Le obiezioni inconsistenti di Flores D’Arcais a Cacciari

mercoledì 4 agosto 2021


Tra le obiezioni mosse ai dubia dei filosofi Massimo Cacciari e Giorgio Agamben in tema di Green pass, le più provocatorie e taglienti sono state quelle sollevate da Paolo Flores D’Arcais in una lettera aperta sul sito di Micromega. Secondo quest’ultimo, Cacciari e Agamben sarebbero in errore poiché il Green pass non sarebbe epifania di dispotismo, ma garanzia di libertà. Se così non fosse, arguisce Flores D’Arcais, come altrettanti segni di dispotismo dovrebbero essere intesi anche la patente di guida, il porto d’armi o le norme che impediscono ai fumatori di fumare nei locali al chiuso come ristoranti o cinema. A onor del vero, bisognerebbe distinguere le obiezioni di Flores D’Arcais in due livelli: quelle totalmente inconsistenti, da un punto di vista giuridico, e quelle parzialmente inconsistenti.

Per quanto riguarda la patente e il porto d’armi, esse sono totalmente inconsistenti per diverse ragioni. In primo luogo, perché entrambe le suddette tipologie di certificazione comportano la verifica di determinate abilità tecniche che devono essere possedute dal titolare delle medesime e non riguardano quindi strettamente la persona fisica del titolare medesimo. In secondo luogo, perché non esiste un diritto costituzionalmente sancito alla patente o al porto d’armi. In terzo luogo, perché anche in caso di detenzione illecita di armi da fuoco o di guida senza patente, al netto di tutte le eventuali sanzioni civili, penali e amministrative, i diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (lavoro, associazione, culto, insegnamento, istruzione, circolazione) del trasgressore non vengono meno. Tutt’al più sono temporaneamente compressi, ma sicuramente non soppressi come rischia invece di fare il Green pass con coloro che non sono vaccinati. L’obiezione più problematica, cioè quella parzialmente inconsistente, pare essere quella in merito alla legislazione anti-fumo, poiché è senza dubbio vero che un tale tipo di norme vincola e limita la libertà del fumatore.

A ben guardare, tuttavia, anche questa obiezione è solo parzialmente consistente, poiché anche in questo caso non esiste un diritto costituzionale al fumo che potrebbe essere rivendicato dall’eventuale fumatore a cui fosse impedito di fumare in un luogo pubblico come un ristorante o un cinema. Il fumatore, inoltre, potrebbe – come di fatto accade – fumare al di fuori dei locali per poi farvi ritorno in totale libertà. Inoltre, occorre considerare che, mentre è oramai scientificamente comprovato che il fumo, anche quello passivo, è altamente tossico per chi fuma e per chi vi sta intorno, non è altrettanto scientificamente garantito che il vaccino escluda il contagio. Anzi, semmai l’esatto contrario, come si evince, tra i molti esempi citabili in tal senso, dal recentissimo documento del Cdc (Centers for Disease Control and prevention) statunitense secondo cui in Massachussetts, nel solo mese di luglio, si sono registrati 469 nuovi casi di Covid nonostante la copertura vaccinale sia pari al 69 per cento tra la popolazione e che di questi ben il 74 per cento, cioè 346, riguardano persone completamente vaccinate.

Insomma, mentre la patente, il porto d’armi e le leggi anti-fumo non impediscono l’esercizio di libertà e diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, il Green pass, invece, si muove esattamente in questa direzione rischiando di impedire al lavoratore di lavorare, al cittadino di riunirsi liberamente, al fedele di professare il proprio culto. Si assiste, con l’approvazione del Green pass, insomma, a un bizzarro capovolgimento dell’ordine delle fonti che fino a ora ha contraddistinto il sistema giuridico italiano, per cui dalla sua entrata in vigore non saranno valutate la legittimità, l’effettività e l’efficacia di un certificato come il Green pass alla luce dei diritti fondamentali, ma saranno l’efficacia, l’effettività e la legittimità dei diritti fondamentali valutati alla luce di un certificato come il Green pass. Dinnanzi a un simile stravolgimento dell’ordine dell’ordinamento, ritornano alla mente le acute osservazioni di Ionesco, secondo il quale, infatti, “non c’è più niente di normale da quando l’anormale è diventato la norma”.


di Aldo Vitale