziare che, Carpi come anche altri detenuti, quanto meno dovrebbero godere di affidamento in prova o di domiciliari. I domiciliari sono comunque una forma detentiva. E si parla solo di modalità di sconto della pena. Poi nell’ordinanza non c’è alcun riferimento al passato politico di Carpi, nei documenti non se ne fa cenno.

Insomma, pare sia più facile che riaprano i “bagni penali” nelle isole?

Senza entrare nel merito delle vicende o delle condanne, ritengo che tutti i detenuti, e sono tanti, sotto i diciotto mesi hanno diritto allo “svuota carceri”. Facendo un discorso ancora più ampio, diciamo che da decenni si parla di sovraffollamento delle carceri. Il Papa come i Radicali o molteplici associazioni ed anche parlamentari in carica, più volte hanno chiesto amnistie ed indulti. Ma sembrano appelli scomodi, destinati a cadere nel vuoto. Eppure sarebbe sufficiente, bastevole, anche un potenziamento delle misure alternative, soprattutto che i Tribunali di sorveglianza concedano queste misure.

C’è ostilità della magistratura verso modalità diverse dal carcere?

Questo bisognerebbe chiederlo ai magistrati. Il Diritto penitenziario, come anche quello penale e civile, è soggetto alla discrezionalità della magistratura. Il potere discrezionale è molto ampio, e così negano le misure alternative per innumerevoli motivi. Anche dove vengano concesse, le lungaggini burocratiche restano enormi, insormontabili. Faccio un esempio pratico: di prassi se il detenuto deve scontare un anno, passano più di tre mesi e mezzo prima che abbia risposta su un’eventuale pena alternativa. La risposta arriva in media dopo che ha scontato tre quarti della pena, e quando poteva già andare ai domiciliari.

Che risponde al grande magistrato che ha ispirato Alfonso Bonafede? Cosa pensa di certi 5 Stelle che ritengono che circa un milione di italiani debbano stare in cella ed invece sono liberi?

Solo propaganda giustizialista. Il sovraffollamento è creato da reati non particolarmente gravi, commessi da gente normale e non da delinquenti abituali e pericolosi. C’è una politica carceraria che lascia perplessi. Se si legga il “Cura Italia”, si nota che i domiciliari vengono consigliati per chi ha solo un anno e mezzo di pena residua: ma è un norma che ricopia la legge 199 del 2010, ma paradossalmente introduce limiti maggiori per beneficiarne. Ripropone uno “svuota carceri” con maggiori limiti: una norma quasi inutile. Avrebbe avuto senso se avesse proposto i domiciliari per pene residue sotto i due anni. Poi mette limiti al beneficio per chi si è macchiato di maltrattamenti in famiglia e stalking: limiti assenti nella 199 del 2010. Ma, ripeto, sono argomenti ostici per la politica, l’argomento carceri è visto come scabroso.

Aggiornato il 27 maggio 2020 alle ore 17:19