Condanna per il figlio di Feltri che non accusa il padre

venerdì 27 novembre 2020


In occasione dello scorso 25 novembre – la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” – Laura Boldrini, la pasdaran delle milizie femministe, ha inviato un graffiante editoriale all’Huffington Post. Perché all’HuffPost e non per esempio alla solita Repubblica? E qui è il punto. Usando il tema del femminicidio, la ex presidente della Camera ha inviato al quotidiano non un articolo stringente sulla drammatica questione, bensì una sprezzante ramanzina per biasimare e ridicolizzare Vittorio Feltri, il quale due giorni prima su “Libero” aveva pubblicato il suo punto di vista sulle violenze nell’attico milanese con un editoriale dal titolo: “La ragazza stuprata da Genovese è stata ingenua”. Ingenua ha scritto, badate bene, intendendo che la povera diciottenne si era assai erroneamente fidata di un tipo che faceva palese uso di droga e divertimenti estremi. Capisco anche la Boldrini, non crediate. “Alla fine è sempre lei la leggera”, per non dire di peggio, ed invece è l’uso spregiudicato della donna la colpa enorme. Ma non si può rivolgere questa contestazione a Feltri. Si potrà dire che il direttore usa un linguaggio antico, parla di sessualità in modo datato, ma non leggo nessuna colpa addossata alla giovane se non che il monito che dovremmo fare tutti – e soprattutto Boldrini che ha titolo e ruolo – di stare alla larga dalla droga, dai festini e dalle proposte hard, perché in quei casi non si sa mai dove e come andrà a finire. Prima di ripulire la terra dai “mostri” facciamo bene a domare i rischi. A me pare, oltre tutto, che il ritratto di Feltri condannasse inequivocabilmente il colpevole e facesse quella prevenzione di cui c’è un disperato bisogno, visto l’aumento impressionante di violenze e casi orribili di cronaca nera, in cui l’ingenuità, la leggerezza e l’estremismo sessuale provocano tragedie. Parole sante, si sarebbe detto in altri tempi. Io spero che la Boldrini ci rifletta.

Invece, dopo giorni di contumelie, lapidazioni e accuse ai danni del giornalista maschilista, la piddina ha avuto una pensata gigantesca. Scrivere all’Huff Post la sua reprimenda. Perché l’Huff Post è diretto da Mattia Feltri, che è il figlio di Vittorio Feltri. Il quale Mattia, figlio di Vittorio, non ci ha pensato due volte e non lo ha pubblicato affatto l’articolo sprezzante della Boldrini. Sapete cosa ha scritto a questo punto sulla sua pagina Facebook l’indispettita? “Dunque, un direttore di una testata giornalistica sceglie di non pubblicare un intervento per via dei suoi rapporti familiari. Ma è accettabile una cosa del genere? Per me no, non lo è. In tanti anni non mi sono mai trovata in una simile situazione”.  Cioè, secondo la ex seconda carica dello Stato, il figlio di Feltri avrebbe dovuto pubblicare il bel liscio e busso al padre che la Boldrini aveva inviato a bella posta a lui, figlio, affinché si rovesciasse contro il padre. Ecco, vedete, la morale diversa, quello spirito che non avranno mai, anche se vincono, anche se hanno ragione, anche se muovono il mondo. Un figlio contro il padre, nemmeno fosse Adolf Hitler, la subdola istigazione, strisciare fino a insinuarsi dentro una rissa intima, un dividendo privato, una ribellione famigliare. Non c’è niente da fare, hanno il gene della discordia, altrimenti su questo tema così drammatico avrebbero fatto quadrato, riconoscendo il principio della mitezza e dell’orgoglio di un figlio. “Onora il padre” il primo dei sentimenti che rendono una società sana e sicura.

Di positivo c’è il netto “no” di Mattia Feltri, il quale ha spiegato le sue motivazioni sul giornale: “Confermo quanto scritto oggi dall’onorevole Boldrini su Facebook: ieri ha mandato uno scritto per HuffPost che conteneva un apprezzamento spiacevole su mio padre Vittorio. Ritengo sia libera di pensare e di scrivere su mio padre quello che vuole, ovunque, persino in Parlamento, luogo pubblico per eccellenza, tranne che sul giornale che dirigo. L’ho chiamata e le ho chiesto la cortesia di omettere il riferimento. Al suo rifiuto e alla sua minaccia, qualora il pezzo fosse stato ritirato, di renderne pubbliche le ragioni, a maggior ragione ho deciso di non pubblicarlo. Al pari di ogni direttore, ho facoltà di decidere che cosa va sul mio giornale e che cosa no. Se questa facoltà viene chiamata censura, non ha più nessun senso avere giornali e direttori”.  E ora arriva il gravissimo. Conclude Mattia Feltri: “Ringrazio il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, per avermi condannato senza nemmeno una telefonata per sentire la mia versione, quella di un iscritto”. Qui le cose cambiano. Condannato chi e come? Ora ci informiamo, perché se così stanno le cose occorre dare battaglia


di Donatella Papi