È una crisi di talenti, occorre rilanciare il genio italico

“I grandi se ne vanno. Restiamo sempre più soli”. A pronunciare questa frase è stata Sophia Loren, interrogata dalla sua casa di Ginevra sulla morte a 91 di Ennio Morricone, il genio delle colonne sonore, compositore e direttore d’orchestra. Gli anni, il Covid-19, le malattie, uno dopo l’altro ci lasciano i grandi maestri lasciando un vuoto non solo sentimentalmente incolmabile, anche culturalmente irrecuperabile. Prima di Morricone si era spento a 48 anni un altro insigne della “bacchetta”, Ezio Bosso. Ufficialmente per malattia, ma chissà che il virus non abbia impresso un’accelerazione. Come è stato per lo scrittore Luis Sepùlveda, deceduto ad aprile a 70 anni. E per Lucia Bosè (89 anni), per il big delle calzature Sergio Rossi (85), per l’architetto Vittorio Gregotti (92), per il filosofo Giulio Giorello (75).

Sono alcuni nomi di personalità eccellenti in vari campi che, più o meno avanti nel tempo, hanno lasciato vacante il loro ruolo etico, morale, artistico e intellettuale. E come ha fatto notare la Loren, con dolore e preoccupazione, “restiamo più soli” e cioè privi di numi tutelari, di protagonisti del sapere, di menti eccellenti, di padri dell’intelletto, perché il ricambio dei talenti è lento, lentissimo, se non assente. Questa “solitudine da numeri uno” è un dolo per la società e per il nostro Paese, che poteva vantare il primato delle eccellenze e che invece si trova sempre più spoglio del nutrimento fervido delle anime. Anche per questo la crisi economica e questioni come le povertà e le immigrazioni si fanno più forti, più incisive e scavano solchi profondi. Anche la politica ne risente, tutta la produzione, poiché il nostro fatturato e il nostro made in Italy non erano solo frutto dell’industria e del capitale, ma dell’arte e dell’eccellenza. L’Italia delle menti e dei saperi, come quella delle arti e dei mestieri, è in profondissima crisi e questa crisi di “genio italico” non si risolve solo con gli interventi economici, con le banche, con la finanza, con il Mes e men che mai con gli stranieri, che stanno snaturando l’identità italiana.

Si parla di razzismo assai impropriamente. Negli ultimi anni la sinistra fuori controllo ha fatto una politica sull’immigrazione così sciagurata da determinare un “olocausto della civiltà”. Perché talenti ci sono anche all’estero e globalizzare voleva dire unire i saperi e aumentare la conoscenza, ma la politica immigratoria si è limitata alla demagogia dello sfruttamento dei più poveri per creare eserciti di manipolabili passando per le peggiori vie delle mafie e del malaffare, sprecando ingentissime risorse per gli aiuti. Non sono migliorati gli stranieri e i loro paesi di origine e siamo decaduti noi, mentre il capitalismo rampante ci toglie il fiato. Anche i Rom hanno talento, ma quello che abbiamo fatto non è stato sviluppare le capacità di ognuno, ma sprecare gigantesche somme creando gironi da inferno.

Incalcolabile il danno civile e umanitario. Qui non si tratta solo di fare queste benedette elezioni e sostituire poltrone a poltrone, anche se è democratico che un popolo voti e non che si costruiscano maggioranze alchemiche. Occorre avere idee chiare sul bene necessario e il cambiamento deve riguardare l’intera società e l’intera classe politica, non ci possiamo permettere che uno governi e l’altro a turno faccia la zavorra. E non è con i decreti fluidi, gender, che rinasce la vita. Oltre ad azzerare il genio stiamo azzerando anche la natura. Siamo nella più cupa delle disgrazie, occorre reagire in modo unitario e non c’è spazio per le vecchie guerre ideologiche del passato. Lo ha fatto notare Matteo Renzi nel suo libro La mossa del cavallo, dove incalza su un progetto di rinascita. E di Italia del lavoro parla Giorgia Meloni. I 5 stelle, che avevano fatto il pieno con l’azzeramento dei privilegi, dovranno passare alla fase due dopo la sbornia del comando e ritrovare lo spirito originario. È indicativo che l’attuale governo, nonostante le task force e le centinaia di esperti, non sia riuscito a utilizzare l’apporto degli esperti. Vittorio Colao si è già ritirato, mentre altri commissari si susseguono, però in un inseguimento di stipendi e clientelismo e non di alto valore tecnico. È un guaio che la politica esautori tutto.

L’Italia ha in nuce tutti i protocolli dei secoli scorsi per far risorgere la virtù, la conoscenza e coltivare nell’uomo l’arte e l’ingegno. Occorre un manifesto unico di intenti e un sistema che vincoli la classe politica alle promesse impedendo le derive ideologiche. Non si possono fare le scuole che vorrebbe una certa sinistra, dove i giovani dovrebbero imparare a riconoscere non la natura ma l’impulso sessuale, cosa indegna a mio parere, invece di crescere e alfabetizzarsi. Quale identità sessuale può esprimere un ignorante? E il sesso, cioè il basso istinto, viene prima di tutto? Fermiamoci, fino a che siamo in tempo. La libertà dell’individuo è esprimere la sua anima, cioè la sua dote, come Bosso, come Morricone, come chiunque, coltivando la bellezza e non le ombre delle avidità. Stiamo restando soli, i geni della scorsa generazione, ma anche tanti più giovani, cadono uno dopo l’altro e se non vogliamo finire nella crudeltà dell’inciviltà, nella violenza della diseducazione, nell’immoralità e nella pochezza della stupidità, dobbiamo investire sulla scuola e sulla cultura libera dagli schemi a tutti i livelli.

Una classe politica di protagonisti, che si ammantano di potere, che pensano solo alle poltrone e al consenso che strappano o che pretendono, non ci conforta. Cosa hanno creato oltre a se stessi e ai propri privilegi in questi anni? Dove sono i giovani preziosi e le menti in erba? Scappano all’estero, se possono, o sono già falliti, già cassintegrati, già disoccupati e con i vari redditi già vecchi e “pensionati”. Il Covid, secondo me, non c’entra nulla. Due mesi di fermo possono aver travolto il mondo? Esagerato. La pandemia è stato il grido umano, dei cittadini da ogni parte del pianeta, che esigono un mondo nuovo, dove l’arte intesa come espressione umana sia superiore a tutto. I vitalizi non lo sono, le ingenti somme corrompono. Lo abbiamo visto nelle case, sui balconi e sui tetti, in ogni famiglia, ad ogni latitudine, anche nel tempo peggiore chiunque suona, chiunque canta, chiunque balla, chiunque è artista unitamente al mondo dello spettacolo, fermo nei suoi teatri e nell’industria, ma presente ovunque per guidare questa rivoluzione. Per seguire “virtù e conoscenza”.

Aggiornato il 07 luglio 2020 alle ore 12:51