L’Opinione risponde: la Sindrome di Sjogren

Francesca scrive alla rubrica “L’Opinione risponde” ([email protected]) perché, da circa due anni, ha scoperto di essere affetta dalla sindrome di Sjogren. Questa patologia, le ha provocato delle forti problematiche ai denti e alla tiroide. Il suo dentista vorrebbe posizionare degli impianti dentali dove mancano dei denti, e, su alcune parti, fare l’innesto di osso. La lettrice vorrebbe avere più notizie al riguardo, approfondendo anche la sua patologia. A tal proposito abbiamo chiesto la consulenza al dottor Stefano Foglietta, medico chirurgo specializzato in odontostomatologia, che cosi risponde: “Buonasera la sindrome di Sjogren è una affezione di carattere autoimmune di eziologia sconosciuta che coinvolge le ghiandole esocrine. Il quadro istopatologico delle ghiandole colpite, è una infiltrazione linfocitaria di carattere B. I linfociti T invadono i tessuti e stimolano i linfociti B, anche essi presenti a trasformarsi in plasmacellule che producono autoanticorpi.

Questa situazione esita con una reazione cicatriziale delle ghiandole interessate, e la conseguente diminuzione dei segreti prodotti dalle ghiandole stesse. Si ricorda che la sindrome di Sjogren può essere di carattere primario, cioè non essere collegata a nessun altro tipo di affezione autoimmune, oppure di carattere secondario, nel senso che interviene in un quadro di altra malattia autoimmune sistemica come per esempio l’artrite reumatoide e tante altre. La sindrome di Sjogren primaria, inoltre può essere l’esordio di altra malattia autoimmune come appunto la suddetta artrite reumatoide, che, può manifestarsi anche dopo molto tempo. Il meccanismo eziopatogenetico sopra descritto, riguarda ovviamente anche le ghiandole salivari, e si manifesta con una diminuzione della produzione della saliva che provoca la secchezza delle fauci. Insomma, per dirla semplicemente, il paziente che ne è colpito, sente la bocca asciutta e tale situazione determina danni al cavo orale sia a carico degli elementi dentali sia a carico dei tessuti molli e duri di sostegno degli elementi dentali.

I pazienti infatti che non producono saliva, sono più facilmente soggetti a carie in quanto nella saliva sono presenti dei fattori antibatterici, quali lisozima e soprattutto gli anticorpi IgA. Inoltre, sempre per quanto riguarda i denti, la marcata diminuzione della secrezione salivare, determina la diminuzione della umidità nella bocca, e quel poco saliva che si forma, diventa molto densa e si attacca in maniera fortemente adesiva alla superficie dentale con un indice di placca elevato. I pazienti colpiti da questa sindrome quindi soffriranno felicemente di carie dentali con conseguenti ripetuti restauri dentali. Anche i tessuti di sostegno degli elementi dentali vanno incontro a sofferenza, perché sia le gengive che l’osso sottostante saranno infiammate dalla placca fortemente adesa alla superficie dentale, con conseguente infiammazione del bordo gengivale e la flogosi di tutto il parodonto. A lungo andare, questa situazione porta facilmente la perdita precoce di diversi elementi dentali e dell’osso di supporto degli stessi.

Il paziente che si trova in questa situazione, dovrà quindi sostituire con denti artificiali tali elementi mancanti. La situazione della mancanza della saliva, potrebbe indurre a considerare più favorevolmente l’inserimento degli impianti in quanto alternativamente, una protesi mobile dovrebbe poggiare sulla mucosa che, come sopra detto chiaramente, è secca e può andare facilmente incontro a infezione in questa situazione clinica con facile fallimento terapeutico. Peraltro il paziente colpito da questa sindrome, che, su proposta del medico dentista o dello odontoiatra decida di sottoporsi all’inserimento di impianti, deve sempre considerare che la mancanza di saliva può essere un problema anche per il bordo gengivale perimplantare, e quindi la sua attenzione nei confronti dell’igiene orale, dovrà essere molto ma molto più accurata di un paziente non affetto da questa sindrome che abbia avuto l’inserimento di impianti. Circa la rigenerazione ossea in pazienti con tale sindrome, indipendentemente dal tipo di sostituto osseo che si voglia inserire che sia sintetico che sia di origine animale che sia di origine umana, mi viene da dire che sia verosimile una maggiore difficoltà di successo per la situazione di disordine immunologico. Questo ovviamente non è un dogma, e la prognosi può dipendere dalla peculiarità della situazione clinica del paziente.

Aggiornato il 17 luglio 2023 alle ore 10:01