L’Italia in piazza è stufa di Conte

L’Italia s’è desta. A Torino, Trieste, Treviso, Rovigo, Ravenna, Ferrara, Pescara, Pesaro, Forlì, Perugia, Terni, Latina, Napoli, Lecce, Catania. E nelle due capitali, a Milano e a Roma. Dopo l’ultimo Dpcm di Giuseppe Conte sulle chiusure alle 18 di bar e ristoranti e di altre attività, nelle città italiane la protesta dilaga. È un Paese che insorge, anche se la nomenklatura mediatica e le autorità politiche tentano di liquidare le sommosse come violenza condannabile. Probabile che in mezzo si siano infiltrati i soliti centri sociali, i ribelli antifa, gli estremisti neri con incendi e bombe carta contro le forze dell’ordine, ma definire questa “eversione”, come ha tentato la ex presidente della Camera, Laura Boldrini, rilanciando lo scioglimento di Forza Nuova, è strumentalizzazione. Primo, perché in piazza a fomentare ci sono anche i facinorosi di sinistra, ma soprattutto perché il cuore della rivolta sono gli italiani. Non solo “i fratelli” di Giorgia Meloni, la più accesa contro le misure disgraziate del Governo, ma i cittadini di ogni parte: i commercianti, i piccoli imprenditori, le partite Iva, i ristoratori, i proprietari di palestre, gli esercenti di teatri e cinema, e il comparto del turismo, che dopo aver investito sugli adeguamenti ora si vedono al colpo finale.

La classe dirigente sbaglia se minimizza, lo scriviamo da mesi che il Paese è “fuori controllo”, perché come ha osservato correttamente l’ex ministro Graziano Del Rio “c’è da temere la rabbia dei miti”. Cioè la reazione di quei cittadini che avendo quasi più nulla da perdere sono più minacciosi delle bombe estremiste. Tutti contro Giuseppe Conte. E i suoi ministri. La linea del premier è accerchiata totalmente: ingressi facili, bivacchi e assembramenti, favori alle Pubbliche amministrazioni da una parte e misure assurde contro il paese produttivo. Legalità e ordine pubblico zero e statalismo ottuso. L’ostinazione a procedere a colpi di decreti notturni, imponendo scelte sempre più solitarie, è la vera causa dei disordini. Non solo il virus e le chiusure, ma il metodo del premier, che come un despota vuole fare tutto da solo. Da solo e con quelle lobby che lo guidano per imporre nel mezzo del caos e con il caos il colpo di mano: omosessuali, lesbiche, trans e frange deviate. Conte come Bergoglio, forse l’avvocato di Bergoglio. Perché, diciamo la verità, a chi è andata bene finora se non che agli Lgbt, che piacciano tanto al Papa? E quando un premier e un Pontefice, sommerso da scandali e pressioni, fanno gli avvocati delle minoranze sessuofobiche globaliste, immigrazioniste, fanatiste ed ecologiste, come le ha definite Antonio Socci su La Verità, non può che finire col mondo sull’orlo del baratro.

Un’apocalisse annunciata, che arriva perfino dentro la Casa Bianca, nella sfida tra Donald Trump e Joe Biden, tra potenze e blocchi, con la Cina alla conquista di tutti, nell’equilibrio geopolitico più in bilico dal dopoguerra, come ha ricostruito su L’Opinione, Alfredo Mosca. Dunque, non è solo il Covid-19 la questione, in gioco c’è la stabilità della razza umana e i suoi interessi. E questo non può che generare un “fase di cristallo” se non entreranno in gioco forze responsabili. È auspicabile che da questi moti d’autunno nasca una associazione di “responsabili” contro “gli irresponsabili” del pianeta, un risveglio di conservatori, di liberali, che vada anche oltre i suoi stessi confini per dare luogo a un’intesa trasversale di umanità sagge, che sappiano rimettere in asse democrazie sull’orlo del baratro. Un’intesa di “responsabili” che abbia il suo fulcro nei valori non solo religiosi, cristiani e non, ma degli uomini sani, salvi, di economie verso il futuro, e che sappia mediare tra i tanti opposti estremismi, dei neri, dei profughi, dei poveri del mondo, tra cui anche le richieste Lgbt, ma fermando la spericolata devianza diabolica. C’è sicuramente bisogno di nuovo ordine mondiale, ma di ordine contro il disordine ed è questo il “game over”. E l’unilateralità del Governo Conte, appoggiato neppure da tutta la comunità della sinistra intellettuale, è la prima foglia che deve cadere.

Il clima infuocato segna la via per rimettere in cammino il dialogo, il confronto, le scelte condivise. La globalizzazione non mette il mondo dall’una o dall’altra parte e l’Italia deve ritrovare la sua vocazione. Il barometro dei disordini indica tempesta, ma è di buon auspicio che il capo dello Stato si sia mobilitato per sondare la disponibilità delle opposizioni a convergere in una unità nazionale e bene ha fatto Giorgia Meloni a porre paletti, indicando la possibilità di un tavolo garantito dal presidente della Repubblica per uscire dall’ emergenza e andare a votare. Solo così si controlla la piazza e si esce dalla pandemia.

Aggiornato il 27 ottobre 2020 alle ore 12:05