Vaccini Covid fase 2 e Hiv fase 3 allo Spallanzani, ok ai primi test

Sin dalla più remota antichità, la nostra civiltà è stata investita da varie ondate epidemiche che si sono protratte anche per anni, si sono riproposte ciclicamente, più o meno forti e contagiose. Sono scomparse, per poi riapparire sotto altre forme nello scorrere dei decenni e dei secoli, sconfitte in qualche caso dai vaccini. Ne ricordiamo alcune tra quelle tristemente più note come il vaiolo, la poliomielite, anche il morbillo. Ma il colera e la spagnola sono quelle che hanno segnato di più la memoria dei nostri genitori e dei nostri nonni, per il numero di morti causati da queste infezioni. Riguardando la storia, quello che impariamo è che non vivremo mai in un ambiente sicuro e asettico. Dovremo sempre stare allerta e fare i conti con qualche epidemia o pandemia.

L’istituto Lazzaro Spallanzani di Roma è una delle realtà italiane dove scienza, quindi la ricerca, e la clinica, quindi prevenzione e cura, sulle malattie infettive si fondono per contrastare vecchie e nuove patologie virali che ci colpiscono. L’importante è non farsi cogliere del tutto impreparati, e darsi da fare per trovare rapidamente i vaccini. Incontriamo il direttore generale del prestigioso istituto, la dottoressa Marta Branca e il direttore di Immunodeficienze virali dello Spallanzani, il dottor Andrea Antinori, che si occupa dei vaccini per il Covid-19, appena entrato in fase 2 e del vaccino contro l’Hiv, in questi giorni alla fase 3, per chiedere loro come stanno procedendo questi studi.

Dottoressa Branca, a che punto siamo col vaccino del Coronavirus?

Abbiamo vaccinato il primo gruppo di pazienti e ci apprestiamo a vaccinare il secondo. Sono molto contenta del fatto che lo Spallanzani si stia occupando anche della sperimentazione del vaccino Covid, perché è del tutto evidente che l’esperienza che ha lo Spallanzani nel settore della ricerca e nel settore dell’assistenza per le malattie infettive non poteva che essere presa in considerazione ed utilizzata anche per un aspetto così importante, come quello di questo vaccino. Non solo per il nostro Paese, ma per tutto il mondo. Il fatto che noi abbiamo iniziato questa sperimentazione è motivo di grande orgoglio. La sperimentazione è iniziata dopo lo svolgersi di una procedura di autorizzazioni e di validazioni del progetto. C’è un grande lavoro dietro, che si sta svolgendo in maniera del tutto tranquilla, senza grandi clamori, come è nel nostro stile di persone serie, che si applicano quotidianamente e con passione, che fanno ricerca e ne sono innamorati. Il programma si svolge in sicurezza e con la massima attenzione nei confronti dei volontari che si sottopongono ai test.

Qual è il segreto dei successi dello Spallanzani?

Si lavora a stretto contatto con la parte clinica, quindi ricercatori e medici che lavorano insieme, infermieri e tecnici, ecco qual è il segreto della nostra efficacia. I dati vengono scambiati tra loro così come le esperienze e le capacità professionali, che servono a raggiungere il risultato. Adesso, a fine di ottobre, si inizierà a somministrare il vaccino alle persone più anziane. La prima parte è stata dedicata ai volontari più giovani. A dicembre ci sarà la validazione degli organi competenti e se tutto andrà bene potremo passare alla fase 3. Allo stato, non abbiamo avuto eventi avversi e quindi, per il momento, stiamo procedendo secondo il piano che ci eravamo prefissati. I tempi non si possono accorciare, perché ne andrebbe della sicurezza delle persone che vengono da noi a fare da volontari. E poi si tratta di procedure nazionali ed internazionali: non possiamo discostarci da queste.

Ci dica della sperimentazione che sta iniziando in fase 3 riguardo al vaccino contro l’Hiv.

Come Istituto di ricerca noi sperimentiamo nuovi farmaci, nuove cure e non potevamo esimerci dall’approfondimento anche per quanto riguarda il vaccino per la patologia Hiv-Aids per la quale negli anni Ottanta si è sviluppato questo istituto e l’ospedale nuovo, che è nato con i fondi posti per la lotta alle infezioni dell’Hiv. Quindi è un ospedale simbolo per questa infezione. Siamo orgogliosi di avere in essere lo studio di questo vaccino contro l’Hiv, e tutti i nostri ricercatori e i nostri clinici sono persone che hanno una lunga esperienza di anni ed anni di lavoro con le malattie infettive. Ecco perché l’emergenza Covid non ci ha colti impreparati, perché noi abbiamo già gestito molte altre epidemie, da ebola e chikungunya a quelle più note come il morbillo o la tubercolosi. Quindi questi ricercatori sono professionisti che conoscono i protocolli, le procedure, le linee guida, sono abituati a trattare con le infezioni, con le emergenze. Cooperano con i Paesi africani, sono stati in missione in Paesi difficili. Ecco perché sono fiduciosa che per questi vaccini avremo ottimi risultati.

