La ripartenza innovativa dell’agroalimentare nell’era post pandemia

La pandemia sanitaria globale ha colpito tutti i settori produttivi, ma il comparto agroalimentare, nonostante le difficoltà durante il lockdown, non si è mai fermato. Parlare di agricoltura significa spesso riferirsi a prodotti che, seppur presenti quotidianamente sulle tavole degli italiani, provengono da Paesi più fragili e dal lavoro dei piccoli produttori. Nel tentativo di non far morire le attività e le produzioni dei piccoli produttori è nato il coordinamento del network Fairtrade, a favore delle organizzazioni di lavoratori e agricoltori nei Paesi in via di sviluppo. Obiettivo degli interventi è stato assicurare la sopravvivenza delle organizzazioni locali e dare continuità agli approvvigionamenti di materie prime come caffè, cacao, zucchero e frutta, su cui si reggono le economie di queste comunità. “Se il futuro di tutti gli abitanti del pianeta è messo a repentaglio dalla Pandemia, questo è ancora più vero per gli agricoltori, soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, messi sotto scacco dall’ennesima sfida che rischia di vanificare ancora una volta i loro sforzi”, ha dichiarato Giuseppe Di Francesco, presidente di Fairtrade Italia.

“Si stima che siano circa 1 milione e 700mila le persone che riusciamo a raggiungere con i benefici apportati dalla certificazione Fairtrade, riuniti in più di 1.700 organizzazioni in 75 Paesi. Oggi più che mai siamo al loro fianco per aiutarli a fronteggiare questa crisi”. Le iniziative realizzate hanno quindi avuto come focus la messa in sicurezza degli impianti produttivi, la distribuzione di materiale sanitario e di generi di prima necessità alle comunità locali, ma anche azioni di sensibilizzazione e innovazione verso i consumatori. Fare network e puntare sulla sostenibilità diviene sempre più il monito della comunità scientifica e innovativa legata all’agroalimentare. Sul fronte della ricerca in agricoltura e della relativa valorizzazione delle buone pratiche e si è distinta l’iniziativa AgrifoodXripartire realizzata dal segretariato italiano Prima, istituito presso l’Università di Siena - Santa Chiara lab. Sul portale “Osservatorio Prima sull’innovazione (Poi)”, piattaforma digitale progettata per monitorare e divulgare i più recenti risultati della ricerca, dell’innovazione e della formazione nel campo dello sviluppo agroalimentare nell’area del Mediterraneo, vengono raccontate sfide, pratiche, innovazioni di un’intera regione che riparte. L’obiettivo è preciso e ambizioso: attraverso l’innovazione tecnologica e le nuove frontiere del digitale applicato all’agrifood si può ripensare l’idea di alimentazione, agricoltura, tutela della biodiversità e incentivare nuove idee e prospettive per l’occupazione giovanile nel Mediterraneo così come nel resto del mondo e soprattutto in quei contesti geografici dove la produzione di derrate alimentari è particolarmente importante per la vita delle comunità autoctone.

Il momento chiave per prendere questo tipo di decisioni è fissato nel mese settembre, quando tutti i Paesi si riuniranno per il prossimo Summit globale della Convenzione sulla diversità biologica. Un appuntamento della comunità internazionale per evitare di ripetere gli errori del nostro passato: la comunità scientifica ci aveva infatti avvisati sul legame che intercorre tra diffusione di nuovi virus e perdita di biodiversità. La ripresa post coronavirus deve rappresentare dunque un’opportunità imperdibile, da non sprecare, per trasformare il nostro rapporto con la natura e per garantire un futuro sostenibile per le persone e il pianeta. D’altronde, sono innumerevoli gli scienziati e gli esperti che ritengono che sia i sistemi alimentari insostenibili che gli scarsi standard di sicurezza alimentare siano responsabili della diffusione del fenomeno pandemico. Per quanto riguarda i primi, la conversione su larga scala dei suoli da utilizzare per l’agricoltura sta intensificando le interazioni tra fauna selvatica, bestiame e essere umani. La frammentazione delle foreste e il degrado degli habitat naturali presenti in tutto il mondo è destinata a crescere, soprattutto alla luce dell’aumento della popolazione mondiale che, inevitabilmente, genererà più domanda verso i beni alimentari. Dal 1990 sono 178 milioni gli ettari di foresta sgomberati per far posto ai nuovi terreni agricoli.

Aggiornato il 13 luglio 2020 alle ore 11:38