La via dell’unità nazionale contro le risse blasfeme

Giuseppe Conte è visibilmente sotto scacco. L’idea di dare più spazio ai Ferragnez come influencer anti Covid di palazzo Chigi, che non ai leader delle opposizioni, è stata una mossa azzardata. “Che fa il premier, scherza col virus”, si chiede il Paese confuso e stressato, mentre mascherine bianche e crocifissi blasfemi alla Fedez diventano il messaggio in un clima da Maleficent targato Chiara Ferragni. Voleva i giovani Conte, eccolo accontentato. Ufficialmente uno spottino da chierichetti tatuati quali testimonial della nuova famiglia italiana, poi l’orgia di simboli raccapriccianti delle società fluide del nuovo ordine mondiale e delle cronache più nere. Non mi meraviglierei se da qui a giorni venisse sdoganato anche “A Satana” di Giosuè Carducci e tanti si proclamassero apertamente “adoratori”.

Che figura ci fanno ora Matteo Salvini e Giorgia Meloni? Soprattutto che pesci prendono? Virus ed estremismi idolatri, le cose sono più complicate di quello che appaiono. E se non fosse intervenuto Jorge Maria Bergoglio a scompaginare lo scontro con la sua dirompente “bolla” pro unioni civili gay, che ha spostato il baricentro della discussione, saremmo vicini alla più oscura e tagliente delle crisi. Di fronte a un Paese angosciato, sconcertato e col fiato sospeso, e al “tutti contro”, il Colle prende tempo. Anche se il capo dello Stato, Sergio Mattarella, è uscito allo scoperto con un richiamo severo e diretto alle forze politiche: “Non attestarsi a difesa della propria sfera di competenza, ma, al contrario cercare collaborazione, coordinamento, raccordo positivo, perché soltanto il coro sintonico delle nostre istituzioni nella loro attività può condurci a superare queste difficoltà”.

Il presidente della Repubblica ha esplicitamente censurato nicchie e interessi dall’una e dall’altra parte, richiamando all’unità nazionale in corso di emergenze come questa. Quell’unità di cui parla, su Repubblica del 21 ottobre, Stefano Folli, il quale non nasconde che sia “un tabù” per la maggioranza, ma anche un’unità che fa venire l’urticaria a Matteo Salvini, il quale fece saltare il Governo gialloverde per giocare in proprio, e che potrebbe sembrare un flop per Giorgia Meloni, che sulla rabbia e il dissenso si è conquistata una leadership della destra da “fenomeno”, come recita il titolo della sua biografia in uscita. Perché invischiarsi in ammucchiate con storici avversari sinistri e comunisti da stracciare alle urne?

Secondo Stefano Folli, l’effetto protesta si è esaurito. “La velleità di strategia alternativa contro il Covid che nel corso dei mesi l’opposizione ha tentato di accreditare in risposta a Conte è venuta meno”, ha scritto nel suo editoriale. Deboli Conte e l’esecutivo, ma debole anche l’opposizione di fronte a un elettorato stanco, tirato, insoddisfatto che altri due anni così non regge. Mentre l’avversario “spallato” va avanti a colpi di sbarchi, di divieti, di cancellazioni, di leggi estreme e scandalose sempre più unilaterali. A un passo dal soviet: dopo la mascherina ci toccherà l’obbligo del colbacco, o la casacca di Mao, sferzano i più liberisti. Sembrano battute, ma sono uno stato di crisi della democrazia e un vulnus costituzionale al massimo livello, e per di più globale.

Poi, per che cosa? Fascismo e comunismo sono finiti da un pezzo, solo evocarli è ridicolo, ma non sono finiti i conti, i torti, le distanze, e anche purtroppo le rendite di posizione, gli interessi, i furbi e doppiogiochisti. Siamo all’occulto rosso contro un’opposizione buia, dopo gli anni del terrorismo e delle stragi, l’ultimo capitolo della “notte della Repubblica” direbbe uno storico come Sergio Zavoli. “Ma se in questo momento drammatico per l’Italia, Governo e opposizione trovassero, nel rispetto dei ruoli, uno strumento permanente di consultazione e condivisione?”, ha proposto anche Walter Veltroni sul Corriere della Sera del 21 ottobre. Me lo chiedo anche io, da tempo. Unità, non vuol dire larghe intese e pastrocchi, ma il rispetto delle regole parlamentari. Lo chiede a tutti Barbara Palombelli, che ieri ha punzecchiato Salvini: “Se Mattarella glielo proponesse?”.

Nell’interesse del Paese, non sarebbe meglio “un tavolo di consultazione permanente” tra tutte le forze parlamentari, in cui scelte e rischi siano condivisi, frutto di una battaglia interna alle istituzioni e non sulle poltroncine tv o sui giornali per una propaganda che ingrassa audience e sondaggi, consente lo scaricabarile, impoverisce i diritti, le libertà e la vita? Che ci perde l’opposizione in termini di serio gradimento e onesto consenso a fare la voce grossa e battersi dove si può decidere, piuttosto che inveire ai quattro venti al popolo bue per urne che non arrivano mai? Poi, dopo la benedizione di Bergoglio, si fa prima a cambiare sesso che vincere le elezioni.

Aggiornato il 22 ottobre 2020 alle ore 12:27