Con le regine, i suoi fanti e i suoi re

Sarebbero molte, troppe forse, le cose da dire sulla follia del politicamente corretto che sta devastando il pianeta Terra, vera e propria pandemia perniciosa perché invisibile e diffusa ovunque, su qualsiasi livello, dal più insignificante al più importante. Ultima, ma non meno significativa, è quella che vedrebbe, dopo secoli, la modifica di uno degli oggetti d’uso più comuni del nostro mondo: un banalissimo – che poi tanto banale non sarebbe – mazzo di carte. Sì, perché ormai non paghi di asterischi e desinenze ridicole, in questo caso la ventitreenne olandese Indy Mellink, psicologa forense, ha avuto la brillante idea di creare un mazzo di carte da gioco privo delle figure sessualmente definite della Regina, del Re e del Fante, per sostituirle con i simboli metallici dell’Oro, dell’Argento e del Bronzo. Così il mazzo (evitiamo facili battute sessiste) diventerebbe non più “patriarcale” ma femminista, pertanto assolutamente in linea con ogni direttiva che vuole l’azzeramento di qualsiasi identità sessuale per una società più liquida e rispettosa dell’uguaglianza, anche di genere. Il disappunto della giovane psicologa nasce dall’aver notato che il Re, nel gioco, ha un valore più alto della Regina. Cosa che non avviene negli Scacchi, ad esempio. Insomma, le carte da gioco trasmetterebbero un inconfondibile e subliminale messaggio maschilista e patriarcale che da secoli e generazioni, influenzerebbe le persone in ogni loro azione quotidiana, instillando l’idea che la donna valga meno di un uomo. Fatto contraddetto, ahiloro, più volte dalla Storia, dove le regine, hanno avuto spesso molto più potere dei loro consorti regnanti, di nome e non di fatto. Ma l’obiettivo ultimo di tali operazioni riguarda sempre lo stravolgimento e la mistificazione non soltanto storica ma anche culturale.

Quindi sono da mandare al macero tutti quei mazzi di carte, vere e proprie opere d’arte, quali quelle conosciute come i Trionfi del Mantegna, o quelle dipinte per la duchessa Bianca Maria d’Este di Ferrara, da Jacopo da Sangramoro. Si brucino quindi le carte disegnate da Michelino da Besozzo e Bonifacio Bembo per i Visconti e per Francesco Sforza, le quali hanno Regine, Re e capitani, tutti politicamente scorretti, sessisti e razzisti. Inutile dispendio di tempo e di energia sarebbe allora il voler spiegare simboli e significati arcani delle carte, e che quindi vi è nascosto in esse qualcosa in più e di superiore – o comunque di altro – dalle banali coincidenze sessuali alle quali si artigliano ogni giorno le femministe più agguerrite in una guerra che non ha alcun senso. Questo con buona pace de “I bari” dipinti da Caravaggio, che mal giocherebbero di certo, sui tavoli delle taverne e dei bordelli, se le loro carte non avessero Fanti, Regine e Re.

Presto qualcuno potrebbe, sempre in nome del politicamente corretto, offendersi e pretendere la rimozione del Jolly dalle carte da Poker, sia mai che “La Matta” insulti sottilmente coloro che potrebbero essere affetti da disturbi psichiatrici. Via, dunque, via il Jolly! E dell’asso vogliamo parlarne? Quanto è fallocratico, fallocentrico e maschilista l’asso di Picche? Forse potrebbe essere anche di simpatie destrorse perché è di colore nero! E l’asso di Denari? Non indica lo strapotere economico? Quello di Cuori? Una evidente allusione alla sudditanza erotica femminile, non vi pare? Non parliamo dei Fiori, ovvero dei Bastoni…

Non ci resta che darci al gioco della Dama, dove tutte le pedine sono uguali e diventan “dame” se raggiungono la sponda opposta del tavoliere…che anche in questo vi sia un messaggio alla transizione di sesso? Se così fosse, il gioco millenario avrebbe anticipato le più moderne attitudini transgender. Pensiamoci mentre scrutiamo con attenzione le tessere del domino o le caselle del gioco dell’Oca…già, nessuno ha ancora ravvisato un’offesa di genere verso l’intelligenza del gentil sesso nel gioco dell’Oca? E il Mercante in fiera?

Non importa, in un mondo come questo dove persino il gioco con ogni sua valenza trascendente viene oppresso e denigrato, dove tutto si riduce alla materia più grezza e gretta, volgare, meschina, non ci restano forse che i dadi da lanciare, in sfida alla sorte, finché qualcuno – o qualcuna – non ci dirà che il punteggio del Sei deve valere quanto l’Uno, perché altrimenti è diseguaglianza sociale. Fate il vostro gioco allora, rosso o nero, perderete sempre contro il Banco, ricordatevelo.

Aggiornato il 25 gennaio 2021 alle ore 10:04