Il procuratore di Terni si “autoaccusa” per l’overdose dei quindicenni

“In trent’anni di servizio non mi era mai capitato di vedere due ragazzi di 15 e 16 anni stesi in un obitorio nella stessa notte. Abbiamo tutti delle responsabilità, questa società gliela abbiamo preparata noi”. Il procuratore capo di Terni, Alberto Liguori, che si occupa del caso di Flavio e Gianluca, gli adolescenti morti nel sonno dopo aver acquistato una dose di metadone da 15 euro, ha voluto scuotere gli animi di fronte a quella fine che lo ha impressionato, lui che tra Sicilia e Calabria infestate dalla criminalità ne aveva viste tante. Ed è stato netto Liguori parlando alla stampa, ha detto: “La colpa è mia”. Per far passare subito il messaggio che dobbiamo sentirci responsabili. Per primo Aldo Romboli, il 41enne subito fermato che avrebbe venduto il cocktail di farmaci. Ma cosa ci facevano due ragazzini con un uomo adulto? Perché questa consuetudine? E si può vendere a due “bambini” una dose letale anche se hanno 15 euro, la paghetta da spendere? Trapela che la rete di ragazzini che si rivolgono ai pusher sia fittissima. Ha fatto bene il Procuratore a dire “io” per far capire che siamo “noi” i responsabili di queste assurdità della cronaca nera.

Perché Flavio e Gianluca non facevano mistero di usare sostanze stupefacenti, come stanno rivelando gli amici di scuola, che sapevano tutto e da tempo. Bravi ragazzini, dice il compagno di banco di Flavio, che lo descrive come un piccolo asso in fisica, pieno di altruismo e compassione, ma anche uno che fumava gli spinelli e al quale più volte aveva consigliato di smettere. Era nota insomma l’abitudine, eppure nessuno ha fatto niente. Neppure quando per tutto il pomeriggio Flavio e Gianluca sono stati visti al campetto di basket vomitare più e più volte. Un chiaro segnale di avvelenamento! Dovevano giocare la partita, ma se ne stavano a bordo campo con le mani sullo stomaco, terrei, rimettendo, cosa che anche se non avessero assunto sostanze in altri tempi sarebbe bastato per allertare medici e pronto soccorso. Invece qualcuno pare si sia offerto di accompagnarli a casa, oppure in ospedale, ma i due piccoletti ovviamente sapendo cosa avevano fatto temevano la sgridata e quindi hanno combattuto da soli e da soli sono andati a morire nel sonno, come animali feriti. Questo lascia senza fiato, questa modalità inconcepibile. La droga è talmente entrata nel vissuto, che neppure di fronte a segnali evidenti di overdose scatta più una reazione. Una società insensibile e rassegnata al politicamente corretto: docenti, allenatori, atleti, genitori, sacerdoti, che sanno e non fanno. “Perché, suvvia, te la prendi per una canna?”, ecco il pensiero malato.

E per gli stessi compagni “drogarsi” a quindici anni è una scelta come un’altra, al punto che il 41enne pusher circola tra i ragazzini e fa con le loro paghette i suoi affari. Per questo il procuratore Liguori ha detto di sentirsi responsabile, per indurre tutti a fare altrettanto, a uscire dal letargo e dalle manipolazioni di un abile mondo per piazzare i suoi business. La lotta alla droga non è una priorità politica, e questo è il punto gravissimo. Per una classe dirigente, e per il mondo contiguo dei famosi, è priorità sdoganare le sostanze leggere e a questo ha portato de-criminalizzare il fumo nei più giovani. Farsi una canna o giocare a basket e studiare fisica è diventata la stessa cosa. Inutile aver obiettato che dopo il primo passo ne vengono altri e non se ne esce.

Ecco come finisce: 15 euro per una boccetta per lo sballo. I genitori affranti dal dolore dicono di non aver capito le abitudini dei figli, ripetono che erano bravi ragazzini, frequentavano lo sport, la scuola e l’oratorio, ma forse è meglio non capiscano fino in fondo che invece tanti sapevano ma non sono riusciti a fermarli. Non perché siano malvagi ed egoisti, perché la droga ormai fa parte della nostra vita, come tanto altro di estremo e di pericoloso nelle abitudini individuali. Questa scontatezza deve cadere, deve tornare nel cuore il dolore, lo strazio e soprattutto lo scandalo di chi solo ne pronuncia la parola e non che ne faccia già uso alle scuole medie. La scuola oltre al Covid-19 si occupi di fermare questa “pandemia”. La società, e chi vede due adolescenti vomitare un intero pomeriggio, non chieda il permesso di accompagnarli, ma agisca con la coscienza ritrovata che invoca il procuratore capo di Terni. “La colpa è mia”.

Aggiornato il 10 luglio 2020 alle ore 14:29