Dottor Andrea Antinori, lo stop al vaccino di Oxford significa che tutto lo studio è compromesso?

Per Oxford si sanno poche notizie, ci sono stati due eventi clinici, i vaccini basati sui vettori come il nostro e quello di Oxford e come altri, basati su virus reingegnerizzati, di natura animale o anche umana, spesso sono adenovirus, perlopiù perché sono virus facilmente manipolabili. Sono vaccini in linea di massima sicuri, perché stiamo parlando di virus non replicanti, resi inoffensivi, che poi vengono manipolati dal punto di vista genetico per inserire all'interno del virus, potenziandolo, frammenti del genoma dell’altro virus, quello che a noi interessa, il Coronavirus, per potere evocare una risposta immunitaria specifica contro antigeni, proteine del coronavirus in questo caso. In genere, si usa la proteina spike che è quella più rappresentata e quella contro cui, normalmente, vengono sviluppate le risposte immunitarie principali. Sono vettori sicuri, proprio perché un virus non replicante. Però è chiaro che quando io vaccino trentamila persone, la possibilità che si verifichino anche statisticamente degli eventi avversi è consistente. Per un vaccino, dovendo agire su persone sane e dovendo ridurre il rischio di infezione, ho bisogno di grandi numeri. Quando si entra in ballo con grandi numeri, perché stiamo parlando della fase 3 della sperimentazione, è chiaro che si possono verificare degli eventi, però vanno in qualche modo interpretati, capiti e correlati eventualmente al farmaco. In genere, in questi casi la sperimentazione fa una pausa, si interrompe, c’è un organismo di valutazione indipendente che valuta il quadro, il caso, e poi decide se riprendere o non riprendere, se non ci sono segnali di allarme che fanno pensare a qualcosa di rilevante correlato al vaccino, ma bisognerebbe randomizzare trentamila persone. Sono tutte sperimentazioni placebo controllate. Diciamo che siamo nella normale prassi e poi bisogna approfondire, studiare le caratteristiche e la correlazione con i farmaci prima di poter dire se si può anche arrivare alla sospensione della sperimentazione. Però non mi pare che questo sia il caso di Oxford, infatti stanno andando avanti.

Quindi le pause sono la garanzia della tutela che lo studio sta procedendo secondo le giuste procedure.

Il vaccino di Janssen di Johnson&Johnson è un adenovirus umano, stessa piattaforma con cui è stato sviluppato il vaccino anti Hiv, perché la ditta ha questa piattaforma per molti polivaccinici diversi: quello contro Hiv, quello contro ebola, quello contro Coronavirus, quindi il vettore è lo stesso. Tra l’altro, forse è il vettore in assoluto che è stato più sperimentato nell’uomo, perché credo siano a circa centomila persone vaccinate con vari vaccini che contengono quel vettore, che è l’adeno26 umano non replicante. Poi, c’è stato questo evento avverso per cui c’è stata anche lì la pausa e si sta valutando. È chiaro che c’è molta attenzione per il vaccino del Coronavirus: qualsiasi cosa succeda in un trial diventa notizia giornalistica. Però bisogna ricordarsi che questi sono eventi che, in una sperimentazione che coinvolgono un numero così elevato di persone, sono quasi fisiologici. L’importante che siano gestiti secondo le procedure corrette. Sono tutte grandi sperimentazioni validate a livello internazionale che hanno le loro regole molto rigide, con un meccanismo esterno che valuta e si valuta tutto con estrema rigidità. Ci dobbiamo abituare ad avere questo tipo di pause, specialmente nel Covid, dove c’è un grande bisogno di accelerazione, ma le sperimentazioni hanno le loro regole, tempi e procedure da rispettare.

Poi bisogna testarle sull’uomo per un certo tempo prima di inocularlo così. Non tutti vorranno provare il vaccino su se stessi subito. Le malattie autoimmuni ci mettono tempo, anni, a manifestarsi.

È chiaro che nel Covid si stanno attuando le procedure più di emergenza e rapide possibile, però esistono dei tempi che vanno rispettati, al di sotto dei quali non si può scendere, altrimenti si abbasserebbe il livello di sicurezza e questo nessuno lo vuole fare. Bisogna comprendere che la ricerca ha i suoi tempi. Per quanto nel Covid si stiano facendo cose straordinariamente veloci, come non siano state fatte finora, però non si possono trascurare alcuni aspetti procedurali indispensabili per rendere sicuro un sistema di sperimentazione, che poi andremo a somministrare a migliaia di persone.

@vanessaseffer

Aggiornato il 26 ottobre 2020 alle ore 10:27