Tango, rivoluzione e massoneria

martedì 17 novembre 2020


Il vasto sub-continente che abbraccia l’America centrale, istmica e meridionale è l’area che ha visto il maggior numero di rivoluzioni, colpi di Stato e rovesciamenti cruenti del potere. Per secoli dominio incontrastato dei regni di Spagna e di Portogallo, all’inizio dell’Ottocento iniziò a scrollarsi dal secolare torpore e ad anelare alla libertà. Anche, qui, oltre l’Atlantico, erano giunti, i venti impetuosi generati dalla grande Rivoluzione del 1789 e numerosi sudamericani appartenenti ai ceti più colti e benestanti erano stati in Europa e avevano trovato nelle officine massoniche fucine dove elaborare i loro desideri di indipendenza e di giustizia. Fra queste ricordo la Loggia “Lautaro” di Cadice dove nel 1803 fu iniziato Simon Bolivar, “El Libertador”. Nella “Lautaro” il ventenne Simon ebbe modo di incontrare i confratelli Josè de San Martìn e Mariano Moreno, artefici della Rivoluzione bolivariana, la sua rivoluzione. Il primo, soprattutto, fu il protagonista di una vera epopea andina che gli permise di liberare Cile e Perù, egli inoltre emanò le prime leggi per l’abolizione della schiavitù e l’affrancamento degli indios. La sua figura è ricordata persino da una lapide marmorea posta sulla facciata di un albergo in Piazza della Minerva, a Roma, ove dimorò nel febbraio del 1846. Ritorniamo però a Simon Bolivar. Egli divenne Maestro Venerabile della Loggia parigina “Sant’Alessandro di Scozia” e a Londra frequentò l’officina “The Great American Reunion”, guidata dal generale Francisco de Miranda. I due furono protagonisti della prima Rivoluzione venezuelana che portò alla dichiarazione d’indipendenza e alla nomina di Miranda, presidente della Repubblica. Quando, però, i lealisti passarono al contrattacco, Miranda firmò un armistizio che fu considerato da Bolivar un atto di alto tradimento. Cosicché il primo presidente del Venezuela fu consegnato agli spagnoli e finì i suoi giorni in una prigione dove morì nel 1816. Tuttavia, il movimento indipendentista non si fermò ed “El Libertador”, in un vortice di guerre e di spedizioni militari, riuscì a liberare Colombia, Ecuador, Panama, Venezuela, diventando, ancor vivente, una leggenda.

Oltre a questi eroi va ricordato anche Josè Martì, protagonista della lotta per l’indipendenza di Cuba. Massone anch’egli, facente parte di una loggia madrilena, nacque nel 1853 e si dedicò all’attività giornalistica fino al 1891, per poi consacrarsi totalmente al progetto di liberare Cuba dal giogo spagnolo. Dopo aver compiuto numerosi viaggi per ottenere appoggi e crearsi alleati si recò in Florida, dove raccolse fondi ed armi per realizzare il suo piano rivoluzionario. Un anno dopo, fondò il “Partido Revolucionario cubano” che guidò il movimento indipendentista. Nel 1895 la voce passò alle armi ma lo sfortunato Josè, perì in uno scontro a fuoco con le truppe coloniali spagnole. Egli divenne, comunque, l’eroe della grande isola ammirato anche dai rivoluzionari del 1959: Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara.

Il Sudamerica è la patria anche di numerosi balli, originati dall’incontro di culture diverse, ricordiamo, fra i tanti, la samba, il cha cha cha, la rumba, la salsa, il merengue, il tango. Scrisse su quest’ultimo il grande Jorges Luis Borges: “Il tango e la milonga esprimono in maniera diretta qualcosa che i poeti, molte volte, hanno voluto dire con le parole: la convinzione che combattere può essere una festa (…) la musica è volontà e passione; il tango antico, in quanto musica, suole trasmettere in maniera diretta quella bellicosa allegria a cui, in epoche remote, tentarono di dare espressione verbale rapsodi greci e germanici”. Anche nella danza, dunque, si esprime lo spirito delle popolazioni latino-americane, dove passione e libertà, coraggio e amore sono le lingue di una stessa fiamma che non cesserà mai di ardere.


di Pierpaola Meledandri