Medici e diritto alla reputazione

Per certi camorristi si adottano i sistemi di privacy e per i medici no. Ci riferiamo a quanto accaduto in un grande ospedale romano il 25 maggio scorso ai danni di un paziente, per cui il medico chirurgo che ha eseguito l’intervento è stato indagato per omicidio colposo. Non possiamo innanzitutto che sentirci vicini al dolore della famiglia che ha perso un suo caro, un padre, un marito. Poi ci sono delle riflessioni che sorgono spontanee: la magistratura esiste per accertare lo svolgimento dei fatti. Come mai questa necessità di sbattere il presunto mostro in prima pagina, come se già fosse stata emessa una sentenza, con tanto di nome e cognome del chirurgo? Com’è che quando ci stanno di mezzo i medici si fanno nomi e cognomi e quando si tratta di ambienti vicini alla camorra o alla mafia, sembra esserci un senso più alto del garantismo?

Il cittadino ha diritto ad essere informato, ma la libertà di informazione (articolo 21 della Costituzione) deve costituire precondizione di correttezza e assicurare a tutti sia il diritto di cronaca, ossia di informare da parte del giornalista, che di privacy dell’attore principale, che in questo caso è il medico su cui si sta indagando, che ha una lunga ed onorata carriera alle spalle. Per questo c’è la Procura.

Non si può negare che nei confronti dei medici e del personale sanitario ci sia da tempo un’azione di sciacallaggio che si è perpetrata anche nel bel mezzo dell’emergenza sanitaria. Per questo auspichiamo che l’intera categoria forense sia ferma e rigorosa nel non tollerare la stigmatizzazione di questa categoria e invitiamo alcuni colleghi giornalisti, che hanno già in passato permesso la diffusione di spot che invitavano a reclamare il risarcimento per errori medici, ad un uso più responsabile della penna e più ponderato dei social, perché tutto ciò che viene proposto sui media fa la differenza, almeno nel rispetto di quelle norme deontologiche che dovrebbero condannare un certo tipo di ingiustizia, piuttosto che suggerire, anche indirettamente, all’esercizio di azioni risarcitorie nei confronti di medici e sanitari.

@vanessaseffer

 

Aggiornato il 01 giugno 2020 alle ore 15:53